È così importante la diseguaglianza? Se tutti hanno le stesse opportunità in partenza, si ha chi, alla fine della corsa, ha ottenuto di più e chi di meno ma solo per impegno e fortuna. In questo primo caso chi contesta la diseguaglianza contesta il risultato altrui ed il proprio.Se, al contrario, non si hanno le stesse opportunità, allora chi ha ottenuto di più - comunque  sempre per merito e fortuna - è partito favorito, e chi ha ottenuto di meno è partito sfavorito. In questo secondo caso chi contesta la diseguaglianza non dovrebbe come prima avere come obiettivo il risultato finale, ma la mancanza di eguaglianza nelle opportunità di partenza.

Come misurare quanto fin qui affermato? Come possiamo misurare l’eguaglianza delle opportunità? Come possiamo misurare la diseguaglianza nel suo rapporto con la diseguaglianza delle opportunità?

Si può misurare l’eguaglianza delle opportunità come correlazione fra il reddito dei genitori e quello dei figli. In una società perfettamente mobile - i.e. una società dove l’eguaglianza delle opportunità è nella disponibilità di tutti - la correlazione è pari a zero. In una società perfettamente immobile - i.e. una società dove l’eguaglianza delle opportunità non è in alcun modo nella disponibilità di tutti - la correlazione è pari a uno. La correlazione effettiva sta, come è ovvio, fra i due estremi. Essa è intorno a 0,5 in Italia e negli Stati Uniti, intorno a 0,35 in Francia e Germania, ed è ancora inferiore nei Paesi scandinavi.

La distribuzione del reddito è misurata con l’indice di Gini. Quando il suo valore è pari zero tutti hanno lo stesso reddito. Quando il suo valore è pari a uno tutto il reddito è di una sola persona. L’indice di Gini effettivo, come ovvio, è fra i due estremi, ed è intorno a 0,4 in Italia e negli Stati Uniti, intorno a 0,3 in Francia e Germania, ed è ancora inferiore nei Paesi scandinavi.

Si osserva, mettendo insieme tutti numeri richiamati, che tanto maggiore è la vicinanza fra il reddito della famiglia e quello dei figli, tanto maggiore è la diseguaglianza, e viceversa. Altrimenti detto, quando si hanno meno opportunità ai nastri di partenza, si ha più diseguaglianza. Nel merito, ecco il link:

https://milescorak.files.wordpress.com/2012/01/inequality-from-generation-to-generation-the-united-states-in-comparison-v3.pdf

L’argomentazione che contesta quanto importante sia la diseguaglianza relativa usa lo ’”Ottimo di Pareto”. Se aumenta il reddito di chi in partenza ha un reddito maggiore, mentre non peggiora quello di chi in partenza ha un reddito minore, allora chi ha meno in partenza non è assolutamente, ma solo relativamente, penalizzato. La contestazione di chi ha avuto un reddito invariato avrebbe allora origine nel risentimento.

Finora abbiamo discusso la diseguaglianza come se al mondo ci fosse una sola variabile, il reddito, che per di più è immaginato come indipendente dalle altre attività umane e dalle altre misure che si possono usare.

Mette conto ricordare come il tenore di vita sia migliorato e pure in maniera violenta nel corso tempo. Intorno al 1875 la speranza di vita alla nascita - un’ottima approssimazione della dinamica delle condizioni sanitarie, alimentari, e dunque del tenore di vita - era in Inghilterra e Galles di 40 anni, in Italia di 25. Intorno al 1930 era di quasi 60 nel primo caso e di 50 nel secondo. Oggi è per tutti intorno agli 80. In Italia la speranza di vita è triplicata, mentre in Inghilterra e Galles, che nel XIX secolo, combinate con la Scozia, erano il Paese più ricco, è raddoppiata, e tutto questo solo in un secolo e mezzo.

P.S. Il suesposto ragionamento ha svaligiato le argomentazioni di Angus Deaton, The Great Escape, Health, Wealth, and the Origin of Inequality, Princeton University Press, 2015, da pagina 206.