Quarant’anni fa mi trovai a stipulare un mutuo da rimborsarsi in rate semestrali e il funzionario di banca mi disse: «Il tasso è 8% semestrale (altri tempi: l’inflazione era circa del 20%), lei ben sa come calcolare quello annuale».
Io lo sapevo e lo so, ma quanti nostri concittadini al momento di accendere un mutuo o di fare un investimento sono in grado di capire cos’è, e valutare l’interesse composto ? Non richiede questo alcuna profonda competenza matematica : le potenze e le progressioni geometriche si imparano (o solo si insegnano?) alle medie, ma quasi certamente senza mostrare la ovvia applicazione al calcolo dell'interesse composto. Quindi presto dimenticate con quel che segue.
La scarsa cultura matematica, che si risolve in una forte antipatia per valutazioni quantitative, impedisce di trarre da informazioni relative al rischio di certe operazioni un, sia pur soggettivo, valore probabilistico da assegnare al successo dell’operazione stessa. L’aggettivo soggettivo non sminuisce affatto la valutazione da farsi: ricordiamo qui che il più famoso probabilista italiano, Bruno de Finetti, basava la sua visione della teoria delle probabilità proprio sulla valutazione soggettiva delle informazioni, purché coerente con la logica di quelle che potremmo chiamare alla Boole, leggi del pensiero.
Nel caso delle banche che in questi giorni riempie i quotidiani e i vari talk-show televisivi, abbiamo visto che, grazie a varie regolamentazioni, si cerca di ovviare (o si finge di credere di poter ovviare) a quaste difficoltà sommergendo il potenziale investitore sotto un cumulo di informazioni (abbiamo tutti sentito parlare di prospetti di 80 pagine) che in realtà aumentano la difficoltà di valutazione : prima di pesare le informazioni è necessario eliminare tutte quelle che hanno scarsissima influenza sulla questione. Ma questo è esattamente quello che dovrebbe insegnare una formazione scientifica, sia pur di base: discernere fra i fatti importanti e il rumore di fondo.
La scarsa propensione ad una lettura critica di notizie di carattere statistico-probabilistico crea periodicamente timori non giustificati. La recente querelle relativa al consumo di carne rossa ne è un esempio. E anche quando la probabilista Sandra Fortini in una lettera al Corriere della Sera (30 ottobre 2015) ha chiarito quantitativamente quale è il rischio di contrarre il cancro - riducendo il consumo di 50 grammi al giorno, in Italia si passerebbe dal 2,7% attuale al 2,4% nell’arco di tutta la vita (tra 0 e 84 anni) - questa riflessione non è stata poi riportata col rilievo che meritava.
E per terminare, l’uso di un linguaggio preciso, tipico delle scienze e della matematica in particolare, sarebbe molto auspicabile. Perché parlare di crescita negativa del PIL ? La si chiami correttamente decrescita. Fino ad un articolo su di un giornale autorevole, dove, parlando della possibile deflazione, venive ripetuto «si arriverà a prezzi negativi». Voglio credere che l’autore avesse in mente «derivata dei prezzi negativa», cioè deflazione, ma cosa può aver capito il lettore medio di scarsa cultura matematica o, addirittura, di orgogliosa ignoranza matematica ?
(*) professore di matematica all'Università di Milano
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