Siamo in una condizione di equilibrio precario. “Equilibrio” per dire che le cose potrebbero restare come sono, “precario” per dire che esse potrebbero flettere, ma non precipitare. Abbiamo molti piani per leggere gli eventi, e molti non sono nell'ambito economico e finanziario, come l'Ordine liberale che non riesce ad espandersi e come il Populismo che si sta diffondendo. Qui esponiamo il ragionamento finanziario, rimandando ad altra occasione l'approfondimento dell'analisi finanziaria con le dinamiche politiche internazionali e nazionali.

1 – Gli Stati Uniti

More solito partiamo dalla politica monetaria statunitense e dal suo mercato finanziario. E' corretto, o è un segno di filo americanismo acritico? E' corretto, perché negli Stati Uniti si definiscono i comportamenti degli altri mercati, come questi studi mostrano (1).

Che cosa sta succedendo negli USA? I tassi a breve – quelli gestiti dalla Banca centrale, salgono, così come quelli a due anni e quelli a dieci – quelli determinati dai mercati. Quelli a due anni sono saliti più di quanto non siano saliti quelli a dieci anni e quindi la curva dei rendimenti si è abbastanza appiattita (2). Solitamente quando la curva si appiattisce – la misura è la compressione del differenziale di rendimento fra le obbligazioni decennali e quelle biennali – si ha questa previsione implicita nei prezzi di mercato: il rialzo dei tassi si riverbera sui rendimenti biennali, ma solo modestamente su quelli decennali, che, restando abbastanza bassi, rispetto a quelli a scadenza minore, segnalano una crescita dell'economia relativamente contenuta nel futuro (3). Che cosa prevedono oggi i mercati delle obbligazioni statunitensi per il lungo periodo? Con un rendimento del 3 per cento non si direbbe una crescita reale durevole intorno al tre per cento accompagnata da un'inflazione stabilmente al 2 per cento. Si dovrebbe avere, infatti, un rendimento almeno del 5 per cento. Neppure prevedono un vero problema legato al finanziamento del debito pubblico crescente, frutto della politica fiscale lasca della presidenza Trump. In questo caso, infatti, i rendimenti dovrebbero essere maggiori per rendere appetibile la sottoscrizione di un debito crescente, tanto più che la Banca Centrale ha smesso di comprare i titoli del Tesoro. In breve, la previsione implicita del mercato delle obbligazioni è un andamento senza scosse maggiori.

E quello delle azioni? Nonostante la notevole crescita degli utili il mercato azionario statunitense è rimasto fermo. La crescita degli utili lo ha riportato verso la media della valutazione come Capitalizzazione verso Utili attesi. Se è scesa la valutazione come rapporto Prezzi/Utili, allora il mercato azionario sconta una pausa, o una minore propensione al rischio, che peraltro emerge dopo una corsa decennale. Se escludiamo la tecnologia, il mercato azionario deve ancora tornare verso il livello massimo raggiunto in gennaio. Forse la pausa dipende dal timore delle guerre commerciali scatenate da Trump? Non si direbbe, perché le imprese esposte sul mercato interno, che dovrebbero essere favorite dai dazi, sono andate peggio di quelle esposte sui mercati internazionali, che dovrebbero essere sfavorite dalle sanzioni (4). Qui, come nel caso delle obbligazioni, non abbiamo delle informazioni che spingano verso una direzione univoca.

Insomma, i mercati sembrano mossi solo da considerazioni economiche. E questo nonostante le difficoltà cui sta andando incontro l'Ordine liberale per l'affermarsi delle autocrazie (5), e per l'emergere del così detto Populismo (6).

2 – L'Euro area e l'Italia

Qual è nel campo della politica monetaria la peggiore delle combinazioni per i Paesi dell'euro area e in particolare per l'Italia? La Banca Centrale Europea che alza i tassi, perché l'inflazione risorge verso il due per cento, intanto che vende i titoli di stato che ha accumulato, soprattutto attraverso le banche centrali nazionali. Intanto che rialza i tassi decide di por fine al Quantitative Easing, perché ritiene ormai raggiunto l'obiettivo di rilancio economico. In questo caso, il costo del nostro debito pubblico così come quello degli altri Paesi dell'Euro area si alzerebbe indipendentemente dalle vicende politiche nostre e altrui.

