Esattamente un anno fa avevamo pubblicato una nota su Macron, divisa in due parti. La prima mostrava come il sistema francese fosse stato capace di concentrare la vittoria nelle mani di un partito che aveva preso pochi voti più degli altri, per di più addensati in una fascia precisa dell'elettorato. La seconda affrontava i “nodi” della nuova Presidenza.

Qual era la situazione di Macron e della Francia a giugno dell’anno scorso? Facendo un breve riassunto:

1 - Al primo turno Macron prese il venticinque per cento dei voti. Al secondo turno – al ballottaggio fra i primi due candidati del primo turno – prese due terzi dei voti. Dopo le Presidenziali in Francia si celebrano le Legislative, laddove il neo costituito partito di Macron ha preso il sessanta per cento dei seggi. I tre turni hanno mostrato un tasso di astensione crescente. Dalla prima all'ultima tornata esso è salito fino a poco più della metà degli aventi diritto di voto.

2 - Al primo turno delle elezioni si ha che: a) i giovani, b) quelli che hanno i redditi più bassi, c) quelli che svolgono lavori manuali, e quelli d) che votano per convenienza tattica e non per convinzione, sono elettori del Front National. Viceversa, se non giovani, non poveri, e non lavoratori manuali, e non-fedeli a un credo politico, sono elettori di On Marche! Questa differenza ricorda il referendum britannico (Brexit), quello turco (riforma costituzionale), nonché l'elezione di Donald Trump. Insomma, cosmopoliti e i globalisti vincono a Parigi, Istanbul, e New York, mentre perdono da tutte le altre parti.

In questa situazione, sarebbe riuscito Macron a portare avanti le riforme interne, in sostanza riformare un mercato del lavoro rigido? Sarebbe riuscito Macron a portare avanti le riforme esterne, in sostanza far cambiare idea ai tedeschi in merito alle politiche di austerità? I primo dei due nodi si sarebbe sciolto se la riforma fosse passata senza suscitare la protesta della “piazza”, il secondo se i tedeschi avessero anche solo accolto l'idea di discutere una maggiore integrazione dei Paesi dell'Unione in campo fiscale e monetario.

Ma questi due obiettivi non si sono materializzati.

Un sistema che sotto rappresenta la società civile a favore della governabilità potrebbe vedere la “piazza” che sostituisce il “parlamento”. La “piazza” va intesa come il luogo dove di materializza la dialettica politica quando questa è parzialmente esclusa dall'agire nelle istituzioni (1). Per ora questa dialettica in Francia non ha preso la strada radicale. E per quel che riguarda l’apertura dei tedeschi, le divergenze fra Francia e Germania restano sostanziali e dunque difficili da superare.

Nell'attesa si ha chi indaga sulla persona del presidente. La visione di Macron è quella del riformismo della “destra” della tradizione socialista francese: la libertà e il merito vengono prima dell'eguaglianza, e il miglior governo è quello guidato con mano ferma dai tecnocrati (2).

Note

1 - Come si legge da Foreign Affairs "The major unions were expected to put up fierce resistance to any changes. Yet the government spent much of the summer consulting them, and they proved willing to cut deals. Even the General Confederation of Labor (CGT), an erstwhile ally of the Communist Party, chose to negotiate. The CGT leadership was responding to a changing mood among union members and supporters. Fewer people—tens of thousands rather than hundreds of thousands—now show up to street demonstrations, and because of legal restrictions, public-sector strikes by railway workers, utility employees, truckers, and airline staff can no longer shut down the country, as they did in famous past crises in 1968 and 1995".

2 - Come si legge dal Financial Times  “Mr Macron’s core philosophy has more to do with the deuxième gauche, a current of thought embodied by the late Michel Rocard, the former prime minister. The president is close to many former Rocardiens, including even his centre-right prime minister, Edouard Philippe. Rocard’s thinking about social progress broke with the prevailing Socialist party doctrine that put equality before liberty. Pragmatic, supportive of business, and an advocate of anti-poverty policy conceived as an investment in human capital, Rocard — along with Paul Ricoeur, for whom Mr Macron worked as a student — informed the president’s political philosophy. The French left accuses Mr Macron of a sharp swing to the right. There are some grounds for this charge, but it also says much about how the French political class thinks. His starting point is a vision of empowerment and social mobility that draws not only on Rocard, but also on English-speaking political philosophers such as Amartya Sen and John Rawls. It is rounded off with a belief, which recalls the French theorist Henri de Saint-Simon, that the best way of achieving the transformation he seeks is by putting technocrats in charge”.