Molti vedono il ritorno dell’inflazione, con gli indici che variano sopra il 3% in Gran Bretagna. Molti pensano che, per questo motivo, i tassi di interesse praticati dalla banca centrale possano variare. Precisamente, che possano salire per frenare l’economia – e quindi fermare una maggiore inflazione – prima che «sia troppo tardi». Prima cioè che prenda piede l’idea che i prezzi in futuro non potranno che salire a passo spedito.


Intanto, i numeri. Secondo il modello econometrico della Banca d’Inghilterra, un rialzo dell’1% del tasso di interesse, se mantenuto per un anno, produce questi effetti rispetto all’andamento tendenziale dell’economia: 1) l’economia frena dello 0,3% dopo sei mesi, 2) l’occupazione scende dello 0,1% dopo dodici mesi, 3) l’inflazione si riduce dello 0,3% dopo diciotto mesi. Al raggiungimento di questi numeri, gli effetti del rialzo si spengono. Sono risultati modesti per un rialzo dell’1%. Allora la reazione che si è avuta sui mercati finanziari non si spiega se non seguendo questo ragionamento: l’eventuale variazione dell’1% dei tassi non sarebbe che l’inizio di un ciclo di rialzo dei medesimi (1). Se, alla fine, il rialzo fosse del 3% – un numero simile a quello dell’inflazione – i numeri prima esposti andrebbero moltiplicati per tre. Perciò, una minor crescita dell’economia di quasi l’1% rispetto a quanto essa crescerebbe altrimenti.

Una variazione di questo tenore comincerebbe a pesare soprattutto quando, come in Gran Bretagna, siano state varate politiche fiscali restrittive, legate all’obiettivo di fermare la forte crescita del debito pubblico. Si stima che la politica fiscale restrittiva possa frenare dopo due anni la crescita di quasi il 3% rispetto alla crescita che si sarebbe altrimenti avuta (2). Sommando una politica monetaria restrittiva – il rialzo dei tassi fino al 3% – a quella fiscale che taglia le spese e alza le entrate, si arriva a una minor crescita finale di quasi un 4% rispetto a quella che si sarebbe avuta. (Un 1% da politica monetaria e un 3% da quella fiscale). Non poco.


La crescita improvvisa dell’inflazione è oggi legata alla crescita dei prezzi delle materie prime. Potrebbe dunque essere ignorata, se si pensa che i prezzi delle materie prime prima o poi fletteranno. Peccato però che la crescita dei prezzi, escludendo le materie prime, sia costante. Essa è passata dall’1,5% in ragione annua del 2007 al 2,5% di oggi.

Insomma, l’idea che il denaro che costa nulla, mentre si stringe il deficit pubblico, sia il percorso più probabile per uscire dalla crisi, comincia in Gran Bretagna a essere vista con scetticismo. Ma le cose non sono molto diverse in Europa.

(1) http://www.investorschronicle.co.uk/Columnists/ChrisDillow/article/20110121/93f696dc-255a-11e0-ad76-00144f2af8e8/Interest-rates-the-stakes.jsp

(2) http://blogs.ft.com/gavyndavies/2011/01/18/low-uk-interest-rates-are-a-key-part-of-plan-a/