Invece di un mondo irenico votato agli scambi e organizzato in regimi di democrazia delegata – il sogno della fine degli anni Ottanta, quello della "fine della storia" – ne abbiamo uno - fuori dall'Occidente - dove dominano le autocrazie, con l'altro – interno all'Occidente – dove emergono i populismi.
Di seguito proviamo a scavare negli aspetti economici di questi due mondi. Nel primo domina il “capitalismo dei compari”, nel secondo la rendita immobiliare e la concentrazione dei settori in poche imprese. Come si vede, e al contrario del luogo comune sul prevalere del “libberismo”, siamo ben lontani da un regime liberale in politica e concorrenziale in economia.
1 – Quali rendite?
Si ha una rendita “naturale” ed una “sana”. La prima è quello delle terre agricole (in origine pensata da Ricardo). Man mano che cresce la domanda si coltivano delle terre meno produttive, ciò che avviene con dei prezzi che giustificano la loro messa a coltura. Ergo, le terre più produttive hanno dei ricavi (hanno gli stessi prezzi di quelle meno produttive) maggiori dei loro costi (hanno dei costi inferiori a quelli delle terre meno produttive), ossia hanno (un reddito come differenza fra ricavi e costi) una rendita. La seconda (in origine pensata da Schumpeter) è legata all'innovazione: chi innova per primo ha un sovra profitto che poi scompare perché il nuovo prodotto, il nuovo metodo di distribuzione, la nuova struttura produttiva, eccetera, sono imitati dalle imprese che innovano per seconde. I prezzi scendono per effetto della concorrenza, e così il sovra profitto (la rendita dell'imprenditore) scompare, mentre i frutti dell'innovazione si distribuiscono ai consumatori.
La rendita di cui si parla quando si discute di “crony capitalism” non è né quella “naturale” né quella “sana”, perché ha origine dalla protezione legale di cui usufruisce un comparto produttivo che diventa monopolista - come avveniva con i servizi telefoni e il trasporto ferroviario, oppure dalla protezione legale di cui usufruisce un comparto professionale - come possono essere i farmacisti, i tassisti, eccetera.
Più in generale possiamo definire rendita quel reddito che si forma a seguito di una scarsità, “naturale” come la terra, oppure “sana” come l'innovazione, oppure “artificiale” se si ha una protezione legale che da luogo a posizioni di monopolio.
Attenzione, la rendita non è un reddito di cui usufruiscono solo i proprietari di terre o di imprese, e, a cascata, i massimi dirigenti. La rendita si distribuisce anche in campo salariale. I dipendenti sindacalizzati dei monopoli sono protetti molto più dei dipendenti dei settori in libera concorrenza. Non solo i dipendenti sindacalizzati dei monopoli protetti hanno un reddito che in parte è una rendita, ma anche altri, dal momento che la rendita artificiale è diffusa. Grazie alla diffusione della rendita immobiliare abbiamo una buona spiegazione del perché i piccoli proprietari di immobili siano contrari alle imposte di successione (1).
2 – Nel merito delle rendite: il capitalismo dei compari
“Rendita” è quel reddito che si ottiene in assenza di una concorrenza significativa, con la concorrenza che è bloccata dal potere – politico e amministrativo - in essere. Il concetto di “rendita” differisce perciò dal concetto di “profitto”, così come definito da Schumpeter. Si ha profitto quando un'innovazione, generando un monopolio temporaneo, consente all'impresa che l'ha promossa di avere un reddito maggiore di quello che avrebbe mancando di un vantaggio competitivo. Nel corso del tempo l'innovazione è imitata e quindi il profitto (l'extra profitto) scompare. Perciò la “rendita” di cui parleremo discutendo del capitalismo dei compari è quell'extra profitto che si mantiene perché l'imitazione (ossia la concorrenza) non si palesa.
