Il Decreto legislativo n. 147 del 2015, recante misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese, ha ridisegnato gran parte della fiscalità nazionale e internazionale. Allo scopo di conferire maggiore certezza al contribuente in merito ai profili fiscali dei piani di investimento, il Decreto in oggetto ha previsto, all’articolo 2, l’introduzione di un nuovo modello di interpello.
Tale strumento introduce la facoltà, per le imprese italiane ed estere che investono in Italia, di interpellare preventivamente l’Amministrazione Finanziaria al fine ricevere un parere in merito ai profili fiscali dei piani di investimento che potrebbero avere ricadute occupazionali significative e durature nel nostro Paese.
La soglia minima di investimento, che deve essere documentata dal contribuente, è pari ad almeno trenta milioni di euro.
Per nuovo investimento si ritiene debba intendersi, in linea anche con quanto specificato nella relazione illustrativa al Decreto delegato, anche un importante processo di riorganizzazione interna che comporti sforzi organizzativi ed economici significativi, così come un processo di ristrutturazione di aziende in crisi, tanto è vero che nell’istanza vanno specificati anche gli impatti occupazionali.
Inoltre, la soglia dei trenta milioni deve essere intesa come investimento complessivo, anche nel corso degli anni, e non deve includere solamente l’immissione di nuova liquidità ma anche il reimpiego o l’ottimizzazione di risorse.
Con la domanda presentata all’Amministrazione Finanziaria l’impresa potrà chiedere anche il parere circa l’esistenza in Italia ai fini fiscali di una stabile organizzazione (i.e. una filale) di una società estera, in modo tale da poterne valutare l’impatto nel contesto del piano di investimento. L’impresa potrà altresì interrogare il Fisco sulla ricorrenza di fattispecie di elusione o abuso del diritto nonché sulla possibilità di accedere ad eventuali regimi fiscali opzionali (come, ad esempio, il consolidato).
Sul lato degli effetti, la risposta all’interpello vincolerà tutti gli Uffici dell’Amministrazione Finanziaria e resterà valida fin tanto che non saranno cambiate le condizioni di fatto e di diritto che hanno condotto a dare il via libera al piano di investimento.
Ovviamente, il Fisco potrà monitorare il rispetto delle condizioni alla base dell’istanza ed effettuare verifiche sugli ambiti non coperti da quest’ultima.
Quanto alla tempistica, l’Agenzia delle Entrate avrà a disposizione centoventi giorni per rispondere, prorogabili di ulteriori novanta nel caso si renda necessaria ulteriore attività istruttoria. L’Agenzia potrà sia chiedere informazioni e documentazione sia, previo accordo con l’impresa, accedere presso la sede di quest’ultima al fine di meglio comprendere il modello di business che si intende implementare.
Vale il principio del silenzio assenso nel caso in cui l’Agenzia non risponda nei termini individuati dalla novella.
Le concrete modalità applicative dell’interpello per i nuovi investimenti costituiranno oggetto di un apposito Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, da emanarsi entro sessanta giorni decorrenti dal 7 ottobre 2015, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 147/2015. Entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto attuativo, inoltre, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sarà individuato l’Ufficio competente al rilascio della risposta ed alla verifica della corretta applicazione della stessa. Dalla data di emanazione di tale provvedimento, saranno applicabili le disposizioni sull’interpello per i nuovi investimenti.
Le novità introdotte dal Decreto in commento vanno ad aggiungersi ad un quadro normativo profondamente riformato anche dagli altri decreti delegati attuativi della cosiddetta “legge di delega fiscale” (Legge 23/2014).
La volontà del legislatore tributario sembra essere quella di instaurare con il contribuente un nuovo rapporto improntato alla trasparenza e alla collaborazione. L’obiettivo, dunque, è quello di dipanare, con interventi mirati come quello qui analizzato, i dubbi interpretativi che inevitabilmente sorgono, specie per gli investitori esteri, rispetto ad una normativa fiscale, quale quella italiana, particolarmente complessa ed eterogenea, affinché tali fattori non possano costituire una barriera agli investimenti delle imprese che intendono operare in Italia.
La facilitazione del dialogo tra Amministrazione Finanziaria e contribuente assicura, certamente, che l’interpretazione delle norme avvenga il più possibile in una logica di condivisione anticipata, anziché in una prospettiva patologica di litigiosità.
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