Il commento settimanale sul primo ministro britannico Gordon Brown cerca di rendere il clima (nervoso) che si respira oltremanica. Al solito, si trovano in nota gli approfondimenti.

Gordon Brown ha bisogno di un miracolo economico entro un anno (1). È questo il suo problema maggiore. Entro l’estate del 2010 deve indire le elezioni generali, e non può arrivarci con la City mezza chiusa e i banchieri sotto le sassaiole. Per questo il premier britannico tenta in ogni modo di portare Barack Obama dalla sua parte, come se l’aura da salvatore del presidente americano (peraltro in evaporazione) potesse proteggerlo dalla realtà, dalla ventina di punti di svantaggio nei confronti dei conservatori e dalla rivolta sociale in pieno corso.
 
Ma il modello dello «spendersi via la crisi» – due piani di stimolo e la quasi nazionalizzazione delle più grandi banche del paese – adottato da Brown (e dall’Amministrazione Obama) non sta ancora funzionando, né in termini di popolarità né, ed è quel che più conta, in termini di ripresa. Il capo dei commentatori economici del «Financial Times», Chris Giles, afferma che Brown lascia in eredità più debito ai suoi successori di quanto fatto da tutti i governi inglesi dal 1691 al 1997. Il deficit passerà dal 2,6% del Pil al 12,6% nell’anno 2009-2010 (2). Ma quel che è peggio è che mercoledì, per la prima volta in sette anni, l’asta dei titoli di stato britannici non è stata interamente sottoscritta al tasso offerto: non soltanto il debito è elevato, ma si teme che nessuno voglia finanziarlo (3).

Il governatore della Banca centrale, Mervyn King, è andato da Brown e gli ha detto «basta». Basta con le spese, basta con gli stimoli. Basta. Questo pacchetto anticrisi monumentale non è più sostenibile, come ha detto – con toni ben più coloriti e vivaci – un europarlamentare inglese quando Brown è andato a Bruxelles a «vendere» il suo acciaccatissimo G20. Secondo Fraser Nelson dello «Spectator» (4), si tratta di un segnale pericoloso: l’Inghilterra sta addirittura andando in bancarotta.
 
Brown ha rinunciato a ogni pacchetto anticrisi nuovo, ma a complicare il quadro già allarmante delle finanze pubbliche c’è la disoccupazione. Due milioni di disoccupati, che potrebbero arrivare a tre nel giro di qualche mese, sono un numero che non si vedeva dall’inizio degli anni Settanta. Il paese si era abituato bene, da diciotto anni l’occupazione seguiva un trend positivo: ora i licenziamenti – resi più facili da un sistema che non prevede grandi ammortizzatori sociali – stanno generando una tensione sociale evidente. I rapporti dei servizi di sicurezza che trapelano sulla stampa indicano una situazione esplosiva, il cui detonatore potrebbe essere proprio quel G20 (a Londra, il 2 aprile) cui Gordon Brown sta dedicando tutte le proprie energie. Un assaggio del malcontento c’è stato in occasione degli scioperi spontanei contro i lavoratori stranieri (nella fattispecie, erano contro i lavoratori italiani), in un ritorno protezionista che potrebbe essere il primo effetto collaterale indesiderato di questa crisi.
 


(1) Nella tabella l’andamento economico del Regno Unito secondo la Commissione Europea. Interessa qui sottolineare due voci: Net Lending (+) or Borrowing (-) vis-à-vis ROW (=Rest of the World) e General Government Balance. Ossia, il fabbisogno per finanziare il disavanzo con l’estero e il fabbisogno per finanziare il deficit pubblico. I numeri mostrano bene quanto fragile sia la situazione inglese: occorre importare investimenti finanziari equivalenti al 5,7% del Pil e occorre finanziare un deficit pubblico equivalente al 9,6% del Pil. (Per curiosità, i dati italiani sono 1,5% e 3,7%). Si veda la nota (3).

(2) I numeri sono leggermente diversi da quelli sotto la nota (1).

(3) L’importanza di contenere i rendimenti delle obbligazioni che compongono il debito pubblico si vede dal primo grafico. Con il debito pubblico che cresce, i rendimenti non possono non crescere. E se salgono troppo alimentano la crescita del debito. (Il valore del debito pubblico al 2010 è leggermente diverso da quello della Commissione Europea, perché il lavoro da cui è tratto il grafico è precedente: The Institute for Fiscal Studies, January 2009) Il primo aspetto cruciale è il contenimento del rendimento, il secondo aspetto è chi compra le obbligazioni emesse dal Tesoro di Sua Maestà. Il secondo grafico mostra che gli acquisti da parte dell’estero stanno frenando, così come stanno frenando quelli privati. Invece, le imprese finanziarie, molte delle quali salvate dal Governo, hanno avuto un improvviso sussulto patriottico e hanno incrementato gli acquisti:
http://www.spectator.co.uk/coffeehouse/3431681/how-brown-plans-to-borrow-more-money-than-the-market-would-ever-let-him.thtml.

(4) http://www.spectator.co.uk/coffeehouse/3472576/the-beginning-of-the-end.thtml



uk_secondo_la_commissione_europea
uk_secondo_la_commissione_europea
uk_secondo_la_commissione_europea

debito_pubblico_uk_sotto_diversi_scenari_dei_rendimenti
debito_pubblico_uk_sotto_diversi_scenari_dei_rendimenti
debito_pubblico_uk_sotto_diversi_scenari_dei_rendimenti


chi_compra_il_debito_inglese
chi_compra_il_debito_inglese
chi_compra_il_debito_inglese