Il primo segnale che denuncia l'esistenza del capitalismo dei compari è dove un Paese di trova negli indici della corruzione e se la sua economia è dominata dalle industrie estrattive. In questo caso è frequente che ci sia collusione fra élite politiche ed economiche. In questo caso, infine, le élite portano la ricchezza cumulata fuori dal Paese verso i maggiori centri finanziari. Il secondo segnale è dove un Paese di trova negli indici di governo della legge. Se questi indicano un basso rating, allora un piccolo gruppo di persone può accumulare facilmente delle fortune che, di nuovo, non sono investite nel Paese, ma all'estero. Il terzo segnale è se un Paese esporta materie prime o prodotti industriali a basso valore aggiunto. Il quarto segnale è la misura dell'ineguaglianza di reddito, che è tanto maggiore, quanto minore è la libertà di competere fra le imprese.
I primi tre segnali sono quelli tipici dei Paesi in via di sviluppo, mentre il quarto segnale lo troviamo anche nei Paesi sviluppati. Negli Stati Uniti il capitalismo dei compari si sviluppa con i contributi alle campagne elettorali, con la forte pressione (lobbying) sui membri del Congresso e sugli organi di controllo della concorrenza, e, infine, con il passaggio (revolving door) fra gli incarichi di governo e quelli privati.
Va da sé che alcuni settori beneficiano più di altri nell'estrazione delle rendita in quanto regolati o legati all'intervento pubblico: la finanza, l'energia, le infrastrutture, il settore immobiliare.
Proviamo a misurare il fenomeno (4): a) Si prendono i patrimoni dei grandi ricchi - i multimilionari, b) si sommano i patrimoni quando hanno origine nei settori tipici del capitalismo dei compari, come definiti prima, e quando hanno origine negli altri settori, c) li si mettono in rapporto con il PIL del Paese d'origine della ricchezza, e d) si ottiene la classifica (vedi gli istogrammi).
Questa classifica non è un indice di corruzione, perché i multimilionari possono essere un tramite trasparente fra il privato ed il pubblico. La classifica è perciò un modo per osservare la concentrazione della ricchezza quando si abbia una concorrenza limitata o nulla.
I Paesi in via di Sviluppo sono quelli che mostrano la massima concentrazione della ricchezza che trae origine dai settori protetti. I multimilionari “da rendita” controllano, infatti, il 50% in media della ricchezza complessiva dei multimilionari dei rispettivi Paesi. Nel caso dei Paesi sviluppati la percentuale è modesta, in media pari al 15%. Il Paese con la massima concentrazione della “rendita” è la Russia, quello con la minore concentrazione è la Germania.
3 - Nel merito delle rendite: quella immobiliare in Occidente
Delle varie rendite “artificiali” (1) di seguito dibattiamo di quella immobiliare – il ragionamento è centrato sugli Stati Uniti, ma molte delle considerazioni hanno un valore generale.
Una volta, man mano che la popolazione di spostava verso le città, aumentava l'offerta di abitazioni. Alla maggior domanda corrispondeva una maggior offerta e dunque i prezzi degli immobili non esplodevano. Fra il 1950 e il 1970 i prezzi delle case - al netto dell'inflazione – erano cresciuti del 35 percento, mentre i costi di costruzione erano cresciuti del 28 percento. Dal 1970 al 2000, al contrario, i prezzi delle case sono cresciuti del 72 percento, mentre i costi di costruzione sono flessi del 3 per cento (2).
Che cosa spiega degli andamenti così diversi?
Il prezzo del terreno si può ricavare sottraendo al prezzo di vendita il costo di costruzione, oppure confrontando case simili che hanno lotti diversi, ossia che hanno un terreno annesso che può essere usato per costruire altri immobili, ma che sono situate in zone diverse dalle prime. I prezzi delle case calcolati nel primo modo (quelle grandi come il terreno) sono diverse volte maggiori dei prezzi delle seconde (quelle più piccole del terreno che sono in zone diverse). Dal che si arguisce che il prezzo di un immobile è dato a) dal costo di costruzione, b) dal valore del terreno, c) dal diritto di costruire.
