Per inquadrare le vicende attuali di Mediobanca occorre una premessa tecnico-storica. Prima però un ricordo: quando molti anni fa capitava di parlare di Mediobanca, almeno a Milano, si abbassava il tono della voce per rispetto, oppure per il dubbio che qualcuno potesse riferire qualcosa di irriguardoso. Ma torniamo alla premessa.
1- Premessa storico-tecnica
Le banche dette “miste” - gli istituti che oltre al credito ordinario, erogavano anche quello a più lungo termine, ed, infine, avevano partecipazioni azionarie nelle imprese che erano loro clienti – ebbero un gran ruolo nel forzare l'industrializzazione dell'Europa Continentale nel XIX e gli inizi del XX secolo. Gli investimenti reali erano forzati ben oltre il livello che sarebbe stato possibile con il solo autofinanziamento e con i conferimenti di capitale dei soci.
Se una banca eroga ad un'impresa un credito a lungo termine che finanzia raccogliendo depositi a breve termine, ossia se ha dei crediti a scadenza lunga a fronte di impegni che sono richiamabili all'istante (i depositi a vista), può accadere che si trovi mal messa se i crediti a lunga scadenza non sono “di qualità”. Se i crediti non sono di qualità, e la banca è pure azionista del debitore, può accadere che essa sia tentata dall'intervenire sottoscrivendo degli aumenti del capitale.
Ma se la banca non ha non ha una copertura patrimoniale sufficiente di suo, si espone ancora di più. Dopo la Grande Guerra e durante la Grande Depressione questi problemi esplosero. Le imprese industriali andavano male e le banche erano esposte troppo. Fu così che in Italia le banche miste furono salvate.
Nel 1933 nacque l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) che comprò sia le banche sia le imprese di cui le banche erano azioniste. L'idea era che, dopo il salvataggio, tutto sarebbe ritornato nel settore privato. L'idea iniziale era perciò quella di uno statalismo pro tempore. Invece, arriva la Seconda Guerra, la privatizzazione è rimandata sine die, con l'economia che è di nuovo messa malissimo.
2 – Nasce Mediobanca
Nel il 1946 è il turno di Mediobanca, la quale è, a ben guardare, lo spappolamento virtuoso della banca mista. Intanto, i crediti a scadenza lunga non sono più finanziati con depositi a vista, ma con i depositi a risparmio, oppure con obbligazioni, quindi si ha un credito a fronte di un debito di durata equivalente. Poi si possono collocare le azioni e le obbligazioni delle imprese clienti, per rafforzarle finanziariamente. Infine, si possono avere degli investimenti diretti in azioni, ma rigorosamente contenuti in rapporto al capitale di rischio.
Facendo così, non si hanno i difetti della banca mista, ma si hanno i vantaggi: gli investimenti reali possono essere forzati oltre l'autofinanziamento delle imprese ed i conferimenti dei soci. (quando si diceva con espressione pop che in Italia c'erano “i capitalisti senza capitali”, si intendeva questo).
Mediobanca nasce avendo come soci le Banche di Interesse Nazionale finite nell'IRI, le quali, oltre al capitale di rischio, mettono a disposizione di Mediobanca la loro rete di agenzie per la raccolta dei libretti a risparmio e delle obbligazioni. Mediobanca nasce perciò snella, perché non ha bisogno di una rete commerciale per la propria raccolta. E resta snella anche in sede del collocamento delle azioni e delle obbligazioni delle imprese, perché queste sono assorbite di nuovo dalle agenzie delle banche.
3 – I noccioli duri
Dopo qualche anno Mediobanca diventa la protagonista della finanza italiana, si noti una finanza volta al finanziamento degli investimenti delle imprese. Con il tempo, cresce anche l'impegno come azionista. Siamo così giunti ai “noccioli duri”. Agli azionisti di riferimento, quando necessario, si alleava Mediobanca con quote proprie, allo scopo di dare stabilità e continuità. Nel caso delle Generali, la storia era diversa. La sua potenza di fuoco (la dimensione del suo attivo) rispetto alle imprese italiane era tale che, in caso di bisogno, essa potevano prendere la partecipazione necessaria. Non era necessario che la prendesse, bastava la minaccia. Le Generali erano come la “grande Berta”, era lì enorme e minacciosa anche se non sparava, da qui la sua importanza. Questo sistema è andato avanti fino agli anni Novanta. Ha tenuto in piedi quel che poteva, se si tiene conto della crisi che si manifesta in Italia a partire dagli anni Settanta.
Al prestigio, che, come si diceva all'inizio, rendeva taciturni, si aggiungeva l'idea – a metà fra il patriottico e il piagnone - che il sistema italiano fosse unico. I noccioli duri – ossia il patto fra i soci di riferimento – non erano però una trovata solo italiana. In Francia il sistema era governato dai noccioli duri almeno fino agli anni Novanta. Le grandi imprese erano governate in questo modo, e i noccioli duri riportavano alle grandi assicurazioni e queste ultime alla Cassa Depositi e Prestiti.
4 – Sociologia di una classe dirigente
Il sistema Mediobanca in tempi diversi è stato concepito e diretto soprattutto da intellettuali del Meridione: Beneduce, Menichella, Mattioli, Tino, Maccanico, Cuccia. Costoro sono emersi durante Fascismo, ma non erano fascisti, e il loro lascito è durato fino a poco tempo fa. Lo spappolamento virtuoso della banca mista ha perciò visto come protagonisti dei servitori dello stato di recente emersione che difendevano il perimetro dell'iniziativa privata.
Il sistema Mediobanca poco a poco si ridimensiona. Ciò avviene a partire dagli anni Novanta, quando le banche di credito ordinario possono tornare ad agire come banche miste. A quel punto – quando azioniste - si trovano in conflitto con Mediobanca in sede di collocamento dei titoli azionari e obbligazionari di società terze. Inoltre, il sistema dei noccioli duri si è rivelato costoso, perché impegna del capitale per ragioni di sistema, ma il capitale impegnato può essere poco redditizio. Cade così il quasi monopolio in sede di collocamento, così come cade il sistema dei noccioli duri per tenere coeso il sistema.
Alla fine - ossia oggi - si ha la Mediobanca, ma non si ha più il “sistema Mediobanca”. Al vecchio sistema che sosteneva e forzava gli investimenti delle grandi imprese non si è sostituito un nuovo sistema. Il “sistema Mediobanca” non era – come si suol dire – “liberista”, anzi, potremmo definirlo come esplicitamente “dirigista”. Guidava con la raccolta presso la rete delle banche di proprietà pubblica il sistema privato di maggior dimensione. Attendiamo da anni che nasca un sistema “non-dirigista” che guidi con “mano invisibile” gli investimenti e che così facendo sia il propulsore di un'economia che si è ammosciata.
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