Negli ultimi cento anni si sono avuti dei grandi mutamenti nella composizione della ricchezza – oggi quasi interamente frutto del lavoro - e nel ruolo delle donne – oggi quasi in condizione di parità con gli uomini. Di seguito proviamo a delineare le grandi linee del mutamento.
1 – Il lavoro al posto della ricchezza ereditata
In Europa – dal XIX° secolo fino alla Grande Guerra - il possesso del capitale (immobiliare e mobiliare) generava un reddito (rendite fondiarie, affitti, dividendi, cedole) cospicuo. Dalla Grande Guerra fino ai primi anni Cinquanta del '900 il peso del capitale in Europa si è contratto, perché l'inflazione ha quasi azzerato il valore delle obbligazioni e si è assistito a una crisi notevole delle imprese, quindi delle azioni, oltre alla perdita delle rendite coloniali. Questi sommovimenti nel corso di qualche decennio – quelli fra le due guerre mondiali - hanno abbattuto il capitale e quindi il reddito dei ricchi. Nel secolo scorso finisce l'epoca del rentier, ossia di chi viveva agiatamente senza lavorare. Nel Secondo Dopoguerra, sempre in Europa, mentre si comprime il peso dei ricchi, il ceto medio accumula un patrimonio significativo, soprattutto immobiliare. Si ha perciò in cima un mondo di ricchi, ma meno ricchi di quanto fossero in passato, in mezzo si ha un mondo benestante, e, alla base, si ha chi possiede una ricchezza modesta o nulla, ma che è protetto dallo Stato Sociale.
I redditi da lavoro nel XIX° secolo non potevano avvicinarsi al reddito da capitale quando questo era corposo, e dunque, se uno avesse avuto la possibilità di sposarsi bene, ossia di entrare nel mondo dei rentier, non gli sarebbe convenuto lavorare. Le strategie per vivere bene senza lavorare (l'“appendere il cappello”) sono state raccontate in letteratura con grande precisione. Negli Stati Uniti la situazione nella prima parte del XIX° secolo era diversa: una concentrazione della ricchezza minore di quella europea, perché la terra era abbondante (la rendita fondiaria era bassa) e perché chi emigrava non aveva ricchezze (nessuno nasceva ricco). Negli Stati schiavistici del Sud le cose non erano però molto diverse da quelle europee. Gli Stati Uniti hanno poi registrato una concentrazione crescente della ricchezza fino agli anni Venti dello scorso secolo – l'epoca del “Grande Gatsby”. Con la Grande Depressione, la concentrazione di patrimoni si è ridotta, ma molto meno che in Europa, per poi ripartire dagli anni Ottanta. Con una novità: la concentrazione di ricchezza è alimentata anche dagli enormi redditi da lavoro dei dirigenti delle grandi aziende. Un fenomeno che comincia a palesarsi anche in Europa.
I redditi da lavoro ben pagati nel XXI° secolo possono avvicinarsi al reddito da capitale quando questo non è troppo corposo. Si ha così la possibilità di guadagnare molto, e dunque si può, a differenza del passato, non ereditare – i.e. nascere “bene” - e/o sposarsi bene – i.e. “appendere cappello”. In breve, oggi si può nascere “male” e sposarsi “per amore”.
2 – Come il lavoro e la ricchezza si stanno concentrando
Nell'edificio economico dominante – quello detto neo-classico - la discriminazione verso le donne e verso altri gruppi impedisce il pieno dispiegarsi del contributo dei fattori, ossia riduce il prodotto potenziale. Lo riduce in generale, intanto che, in particolare, chi non discrimina mette fuori mercato chi discrimina. Alla lunga, si hanno le attività che non discriminano che crescono, mentre le altre che discriminano che falliscono. Il libero mercato alla lunga include i discriminati, sempre che non vi sia un intervento politico per mantenere la discriminazione. Sempre alla lunga, si è remunerati secondo il proprio contributo e quindi la remunerazione è tanto maggiore quanto maggiore è l'istruzione e l'esperienza, indipendentemente dal sesso e dall'origine. Con il libero dispiegarsi dei mercati siamo in un mondo “meritocratico”.