L'elemento di maggior dinamismo dietro l'ascesa dei prezzi è il diritto di costruire, diritto che ha un valore tanto maggiore quanto maggiore è la restrizione dell'offerta di nuove permessi di costruzione (3), ciò che normalmente avviene nelle aree più ambite, che oggi sono le megalopoli. Le aree più ambite sono tali perché crescono più delle altre, perciò sono quelle che pagano i redditi maggiori, e, infine, sono quelle che hanno la dinamica dei prezzi (aiutati dalle succitate restrizioni all'offerta) degli immobili maggiore (4).
La dinamica dei prezzi degli immobili non è “innocente”, ossia non è un elemento tra gli altri che spiega la diseguaglianza crescente. Anzi. Si prenda la quota dei profitti – i redditi da capitale - nella ripartizione del reddito di più Paesi in un arco temporale molto lungo. I profitti son quelli netti – quelli cui sono sottratti gli ammortamenti, perché questi ultimi rimpiazzano il capitale in uso. Si vede allora che la quota dei profitti è crescente. Non fosse che i profitti d'impresa sono stabili, ossia non “mangiano” la quota dei salari, mentre crescono i profitti immobiliari – questi ultimi sono definiti come i redditi che riceve chi affitta e i redditi che non spende chi abita nella casa di proprietà (5).
1 - The policies in question are (a) subsidies for financial institutions that lead to too much risk-taking in both borrowing and lending; (b) excessive monopoly privileges granted under copyright and patent law; (c) the protection of incumbent service providers under occupational licensing; and (d) artificial housing scarcity created by land-use regulation. The first two are federal policies, the third is administered primarily by states, and the fourth occurs largely at the local level. Da Lindsey, Brink. The Captured Economy, Oxford University Press, 2017, p.32.
2 - Da Lindsey, Brink. The Captured Economy, p.111.
4 - Sulla diseguaglianza legata alla diversa dinamiche delle città, si veda AAVV, Globalizzazione Addio?, Guerini 2016, pagina 69 e seguenti, e pagina 88 e seguenti.
4 – Nel merito delle rendite: quella della concentrazione dei settori in poche imprese
Abbiamo uno snodo importante, non ancora emerso a sufficienza nel sistema mediatico. Un gruppo di imprese – soprattutto tecnologiche e soprattutto negli Stati Uniti – registra dei risultati di bilancio sempre maggiori. Questa dinamica concentra i settori tecnologici in poche imprese. Questa dinamica si manifesta anche in quelli non tecnologici, ma in maniera meno marcata. Ciò porta - con la riduzione della concorrenza - al diffondersi delle “rendite”, ossia dei redditi maggiori di quelli che si avrebbero se la concorrenza prevalesse. Gli effetti di questo andamento, ormai consolidato, sono: a) una minor dinamicità dell'economia – le imprese una volta che riescono a conquistare un semi-monopolio tendono a non investire come prima, b) una maggiore diseguaglianza – i profitti crescono molto più dei salari, e c) una minor legittimità del Capitalismo - per effetto della minor mobilità sociale.
L'analisi si trova qui:
-- The Economist, The Next Capitalist Revolution, Novembre 2018, a pagina 11 e poi da pagina 43.
E qui:
-- F. Diez, D. Leigh, S. Tambunlertchai, Global Market Power and its Macroeconomic Implication, IMF Working Paper, Giugno 2018.
5 – Populismo ed economia
E' opinione prevalente che il Populismo “faccia del male” all'economia, soprattutto a quella finanziaria. Per due ragioni.
