Da un lato abbiamo un flusso regolare di acquisti di obbligazioni. Flusso che continua nonostante i rendimenti siano compressi. Dall'altro abbiamo un flusso altalenante di acquisti e di vendite di azioni, nonostante queste ultime siano care. In sostanza non abbiamo ancora una direzione – laddove prevalgono le obbligazioni, oppure le azioni.
Perché le obbligazioni sono acquistate nonostante i rendimenti nulli nelle scadenze brevi e molto compressi in quelle lunghe – i rendimenti decennali vanno dal 1,5% della Germania, al 2,5% degli Stati Uniti, al 3% dell'Italia? Chi le acquista pensa che in futuro avremo un crescita bassa – intorno al 1,5% - con un'inflazione compressa – intorno al 1,5%. Perciò i rendimenti sono modesti, ma anche il rischio di perdite significative lo è. Perché mai? Il rialzo dei rendimenti dovrebbe essere modesto. Secondo il Fondo Monetario (1) il rendimento reale medio dovrebbe tendere verso il 1,5%, perciò, aggiungendo l'inflazione del 1,5%, si avrebbe un rendimento che tende al 3%. La perdita in questo caso sarebbe per i titoli della Germania – per una durata finanziaria di dieci anni – pari al 15%, per gli Stati Uniti del 5%, per l'Italia 0%.
Perdite di questo tenore sono inferiori alle perdite che si avrebbero in campo azionario se la ripresa non partisse in maniera significativa. I prezzi delle azioni rispetto al media mobile degli ultimi dieci anni sono negli Stati Uniti a dei livelli elevati. In passato da questi livelli si è avuta una correzione. In più negli Stati Uniti, che come mercato più liquido e trasparente guida alla fine tutti gli altri, si ha un'influenza della politica monetaria ultra espansiva sui prezzi di borsa e degli acquisti di azioni proprie da parte delle imprese. Insomma, abbiamo un mercato dove si hanno due agenti di domanda che si comportano in maniera anomala (2).
Le azioni stentano a salire ed alla fine possono pure flettere, mentre le obbligazioni hanno dei prezzi elevati perché agiscono da rifugio, anche se hanno un rischio di perdita in conto capitale. Perdita che è immaginata come inferiore a quella delle azioni.
Nell'euro area potremmo – a giudicare dalle ultime dichiarazioni - avere una politica monetaria ultra espansiva per un tempo maggiore rispetto a quella statunitense. Perciò in Europa – dove peraltro le azioni sono meno care – potremmo avere un sostegno ai corsi delle azioni maggiore. Al margine le azioni europee sono più attraenti di quelle statunitensi, anche se il passo della crescita dei loro utili lascia perplessi (3).
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