Più precisamente, se la distribuzione del capitale umano è una “normale”, ossia se l'intelligenza e l'impegno - le virtù del fattore lavoro - sono distribuite allo stesso modo – per esempio un numero fisso di “intelligenti” per ogni gruppo di umani - ecco che il discriminare non consente di arrivare al prodotto potenziale, e si ha un livello produttivo sub-ottimale. Detto in modo crudo, se una fonderia discrimina i nigeriani ed un'altra li assume, la prima rischia di andare fuori mercato a meno di assumere non-nigeriani che abbiano la stessa capacità di lavoro dei nigeriani.
Oggi negli Stati Uniti il 10% della popolazione meglio retribuita ha il reddito che proviene per il 85% dal proprio lavoro. Agli inizi del secolo scorso si aveva una situazione ribaltata, il grosso del reddito proveniva dalla ricchezza. Se questo dieci per cento molto retribuito risparmia abbastanza, e se il tasso di crescita della ricchezza è maggiore del tasso di crescita dell'economia, ecco che questa fascia della popolazione potrà lasciare in eredità un patrimonio che potrebbe dar luogo alla rinascita del mondo dei rentier del secolo scorso. Nonostante oggi il reddito tragga origine in gran parte dal lavoro, domani la ricchezza, per effetto della trasmissione ereditaria di chi ha guadagnato molto col proprio lavoro, potrebbe ridiventare una fonte maggiore di reddito.
A differenza del passato, oggi le donne hanno gli stessi diritti degli uomini nel campo della trasmissione ereditaria. Fin qui nulla di nuovo. La vera novità sta da un'altra parte(1). Le donne hanno oggi una istruzione crescente, così come una libertà crescente. L'economia è tendenzialmente meritocratica. Ergo le donne istruite alla lunga sono ben retribuite ed allo stesso tempo preferiscono gli uomini con le stesse caratteristiche. Abbiamo il cosiddetto “assortative mating”. Nasce perciò nelle fasce sociali “meglio messe” un nuovo canale ereditario: oltre alla eventuale ricchezza, si hanno anche l'istruzione superiore e le relazioni “che contano”. La quale istruzione e le relazioni consentono ai figli delle coppie dove le donne e gli uomini sono allo stesso livello elevato di istruzione e reddito quantomeno di mantenere la posizione sociale ed economica dei genitori.
3 – Sui punti d'arrivo e di partenza
Se tutti i figli ricevono la stessa eredità e se sono liberi di disporne, ecco che la ricchezza si concentra in partenza meno di quanto avveniva quando le donne erano discriminate o quando il grosso del lascito era del primogenito. La discriminazione in alcuni Paesi consisteva anche nel passare i propri diritti ereditari al marito. Tutto bene quindi dal punto di vista dell'eguaglianza di genere? Si direbbe di sì, perché le donne studiano, lavorano, guadagnano, ed ereditano come gli uomini.
E' anche vero però che le alcune delle grandi ricchezze sono nelle mani degli uomini che le hanno inventate – gli imprenditori di prima generazione, così come è vero che la gran parte dei dirigenti d'azienda molto pagati sono uomini, così come la gran parte del personale politico è composto da uomini. Come si può allora ottenere l'“eguaglianza definitiva”? E che cosa si intende davvero per “eguaglianza”? E perché dovrebbe essere “definitiva”? Abbiamo visto che oggi si ha una accettabile eguaglianza fra uomini e donne nei “punti di partenza”, ma perché si dovrebbe avere un'eguaglianza anche nei “punti di arrivo”?
Le donne sono la metà della popolazione e quindi dovrebbero essere – a tendere – all’incirca la metà dei dirigenti dell'economia e della politica. Questa sembra essere la logica dell'eguaglianza dei punti di arrivo e la logica sottostante le cosiddette “quote rosa”. Una logica che si comprende ragionando così: se le caratteristiche dei componenti di una popolazione sono molto simili, allora gli organi di rappresentanza – alla lunga – sono distribuiti secondo la numerosità. Nel caso, la metà agli uomini, la metà alle donne. Se le donne sono meno della metà, allora si ha discriminazione, e quindi si deve imporre la loro partecipazione. E' proprio l'“imporre” che lascia perplessi. Nell’antica Atene gli organi di rappresentanza erano a rotazione, ma le cariche operative, come il comando della flotta, erano attribuite sulla base della capacità (vera o presunta).
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Note
- Bradford DeLong, Marshall Steinbaum. After Piketty: The Agenda for Economics and Inequality. Harvard University Press, 2017. In particolare, Heather Boushey, A Feminist Interpretation of Patrimonial Capitalism, Capitolo XV.
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