1. Nelle recenti elezioni amministrative il risultato senza dubbio più eclatante è l'esplosione di consensi per il Movimento Cinque Stelle. Fiumi d'inchiostro si sono già sprecati per definire il fenomeno e la diagnosi quasi unanime è che il partito ispirato dal comico genovese sia espressione di un diffuso sentimento antipolitico.
Detto questo, possiamo davvero parlare di “antipolitica”?
A una prima occhiata, il Movimento presenta tutti i tratti caratteristici della classica politica di massa sviluppatasi nel secolo scorso: la presenza di un leader carismatico, l'utilizzo massiccio di demagogia e generalizzazioni, l'azione capillare sul territorio. Solo un Paese che sembra averli dimenticati dopo meno di vent'anni di bipolarismo può stupirsi di questa “novità”.
A queste caratteristiche già note, però, il M5S affianca un utilizzo massiccio dei nuovi media, in particolare internet, uscendone ulteriormente rafforzato. Il contatto diretto con la “base”, che si sente libera di interagire sui programmi e sull'azione politica stessa, costituisce un forte veicolo comunicativo e una bandiera di legittimità/rappresentatività da ostentare di fronte alla vecchia classe politica che ne è ormai priva.
2. Ma questo maggior ricorso a un dialogo serrato con la base ha conseguenze molto pericolose. Abituate a un rapporto unicamente passivo di fronte al mondo della politica, le persone reagiscono a questa nuova opportunità semplicemente mimando il comportamento che hanno sempre associato al “potere”, ossia inventandosi nuovi modi per governare le vite degli altri.
Il risultato traspare dai programmi “rivoluzionari” dei candidati sindaci del M5S, in cui è assai alto il livello di intrusione del potere pubblico nella vita dell'individuo e nell'economia. Gli amministratori pubblici (futuri e aspiranti) del Movimento si propongono, infatti, di prendere il controllo di fette ancora più grandi della vita economica e sociale, sempre in nome di una presunta differenza antropologica tanto in voga nel nostro Paese.
3. La mancanza di una solida base ideologica fondata sul rispetto dell'altro nella sua individualità rende ogni nuova tecnologia solo un mezzo migliore per ampliare il potere delle masse sul singolo, del numero sull'individualità.
Per lo Stato, e i suoi organi rappresentativi, che prima incontravano le masse solo mediati da veicoli di comunicazione top-down catalizzando il consenso ma non la credibilità, questa nuova comunicazione biunivoca può rappresentare l'occasione per rafforzare i legami con l’elettorato/i cittadini. Legami sempre più lassi, spesso sciolti da un crescente sentimento di disinteresse e di freddezza. Trattandosi però di una dialettica la cui legittimità scaturisce dal mero numero, lungi da migliorare la democrazia rappresentativa, rischia di ampliarne i difetti.
Pensare che l'utilizzo di un nuovo strumento possa cambiare la sostanza è solo l'ennesimo costrutto teorico di una cultura che vede la partecipazione popolare come un fatto necessariamente positivo. Poco importa se i popoli, consultati direttamente, siano ancora più aggressivi contro vita, libertà e proprietà degli individui, come dimostrato dal plauso unanime e acritico ai recenti eventi Mediorientali, anch'essi sviluppatesi grazie alle grandi possibilità offerte dalla rete.
Insomma la “Primavera Digitale”, celebrata quest'anno anche dal Salone del Libro di Torino rischia di tramutarsi nell'inverno dell'individuo.
Anche se l'exploit di Grillo può essere solo una reazione passeggera alla criticità dell’attuale situazione politica e sociale, non occorre sottovalutare le problematiche che nascono dall'incontro della politica con le nuove tecnologie.
Per arginare fenomeni come il M5S la reazione dev'essere immediata, lavorando da un lato sul retroterra, la crisi economica, che porta le persone impaurite e confuse ad affidarsi a questo tipo di comunicatori e dall'altro a livello culturale, ambito in cui il nostro Paese appalesa molti limiti.
La necessità di un pensiero liberale forte, che non confonda gli strumenti, la democrazia più o meno diretta, con la sostanza, la libertà individuale e i valori che stanno alla sua base è oggi più impellente che mai, per non rischiare di passare da una sterile e dannosa partitocrazia ad una ben più pericolosa rinascita di una statualità di massa che tende ad annullare gli spazi di libertà del cittadino.
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