George Soros è uno dei tycoon più filantropi del mondo, le sue cause non restano in qualche documento buono per salotti allargati, ma diventano rivoluzioni – soprattutto nell’est Europa (come in Georgia e in Ucraina) sulle cui vicende il magnate è molto sensibile, essendo nato in Ungheria nel 1930.

Ora ha appena pubblicato un libro sull’Europa – “The tragedy of the European Union” (1) – in cui parla, con ampi riferimenti personali, delle radici del progetto europeo e di come si può fare per salvarlo, e ovviamente sta facendo molto discutere in vista del voto alle europee. Soprattutto piace perché è contro l’austerità della cancelliera tedesca Angela Merkel, e in ambiente liberal trovare nuove argomentazioni sul tema è sempre una cosa giusta – con buona pace per quel che Soros fece alla sterlina britannica nel 1992, in quello che è comunemente chiamato “mercoledì nero” e che portò al “breaking” della Banca centrale inglese (2).

Soros ha sostenuto l’avventura obamiana e anche se le malelingue dicono che il presidente americano lo trovi di una noia insostenibile, ha fatto di tutto per assecondare e costruire l’agenda liberal di Washington. E’ stato tra i primi ad accodarsi a Warren Buffett quando i ricchi hanno deciso e di pagare tasse più alte (volontariamente, come vorrebbe anche l’economista francese Thomas Piketty) per sostenere la proposta obamiana e per dare a Occupy Wall Street diritto d’esistenza. Questa propensione è servita molto per dare a quelli che sono i “finanziatori di Obama” una caratura morale che ai finanziatori dei repubblicani, almeno sui media, non viene mai riconosciuta.

Kenneth Vogel ha scritto su Politico un articolo informato e divertente (3) su quel che è accaduto a un meeting della Democracy Alliance, il gruppo che coordina le azioni dei finanziatori liberal in relazione alle iniziative politiche dell’Amministrazione. Laddove fondamentalmente si dice: creiamo un sistema in cui le persone “come noi” siano tassate in modo più corposo. I finanziatori repubblicani invece, considerano le spese per la politica come una “spesa di business”, e quindi vogliono vedere un ritorno dal loro investimento, a differenza dei democratici che, detto in termini un po’ grezzi, vogliono cambiare il mondo.

La superiorità morale dei democratici è così comprovata. Ma si sa che i soldi e la politica non sono un business a somma zero, si dà e si pretende in cambio, e anche il pagare le tasse sulla ricchezza diventa parte di un progetto che riguarda sì il sistema, ma anche i propri interessi. E’ il motivo per cui lo stesso Soros lanciò nel 2011, quando ancora l’Amministrazione Obama non doveva giustificarsi sulle politiche relative all’ambiente, un fondo che si occupava di energia verde, che come si sa è un settore in cui piovono sussidi governativi (Soros mise a capo del fondo Cathy Zoi, una fedelissima del re dell’ambientalismo Al Gore, nonché allora dipendente del ministero dell’Energia obamiano).

Il cambiamento del sistema mettendosi in prima persona, come fa Soros, sta diventando una strategia ben più evoluta: alle elezioni di mid-term i democratici rischiano di perdere anche il Senato, e soprattutto sono convinti di non aver fatto abbastanza per contrastare l’avanzata dei Tea Party. Come ha raccontato il Washington Post (4), la Democracy Alliance non vuole soltanto far parlare tra loro i finanziatori liberal, ma anche farli diventare una forza nuova in grado di determinare le sorti del partito Democratico: si pagano 200 mila dollari l’anno per contribuire alle associazioni legate all’Alleanza e portare avanti i propri interessi. Non proprio una tassa che poi promuove redistribuzione e eguaglianza, ma un modo per promuovere un programma politico che sembra un po’ spento.

  1. http://www.amazon.co.uk/Tragedy-European-Union-Disintegration-Revival/dp/1610394216/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1399886623&sr=8-1&keywords=soros

  2. http://www.theguardian.com/business/2012/sep/13/black-wednesday-20-years-pound-erm

  3. http://www.politico.com/story/2014/04/big-donor-secrecy-campaigns-fundraising-democrats-106186.html

  4. http://www.washingtonpost.com/politics/liberal-donors-eye-new-long-term-investments-in-states-and-new-voters-to-boost-democrats/2014/05/04/0433e53a-d20f-11e3-9e25-188ebe1fa93b_story.html