Avevamo scritto molto sull'economista francese che ha pubblicato Le Capitale au XXIe siécle, libro che è stato lo scorso anno al centro del dibattito internazionale. La ragione del successo è che offre una panoramica dell'andamento dei redditi e della ricchezza su due secoli. Laddove si evince che la dinamica di lungo termine è la persistenza di una diseguaglianza elevata, che è si è ridotta dalla fine della Prima Guerra fino agli Settanta, ma che ora sta riprendendo.
In breve (1), si ha una polarizzazione dei redditi da lavoro super pagato e dei patrimoni che spingono nella direzione di una società “neo-signorile”. Questa dinamica preoccupa molto gli statunitensi, soprattutto quando sono “liberal”. C'è, infatti, molta differenza fra una società “ereditaria” - come quella europea di una volta – ed una di “merito” - come sono gli Stati Uniti almeno nella loro narrazione: una società senza classi, perché gli individui salgono e scendono nella scala sociale in base al lavoro, che approssima il merito. La preoccupazione dei liberal è che viene meno la “legittimità” del modello statunitense. Se le differenze sociali fossero il misterioso frutto della “volontà divina”, ecco che forse si potrebbe accettare di avere una posizione sociale “ingessata”. Ma se le differenze sociali oggigiorno si accettano solo se sono differenze di merito, ecco che diventano illegittime le differenze che si formano per ereditarietà.
Ebbene, c'è chi ultimamente è entrato nel merito dei numeri (2). Si prende la quota dei profitti – i redditi da capitale - nella ripartizione del reddito di più Paesi in un arco temporale molto lungo. I profitti son quelli netti – quelli cui sono sottratti gli ammortamenti, perché questi ultimi rimpiazzano il capitale in uso. Si vede che la quota dei profitti è crescente, ciò che darebbe ragione a Piketty. Non fosse che i profitti d'impresa sono stabili, mentre crescono i profitti immobiliari – questi ultimi sono i redditi che riceve chi affitta e i redditi che non spende chi abita nella casa di proprietà. I profitti immobiliari sono però molto diffusi. Ergo, la diseguaglianza è meno marcata di quanto possa emergere dai conti di Piketty.
(2) http://www.brookings.edu/about/projects/bpea/papers/2015/land-prices-evolution-capitals-share
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