Da tempo ricordiamo che la dinamica dei debiti pubblici non è sotto controllo. Questa settimana si sono avute delle avvisaglie negative in Grecia e in Gran Bretagna (1). Il problema del debito pubblico – e per la dimensione dello stesso e per l’importanza finanziaria – sta però negli Stati Uniti e in Giappone. Riportiamo quanto scritto negli ultimi tempi (2).

La crisi finanziaria si è riverberata sui bilanci degli stati. E qui si annidano molti pericoli. La crisi espande i deficit pubblici, perché aumentano le uscite statali (per esempio i trasferimenti ai disoccupati), mentre le entrate flettono (il gettito delle imposte si riduce). Il primo blocco di dati – dell’OECD calcolati a giugno 2009 – mostra il deficit effettivo (il deficit pubblico corrente diviso per il Pil corrente). Il secondo blocco mostra il deficit corretto dagli effetti del ciclo (il deficit pubblico è prima corretto per gli effetti del ciclo e poi diviso per il Pil che si avrebbe con la piena occupazione). Il terzo blocco di dati mostra il deficit prima del pagamento degli interessi, corretto dagli effetti del ciclo (il saldo primario corretto è poi diviso per il Pil che si avrebbe con la piena occupazione). Il quarto blocco mostra il debito pubblico lordo (i debiti senza sottrarre il patrimonio pubblico).
 
La crescita del deficit pubblico non è un problema fintanto che non è emesso debito per pagare gli interessi. Dunque è il terzo blocco di dati che rileva. Un’impresa che abbia un margine operativo lordo positivo prima del pagamento degli interessi è più sana di una che abbia un margine operativo lordo negativo prima del pagamento degli interessi. Ovvio. Come farà, infatti, l’impresa che ha un margine operativo lordo negativo a coprire le perdite? Indebitandosi. E poi, come farà a pagare gli interessi sul debito in essere? Aumentando ancora il debito. Le due tabelle mostrano come gli Stati Uniti e il Giappone abbiano, a differenza dell’Europa dell’euro (non mostrata nelle tabelle), un deficit significativo prima di pagare gli interessi – l’Europa dell’euro, invece, è in pareggio. Ossia, essi sono i paesi messi peggio.

  
Stati Uniti 2007 2008 2009 2010
Deficit effettivo -2,9 -5,9 -10,2 -11,2
Deficit corrente -3,5 -5,8 -7,7 -8,5
Saldo primario -1,4 -3,8 -6,2 -6,8
Debito pubblico 62,9 71,1 87,4 97,5
  
Giappone 2007 2008 2009 2010
Deficit effettivo -2,5 -2,7 -7,8 -8,7
Deficit corrente -3,8 -4,3 -5,9 -6,0
Saldo primario -3,1 -3,5 -5,0 -4,7
Debito pubblico 167,1 172,1 189,6 199,8
 
Nota tecnica – I numeri storici (2007, 2008) tengono conto di due aggiustamenti: 1) si tolgono gli effetti delle entrate una tantum e dunque il numeratore – il deficit – diventa più grande; 2) si depura la crescita del Pil dagli effetti di picco, insomma si usa il trend, e dunque il denominatore diventa più piccolo. Ergo, rispetto ai numeri come si presentano nella prima riga senza depurazioni di deficit e di Pil, abbiamo nella seconda riga un deficit maggiore e un Pil minore. Da qui i numeri negativi maggiori nella seconda riga, per il 2007 e il 2008. Come si vede, per il 2009 e il 2010 tutto «torna in ordine». Sia il numeratore (maggiori entrate e minori spese = minor deficit) sia il denominatore (Pil da piena occupazione = Pil più grosso) sono regolarmente migliori di quelli della prima riga.


Quando la conclusione «macroeconomica» milita decisamente a sfavore degli Stati Uniti – le conclusioni sfavorevoli al Giappone sono ormai di «routine» – si usa ricordare che essi sono il paese messo meglio in termini «microeconomici». Si afferma, infatti, che hanno il mercato dei capitali più efficiente, il mercato del lavoro più elastico: insomma, l’eccellenza «micro» degli Stati Uniti bilancia, se non sopravanza, i problemi «macro». Gli anni a venire saranno un test per questa tesi.

Le famiglie statunitensi nei prossimi anni ridurranno i consumi, e non saranno i tassi a breve e a lungo termine – per quanto bassi – a fermare la spinta a contenere il debito. La leva finanziaria è, infatti, troppo elevata. Per bilanciare la caduta dei consumi privati – ossia per evitare che l’economia si avviti – si espande il deficit pubblico. Solo che lo si espande in maniera pericolosa, ossia si ha un deficit prima del pagamento degli interessi. Gli Stati Uniti debbono importare capitali dal resto del mondo. Chi presta agli Stati Uniti può quindi chiedere rendimenti maggiori per sottoscrivere le nuove obbligazioni. Il costo del debito pubblico può perciò salire e la politica di bilanciare lo «sciopero dei consumatori» con la maggior spesa pubblica rischia di non funzionare.


(1) Per approfondire:

http://www.centroeinaudi.it/notizie/giappone-dubai-grecia.html

http://www.ft.com/cms/s/0/3760aa96-e683-11de-98b1-00144feab49a.html

http://www.ft.com/cms/s/0/bd939c20-e5d6-11de-b5d7-00144feab49a.html


(2) Si vedano, oltre alle analisi apparse nel sito:

Quaderni speciali di Limes, La Cina spacca l’Occidente, settembre 2009, pp. 19-26

Mario Deaglio et al., Alla scuola della crisi, Rapporto annuale UBI-Centro Einaudi sull'economia globale e l'Italia, Guerini, Milano 2009, pp. 74-81