Da anni la popolazione giapponese è invecchiata e continua a invecchiare. Inoltre, in Giappone, un paese mono etnico, non si ha immigrazione di gente giovane. Le pensioni sono perciò pagate con una popolazione attiva decrescente. O la produttività del lavoro sale moltissimo e il guadagno di produttività si trasferisce ai sempre più numerosi anziani, oppure il sistema pensionistico non è in grado di pagare le pensioni, se non andando in forte deficit. Questo per i sistemi a ripartizione (=chi lavora mantiene chi è in pensione attraverso un organismo apposito, come è l'INPS nel caso italiano). Per quelli a contribuzione (=i lavoratori versano al fondo pensioni una parte del reddito, che finisce in titoli di stato, e che poi viene reso quando sono pensionati), il problema sorge se i rendimenti del debito pubblico, che in Giappone sono quasi nulli, non sono sufficienti per pagare delle pensioni decorose per il numero crescente di anziani.

Nel primo caso è sotto pressione il bilancio pubblico, nel secondo il debito pubblico, perché prima o poi i fondi pensione andranno alla ricerca di rendimenti maggiori. In Giappone abbiamo sia il sistema a ripartizione, sia quello a contribuzione. Le entrate fiscali del Giappone per metà se ne vanno nel pagamento delle pensioni e in interessi sul debito pubblico. Se la popolazione continuasse a invecchiare e se il sistema non fosse riformato e se l'onere del debito pubblico crescesse (=i rendimenti del debito pubblico potrebbero salire, perché i fondi pensione potrebbero andare all'estero, a meno di avere dei maggiori rendimenti interni), il sistema non reggerebbe. Le entrate fiscali verrebbero “mangiate” dalle pensioni e dagli oneri sul debito, e dunque non si potrebbero più pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici, a meno di alzare le imposte.

C'è però una via d'uscita, che sposterebbe nel tempo “la resa dei conti”. Eccola. Si vede che lo Stato ha spese crescenti e entrate meno “vispe”. Il debito pubblico è in larga misura a scadenza breve (=quella che costa meno) e perciò va frequentemente alle aste. Quest'anno, per esempio, è rinnovato un debito equivalente al 60% del PIL – un numero “mostruoso”. Se il debito che scade non venisse totalmente rinnovato alle aste per l'assenza di alcuni sottoscrittori – per esempio i fondi pensione che vanno all'estero –, ecco che interverrebbe la Banca Centrale del Giappone. Il fenomeno potrebbe ripetersi, e la Banca Centrale continuerebbe ad accumulare debito pubblico. Potremmo immaginare che la Banca Centrale renda al Tesoro le cedole e dunque che avremmo un debito crescente a costo zero. Avremmo alla fine un debito pubblico talmente grosso che la base fiscale non sarebbe più sufficiente a garantirlo. Ecco il costo: avremmo un Tesoro insolvente, e i titoli di stato che reggono solo perché sono rinnovati alle aste dalla Banca Centrale.