- La prima. Le polemiche in corso nascondono una contrapposizione profonda, quella fra il popolo dei cittadini e il popolo dei creditori – Staatvolk e Marktvolk (1). Il popolo dei cittadini è nazionale, quello dei creditori è internazionale; i creditori “votano” ogni giorno attraverso i mercati definendo il rischio del debito pubblico, i cittadini votano ogni cinque anni definendo le forze al governo. I primi sono interessati ai servizi dello Stato Sociale e non danno peso al meccanismo del loro finanziamento, i secondi sono interessati alla credibilità degli impegni finanziari e non badano alla legittimità politica. Lo Staatvolk non ha degli interessi finanziari – sono in maggioranza "poveri" e quindi , al contrario dei "ricchi", posseggono solo immobili – i cui prezzi non si formano nel continuo - ma non attività finanziarie – i cui prezzi si formano nel continuo. Sono quindi poco informati. Si spiega così la crescita o la tenuta nei sondaggi dei populisti, anche in presenza di perdite in campo finanziario dovute alle politiche messe in atto proprio da loro.
- La seconda non è altro che la prima “storicizzata”. I partiti tedeschi e austriaci – popolari e socialdemocratici – volevano negli anni Trenta proteggere il popolo dalla concorrenza che veniva dal basso, quella degli slavi. Volevano difendere il popolo anche dagli ebrei che però venivano dall'alto, dall'imprenditoria, dalla finanza, e dal giornalismo. Nel primo caso era una difesa del tenore di vita del popolo, nel secondo dalla Modernità che era (ed è) in conflitto con i costumi secolari. Gli slavi di ieri sono gli africani di oggi, mentre gli ebrei di ieri sono le élite cosmopolite e autoreferenziali di oggi che vivono nelle metropoli. Oggigiorno la maggioranza di chi vive in provincia ha votato per Brexit, per Trump, per Le Pen. L'Italia, infine, ha la “questione meridionale”. Napoleone III, accusato di esercitare un potere antidemocratico, sosteneva che lui era stato eletto dal popolo, mentre chi lo attaccava - la finanza e il giornalismo - aveva sì un gran potere, ma non era mai stata eletto (2). Un schema polemico risorto fra le due grandi guerre, e che riemerge oggi seppur in versione meno cruda (3).
Il Populismo non si spiega in modo meccanicistico: crisi-->disaffezione delle masse. C'è dell'altro.
- Il sistema di mercato si appella alla razionalità, supposta capace di definire il miglior interesse personale. Chiamiamo la sfera dell'agire del sistema di mercato Sistema II, laddove si arriva ad una decisione attraverso l'analisi dei costi e dei benefici. Esiste un'altra sfera, dove si ha l'agire intuitivo, che è mosso dal panico, dall'euforia, eccetera. Chiamiamo la sfera dell'agire fuori dalle logiche di mercato Sistema I. Nel Sistema II solo i risultati individuali sono premiati. Non si ha riguardo se i risultati siano “giusti” o meno. Ed ecco che entra in azione il Sistema I che, invece, vuole i risultati “giusti” (4). Si ha così la discrepanza di fondo fra “merito” e “destino” (5). Chi ha ottenuto dei risultati pensa di averli meritatamente guadagnati, chi non li ha avuti pensa che alberghi un'ingiustizia.
1 - Wolfgang Streeck, Buying Time, Verso, 2017
2 - Pierre Rosanvallon, Le bon gouvernement, Edition du Seuil, 2015.
3 - Anche in passato il “liberismo” - non ancora “neo” - era stato sotto accusa, nella forma del complotto “giudo-pluto-massonico”. Oggi si può sorridere, ma, attenzione, si ha anche la versione colta. Le potenze marittime (anglosassoni) vogliono imporsi su quelle telluriche (Europa continentale). Il mare sostituisce la terra, la nave la casa. Si ha lo sradicamento. Gli Ebrei, come portatori storici dello sradicamento, diventano il nemico “metafisico”. L'ultimo stadio dello sradicamento è l'Aria, che può essere immaginata come la figura della globalizzazione. Essa è ovunque e inibisce ogni identità. Da Carl Schmitt, Stato, Grande Spazio, Nomos, Adelphi, 2015.
4 - Paul De Grauwe, The Limits of the Market, Oxford, 2017, da pag 14.
5 - Max Weber, Economia e Società, Vol. II, Parte Seconda, Edizioni di Comunità, 1974, capitolo 8: “Il problema della Teodicea”.
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