1. Come un’odierna calata di barbari che assediano i fortini del vecchio mondo dei partiti, gli esponenti del Movimento Cinque stelle, uscito vincitore dalle recenti elezioni amministrative, suscitano nei commentatori tante legittime domande sugli “stranieri” e alcuni inevitabili cliché. Da dove vengono? Chi rappresentano? Per chi votavano prima? Sono i nuovi leghisti? Sono fascisti? Sono comunisti? Vogliono “spaccare tutto”?

Fare un’antropologia spicciola dei “grillini” senza citare il loro leader Beppe risulta quasi impossibile, ma è certo che al di là dell’innegabile genio comunicativo/distruttivo di Grillo e della sua capacità di reinventare sé stesso attraverso il mezzo della Rete e del turpiloquio ci sono altri componenti chimici, ben più radicati e profondi, che spiegano l’avanzata del movimento.

Il “Cinque stelle” è la prima forza veramente non ideologica che si presenti sullo scenario politico italiano. Il rifiuto di identificarsi con una qualsiasi coordinata che anche solo possa richiamare alla tradizionale organizzazione destra-sinistra dell’arco politico è totale. Certo, anche la Lega Nord si è sempre rifiutata di farsi incasellare. Ma il paragone con la Lega si ferma qui. Era, il movimento bossiano, così inzuppato di vocaboli ideologici da apparire eccessivo, esagerato, quasi infantile: Padania-Dio Po-federalismo-autonomia-modello Svizzero vs centralismo-Roma ladrona. La Padania per la Lega è come la dittatura del proletariato per il Pci che fu: un orizzonte dietro al quale si posa il sol dell’avvenire.

2. Il Movimento Cinque stelle non ha vocaboli “pesanti”, né contenuti ideologici e programmatici che vadano al di là del generico appello alla buona amministrazione, all’onestà e “pulizia” degli eletti, soprattutto al continuo richiamo alla condivisione delle scelte.

Di fronte a un contenuto programmatico così annacquato, la chiave che i grillini giocano nell’agone politico di questi anni Dieci, la cifra che li caratterizza, è semmai di tipo tecnologico: il movimento di Grillo impiega un sacco di tempo a raccontare come raggiunge determinate scelte (attraverso il web),  con quali mezzi si propone di organizzarsi, quali tecnologie impiega. Non a caso, il suo fondatore è il brillante ideatore del blog italiano più letto e conosciuto ben al di là dei nostri confini, e realmente il movimento è il primo italiano a sfruttare al meglio le potenzialità della Rete.

3. In questo impasto embrionale proprio di una forza politica così giovane, molti punti restano ancora sospesi e ambigui. La tecnologia è raccontata ed esibita, come direbbe McLuhan, come un “massaggio” comunicativo, ammiccante ed estetico; la dialettica tra “capo” e “colonnelli” è incerta: chi comanda tra Beppe e il giovanissimo neosindaco di Mira, 26 anni (ma con un portavoce che va ancora al liceo)? Chi prende le decisioni tra Grillo e il neosindaco di Parma Pizzarotti (sul quale forse sarebbe meglio smettere di angosciarsi: non potrà comunque fare peggio del suo predecessore Vignali, che arrivò a far costare le aiuole di una rotonda 180 mila euro)?

E ancora: che cosa pensano i grillini delle tasse? Questo è forse il punto più affascinante, perché ambiguo. Da una parte, “travaglianamente” il Movimento Cinque stelle guarda al tema fiscale con rigore assoluto e giustizialista: basta evasori, controlli assoluti e imperativi, trasparenza assoluta degli eletti e degli elettori. Dall’altra, il suo “vaffa” gridato nelle piazze e nei social network si rivolge, spesso, anche al carico fiscale eccessivo, al torchio ideale di Governo, Confindustria, banche, sindacati, grandi potentati che opprimono il povero cittadino, e quasi gli impongono di mandare tutto e tutti al diavolo. Esattamente come Guglielmo Giannini e il suo Uomo qualunque di 65 anni fa, il Cinque stelle ha in sé una componente anarchica e libertaria che affonda le proprie radici nell’antica Italia agraria e individualista.

4. Un saggio del sociologo Gian Paolo Prandstraller ha in copertina una stretta via tra due montagne, sulla quale si incammina un povero viandante. I due monti hanno scritto: “confindustria” e “sindacato”. Ma in fondo al sentiero, dietro il passo, una luce. Il titolo dell’opera suona profetico ma sinceramente un po’ ottimista: “la rinascita del ceto medio”.

Ecco, se quel nuovo ceto medio di giovani professionisti, terziario avanzato, piccole imprese della tecnologia, dell’informatica, della comunicazione (che ha votato in massa il Cinque Stelle) sarà in grado di rinascere è davvero presto per dirlo. Ma sicuramente ha votato perché non vuole essere condotto alla morte certa in un Paese che tocca in questi mesi il fondo del proprio declino.