Dall’America chiusa per mancanza di lungimiranza politica – lo shutdown questo è, il fallimento della politica, il regno dell’Absurdistan, come lo ha definito Foreign Policy (1) – arrivano tante storie, tanti racconti, alcuni invero poco divertenti (come quello dei bambini malati negli ospedali senza personale (2)), altri abbastanza ridicoli da ricordarci che non soltanto le crisi italiane sono folli (la rubrica Lexington dell’Economist fa un paragone tra Italia e America, un po’ azzardato (3)), ma ancora non si vede la fine di questo stallo.

Il Partito repubblicano è arroccato sulle sue contraddizioni, soprattutto non vuole perdere l’occasione per azzannare l’odiata Amministrazione democratica, e in particolare l’Obamacare. E’ questo il “peccato originale” della crisi, ed è il motivo per cui Barack Obama non vuole né può cedere: se salta la madre di tutte le riforme, non c’è speranza di salvare null’altro, visto che già tutti gli altri dossier della roboante “agenda liberal”, dall’immigrazione al controllo delle armi, sono impantanati. Ma la verità è che lo shutdown, con tutte le sue stranezze e pericolosità, con tutti i denari che sta facendo volatilizzare (4), è la parte facile della faccenda. La parte difficile – spaventevole (5) – riguarda il tetto del debito.

Perché se si supera quello, davvero non si sa che cosa possa succedere. L’America ha toccato il tetto del debito a maggio (è pari a 16.699 trillioni di dollari) e da allora il segretario al Tesoro Jack Lew ha trovato altre misure per continuare a prendere a prestito, ma queste misure, secondo quanto ha stabilito lo stesso Lew, non dureranno oltre (“no later than”, dice il comunicato) il 17 ottobre.

Può avvenire prima, ma sicuramente non dopo, e da quel giorno i conti dell’America potranno essere pagati con i 30 miliardi di dollari cash che Lew dice che avrà in mano e con le entrate che da quel momento in poi si realizzeranno. Fino a quando basteranno? Secondo il Congressional Budget Office, ogni momento è buono, si fa per dire, dal 22 al 31 ottobre (6).

Più s’avvicina il 17 ottobre, più i mercati diventeranno nervosi (chissà dopo), mentre a Washington non si fa che discutere di chi deve essere pagato per primo, se i soldi cominciassero a scarseggiare (per Lew, definire delle priorità è già dichiarare “default con un altro nome”). I repubblicani continuano a dire che quel tetto non si può alzare, ma ovviamente lo fanno soltanto per mettere in difficoltà Obama. Il quale già nel 2011 ha fatto il duro, e poi si è beccato il primo downgrade del rating americano nella storia recente.

Poi però è stato rieletto e riosannato e quindi si pensava che non ci saremmo ritrovati qui, a due passi da un default che ovviamente si tirerebbe dietro l’economia globale, nella stessa situazione del 2011. E invece le premesse sono altrettanto spaventose. Ci sono discussioni costituzionali parecchio interessanti, sulla legge del tetto del debito e sul pagamento dei debiti dell’America che per legge devono essere onorati (7), ma non è necessario essere troppo tecnici per capire che la tempesta perfetta del 17 ottobre si può evitare soltanto se Obama mostra leadership e determinazione. Ed è per questo che sono tutti tanto spaventati.

 

(1) http://www.foreignpolicy.com/articles/2013/09/27/absurdistan_dc

(2) http://www.theatlantic.com/business/archive/2013/10/the-saddest-paragraph-youll-read-about-the-government-shutdown-today/280174/

(3) http://www.economist.com/blogs/democracyinamerica/2013/10/crises-america-and-italy

(4) http://www.nbcnews.com/business/money-nothing-government-shutdown-costs-12-5-million-hour-8C11308802

(5) http://www.theatlantic.com/business/archive/2013/09/you-really-ought-to-be-more-terrified-of-the-debt-ceiling/279993/

(6) http://cbo.gov/publication/44608

(7) http://www.theatlantic.com/politics/archive/2013/10/if-congress-wont-raise-the-debt-ceiling-obama-will-be-forced-to-break-the-law/280176/