La vittoria stentata dei democristiani tedeschi e il forte calo dei socialdemocratici – i grandi partiti della Germania del secondo dopo guerra, insieme al protagonismo del presidente francese - leader di un partito appena nato, occupano i commenti dei media. La Germania è vista in declino relativo, e la Francia, al contrario, in ascesa relativa (1). Nel mondo guidato dai leader e non dai processi storici abbiamo che la Germania è la Merkel e la Francia è Macron, i quali fanno e disfano. Un punto di vista diverso – la storia al posto dei leader - lo si ricava dallo studio delle differenze fra i due paesi, che ri-proponiamo (2). La conclusione è che non sarà facile trovare una convergenza.

La contrapposizione fra l'“austerità” - voluta dalla Germania e dai Paesi del Nord Europa - e la “flessibilità” - voluta dalla Francia e dai Paesi del Sud - non è sorta durante la crisi recente. La contrapposizione nel campo della politica economica fra Francia e Germania ha origine nell'ormai lontano secondo dopoguerra, come elaborazione della tragedia che si era appena conclusa. La portata di queste divergenze è rimasta nascosta durante i primi tre decenni di euforia che si sono avuti dopo la guerra – i “Trenta gloriosi” di crescita ininterrotta. Anche a seguito degli accordi di Maastricht dei primi anni Novanta – quelli sui vincoli di deficit e di debito - la contrapposizione non si era palesata, perché non stava accadendo nulla di grave. Invece è emersa con la crisi finanziaria.

Prima della Seconda guerra mondiale, e per tutto il secolo precedente, la Francia era stata - nonostante la tradizione di uno Stato molto accentrato - un Paese “mercatista”. Prima della Seconda guerra mondiale, e per tutto il secolo precedente, la Germania era stata, invece, un Paese “dirigista”, raggiungendo livelli estremi di intervento statale nel periodo nazista. Oggi è il contrario, i ruoli si sono invertiti. La sconfitta nella guerra spinge i francesi nella direzione dell'intervento pubblico, quindi verso il “dirigismo”, visto come il demiurgo di uno Stato forte, a sua volta concepito come uno strumento per non perdere più le guerre con la Germania (tre in meno di un secolo: 1870, 1914, 1940). Al contrario, l'esperienza della sconfitta totale del nazismo spinge i tedeschi verso la delimitazione dell'intervento pubblico, proprio per impedire la formazione di uno Stato forte, che, nel loro caso, era diventato ultra-totalitario. Il “mercatismo” in Germania si era avvalso anche della spinta delle autorità statunitensi desiderose di denazificare e decartellizzare l'economia tedesca ai tempi dell'occupazione.

Il dirigismo francese e il mercatismo tedesco nascono dunque come conseguenza della guerra. Vediamone le articolazioni. La Francia persegue lo sviluppo dei suoi “campioni nazionali”, le grandi imprese che competono nel mondo, mentre la Germania, che pure ha i suoi campioni nazionali, incoraggia anche lo sviluppo delle piccole e medie imprese concentrate nel Sud-Ovest germanico, parte di un'Europa che include per le caratteristiche economiche simili anche la Svizzera e il Nord Italia. In Francia i sindacati sono molto conflittuali, mentre in Germania sono collaborativi, dopo essere stati estremamente conflittuali fra le due guerre. Di nuovo, l'esperienza di Weimar e lo shock del nazismo hanno spinto i tedeschi verso la ricerca della pace sociale. Le imprese tedesche con più di duemila dipendenti hanno – fin dal lontano 1952 - i lavoratori rappresentati con la metà dei consiglieri.

Per la Francia le regole sono soggette al processo politico e possono essere rinegoziate. Per la Germania le regole “sono regole”: se si sa che sono negoziabili nessuno le rispetterà fin dall'inizio. Per la Francia limitare la libertà di movimento dei governi – come quella di indebitarsi - è antidemocratico. Per la Germania forse lo è rispetto alle generazioni in vita, ma è certamente antidemocratico indebitarsi quando il costo del debito sarà scaricato sulle generazioni future, che oggi non possono votare. Per la Francia un costo elevato del debito pubblico, frutto di rendimenti molto alti richiesti in sede di sottoscrizione, se la sciato sedimentare “perché il mercato lo vuole”, può inibire la crescita di un Paese. Per la Germania a guardare troppo il presente – nel caso un elevato e ingiustificato rendimento richiesto per sottoscrivere il debito pubblico – si perde di vista il futuro. Il futuro deve emergere come “coscienza” dei mercati, come una responsabilità, e dunque non come il frutto degli interventi delle autorità.

Le contrapposizioni fra Francia e Germania sono presenti anche nel dibattito italiano, dove i “francesi” vogliono più spesa pubblica, e i “tedeschi” i bilanci pubblici in ordine. Non abbiamo in Italia chi vuole come i francesi il dirigismo come politica di potenza, ma come strumento per mantenere una qualche sovranità. Non abbiamo più, come i tedeschi, molti campioni nazionali, ma abbiamo moltissime piccole e medie imprese, molte delle quali integrate nel mercato e nel modello produttivo dell'area tedesca.

 

1 - https://www.economist.com/news/leaders/21729743-dynamic-emmanuel-macron-and-diminished-angela-merkel-point-new-order-europe

2 - “The Euro and the Battle of Ideas” di Markus Brunnermeier, Harold James, Jean-Pierre Landau, 2016, Princeton University Press.

Sugli eroi "negativi", i.e. quelli che guidano i complotti: 

http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/4653-alla-ricerca-di-ordine-i-complotti-2.html