La borsa statunitense è rimbalzata del 6% per due giorni (venerdì e lunedì) dopo essere scesa del 6% per due giorni (mercoledì e giovedì). Poi, martedì e mercoledì è salita ancora, del 1,5% e del 3,5%. Cotanto rimbalzo ha rincuorato molte persone. Sono ricomparsi gli articoli “ottimisti”, che possiamo dividere in due gruppi:


Quelli che dicono che da qui in avanti la borsa salirà; la ormai prossima manovra obamiana di espansione del deficit pubblico lenirà la recessione, intanto che la banca centrale ed il tesoro salvano con decisione il sistema. I prezzi delle azioni dovrebbero registrare gli eventi positivi e quindi riflettere uno scenario degli utili migliore. Questi signori ricordano inoltre che, dopo molti anni, gli indicatori ”fondamentali” segnalano un mercato azionario che è tornato ad avere delle valutazioni abbastanza attraenti: i prezzi in rapporto agli utili e la capitalizzazione delle imprese in rapporto al costo di ricostituzione fisica delle stesse, la Q di Tobin, sono tornati in linea la media secolare. Dunque il mercato non è sottovalutato, è “medio”, ma, grazie alle manovre fiscali e di salvataggio, il futuro è finalmente migliore. Insomma, il trend primario torna ad essere in salita, anche se non forte, e le eventuali cadute sono dei trend secondari.

Quelli che dicono che la borsa salirà, per poi ricadere, in gergo il “bear rally”. Se la borsa cade “troppo” tende a rimbalzare. Chi ha venduto allo scoperto ha guadagnato, e quindi ricompra per chiudere l’operazione. Dunque, per questi signori al contrario dei precedenti, il trend primario è in discesa, ma si hanno dei trend secondari in salita, anche forti.

Chi ha ragione? Nulla impedisce che per qualche tempo i mercati azionari possano salire, esiste anche l’interesse dell’industria finanziaria a mostrare risultati migliori prima della fine dell’anno, in gergo “cucinare i libri” (cook the books), per evitare che i clienti scappino, oltre a tutto dopo una caduta del 50%. Ricordiamo solo che questi movimenti violenti all’insù hanno in genere vita breve. Il quarto trimestre 2008 ed il primo trimestre del 2009 dovrebbero registrare una caduta degli utili elevata. E le quotazioni, a detta degli stessi ottimisti, non sono basse, in grado di reggere degli utili inferiori, ma medie. Per investire con maggior sistematicità, consigliamo di seguire un altro metodo. La crisi di borsa finisce quando i prezzi cominciano a variare poco e quando i soldi escono da sotto il materasso. Con maggiore precisione possiamo dire che, quando abbiamo qualche giorno di volumi enormi scambiati con prezzi delle azioni in salita forte prima e stabile poi, e con i rendimenti delle obbligazioni trimestrali che diventano molto simili al tasso di sconto della banca centrale, abbiamo un segnale forte che la crisi potrebbe finire. Questo è il comportamento normale di una crisi. Per tenere conto delle caratteristiche della crisi in corso, che forse si risolve con un’enorme emissione di titoli di stato, si deve avere anche una terza condizione, quella che registra i rendimenti delle obbligazioni lunghe in leggera salita, il segno che gli investitori pensano che il debito pubblico non è pericoloso.
 
Detto delle tre condizioni: (A) Prezzi delle azioni in salita (B) con grandi Quantità scambiate, (C) Rendimenti corti in forte ascesa, (D) Rendimenti stabili, si tratta di osservarle nel corso del tempo. Ad oggi (A) e (D) si muovono (forse) nella direzione della fine della crisi, ma (B) e (C) proprio non mandano segnali. Da notare che devono muoversi tutte e quattro nella direzione giusta. Se si muove una sola o due, il segnale è falso o al massimo parziale. Dunque comprare le azioni oggi è azione con in pancia una grossa dosa di “scommessa”.