È uscita una ricerca della Banca d’Italia che «esamina le conseguenze per il sistema produttivo italiano della crisi economica internazionale avviatasi nel 2007. I dati di contabilità nazionale vengono integrati con le informazioni desunte nella primavera del 2009 dalle indagini della Banca d’Italia presso le imprese e dai colloqui con circa 70 imprenditori. I dati confermano che la recessione in atto è la più pesante dal dopoguerra e che la ripresa dipenderà, più che nel passato, dalla dinamica della domanda interna e dalla capacità delle imprese di rispondere alle accresciute pressioni competitive». Solitamente si parla di quanto indietro è andato il PIL (la produzione di beni e di servizi) con la crisi. La risposta è 34 trimestri – quindi quasi 10 anni. La produzione industriale è, invece, andata indietro di quasi 100 trimestri – quindi quasi un quarto di secolo. Non fosse uno studio della Banca d’Italia, uno non ci crederebbe.


Per chi volesse approfondire:

http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/quest_ecofin_2/QF_58
 
Una considerazione. Sta prevalendo il «principio del piacere» – l’economia si sta riprendendo, basta avere fiducia –, mentre il «principio di realtà» – le cose sono messe male e si dovrà lavorare duro per uscire dalla crisi –, non trova cittadinanza. Se qualcuno si appellasse alla borsa azionaria come segno del miglioramento dei tempi, va ricordato che il livello corrente dell’indice (23.500 punti) è pari a circa la metà di quello raggiunto prima della crisi (44.000 punti).