Il costo del debito pubblico italiano dai tre mesi ai cinquant'anni è inferiore all'uno per cento all'emissione, mentre il suo costo medio, quello accumulato negli anni, è inferiore al tre per cento. Il nostro debito supera i due mila miliardi, scade in sette anni, con gli interessi che sono intorno ai 65 miliardi. Se il costo del debito – di tutto il debito - salisse per effetto della nuova politica della BCE di un punto percentuale, avremmo una maggior spesa complessiva per interessi superiore ai 20 miliardi, sebbene diluiti a poco più di tre per effetto della parte da rinnovare, che è di un settimo. Stando alle dichiarazioni della BCE, i tassi a breve dovrebbero restare dove sono per almeno un altro anno, mentre i titoli comprati con il QE non saranno venduti, ma ricomprati quando vanno in scadenza, ossia tenuti nei portafogli. Non solo, in caso di necessità, il QE verrebbe riesumato.

Espulso quindi lo scenario peggiore, quello con i tassi in rialzo e con il rendimento dei BTP in rialzo per effetto delle vendite dei titoli posseduti dalla BCE, restano da valutare gli scenari intermedi per l'Euro area e per il Bel Paese.

Nel caso italiano abbiamo l'emersione di una nuova combinazione politica, che intende perseguire una strada diversa da quella prevalsa in passato. Si hanno quelli che pensano che si debba prima rilanciare l'economia attraverso il deficit di bilancio e poi fare le riforme, e quelli che pensano l'esatto contrario. Nel 2013 – elezioni nazionali, nel 2014 – elezioni europee, e nel 2015 – elezioni amministrative, si avevano dei progetti molto simili a quelli che sono poi emersi con le elezioni nazionali del 2018. I progetti di Forza Italia, del M5S, e del PD di Bersani, che possiamo definire come “crescita trainata dal deficit di bilancio con le riforme che sarebbero arrivate dopo”, ed etichettare come fiscal growth, non erano passati. Abbiamo, infatti, avuto, dal 2013 prima con Letta e poi con Renzi, un'esperienza che possiamo definire come “austerità sul fronte del bilancio combinata con le riforme fatte che sarebbe stata espansiva”, ed etichettare come fiscal compact. Quest'ultima non era una novità, perché era stata inaugurata da Monti già nel 2011. Il governo M5S-Lega riprende la politica, bocciata dagli elettori pochi anni prima, della spesa pubblica in deficit. Questa volta nella doppia veste di maggiori uscite – riforma delle pensioni e reddito di cittadinanza – e di minori entrate – la flat tax.

Esiste però un percorso che potrebbe ridurre il rischio di una una politica economica diversa da quella passata. In breve, la demoltiplicazione delle promesse elettorali dei vincitori (7).

 

1 - Òscar Jordà, Moritz Schularick, et al.: Global Financial Cycles and Risk Premiums, NBER, 2018. Silvia Miranda-Agrippino, Hélène Rey: US Monetary Policy and the Global Financial Cycle, NBER 2018. Questi studi mostrano come una politica monetaria restrittiva negli Stati Uniti possa mettere in difficoltà gli altri Paesi: https://www.economist.com/finance-and-economics/2018/06/14/rate-rises-affect-global-markets-and-may-feed-back-to-america

2 – https://www.yardeni.com/pub/dailyoverview.pdf: si vedano i grafici 7 e 8.

3 - https://www.ft.com/content/8e407332-7086-11e8-92d3-6c13e5c92914: si veda il video

4 - https://www.ft.com/content/e04a2368-70a3-11e8-92d3-6c13e5c92914

5 - https://www.centroeinaudi.it/le-voci-del-centro/send/2-le-voci-del-centro/1563-che-cosa-accade-alla-democrazia-se-vincono-i-paesi-del-capitalismo-autoritari.html

6 – Per discutere del Populismo in modo preciso, si veda la parte finale sull'Italia

7 - https://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/4921-adelante,-pedro,-cum-juicio.html

 

Avvertenza: Lettera Economica (su www.centroeinaudi.it) è un sito di ricerca sull’economia dei mercati finanziari. In nessun modo le sue previsioni vanno intese come un invito a trasformarle in investimenti. Il Centro Einaudi declina ogni responsabilità per le conseguenze che possono essere arrecate agli utenti per danni o perdita di profitti. I contenuti pubblicati non rappresentano né un incitamento o un’offerta di acquisto o vendita, né un incitamento o un’offerta a effettuare transazioni o atti giuridici. Sono forniti esclusivamente a titolo informativo e possono essere modificati dalla redazione di Lettera Economica in qualsiasi momento senza preavviso. I contenuti messi a disposizione non costituiscono raccomandazioni per le decisioni d’investimento. Gli investimenti finanziari vanno scelti a livello individuale, tenendo presente che il rischio non è eliminabile e decidendo in anticipo l’orizzonte temporale cui fare riferimento.