Nella lunghissima crisi economica nell’Unione Monetaria Europea, anche le poche buone notizie passano inosservate. Uno dei punti deboli della moneta unica evidenziati negli scorsi anni è stato il legame tra debito pubblico e bilanci delle banche: al deteriorarsi del merito di credito del primo, i bilanci delle banche che detenevano quei titoli sono entrati in sofferenza, rendendo in molti casi necessario un intervento pubblico per salvare le banche stesse dal fallimento.
A loro volta, l’aumento delle passività degli stati dovuto a queste nazionalizzazioni ha aumentato il debito pubblico, riducendo ulteriormente il merito di credito dei paesi e spingendo a politiche fiscali restrittive volte a ridurre lo sbilancio nei conti pubblici. Gli esempi sono molti: tra di essi quattro banche irlandesi e la franco-belga Dexia. Il problema si è presentato anche fuori dall’Unione Monetaria, come nel caso del Regno Unito che ha dovuto nazionalizzare Royal Bank of Scotland e Lloyds TSB.
Per ovviare a questo problema le istituzioni dell’Unione Europea hanno costruito nuovi strumenti tra cui l’Unione bancaria, un accordo volto a centralizzare presso la Banca Centrale Europea il controllo della solvibilità delle banche principali e il Single Resolution Mechanism con l’obiettivo di separare il salvataggio delle banche dal bilancio pubblico dei singoli stati.
Dopo aver annunciato perdite per 3,6 miliardi di euro, nel mese di luglio è stato deciso il salvataggio del Banco Espirito Santo, una delle principali banche portoghesi, in possesso di una quota rilevante del francese Credit Agricole e da esso partecipato. Il salvataggio non prevede direttamente l’uso di soldi pubblici. In primo luogo, le perdite saranno coperte dagli azionisti e dagli obbligazionisti junior del Banco (il cosiddetto bail-in dei privati, contrapposto al bail-out da parte dello stato). Inoltre, la Banca viene divisa in due: una parte sana ed una malata.
La prima verrà ricapitalizzata per 4,9 miliardi di euro da parte del Portuguese Resolution Fund, che attualmente non ha tutti i fondi necessari e quindi otterrà un prestito di 4,4 miliardi di euro da parte del governo portoghese, che a sua volta otterrà il capitale dal fondo che Fondo Monetario Internazionale e Unione Europea hanno realizzato per finanziare questi interventi. La seconda verrà liquidata e con le risorse eventualmente raccolte alla fine di questo processo azionisti ed obbligazionisti che ora vedono fortemente svalutati i loro asset potranno ritornare in possesso di parte del loro investimento.
L’aspetto positivo è che si è riusciti a neutralizzare in tempi rapidi un possibile nuovo focolaio di crisi in uno dei paesi più colpiti dalla recessione e già oggetto di un intervento della Troika. Inoltre si sarebbe potuto diffondere il panico sui titoli bancari europei, già duramente provati negli anni. Nel medio periodo non mancano le incertezze: gli obbligazionisti senior sono stati salvati e verranno rimborsati in seguito, quando la nuova banca sana sarà ceduta sul mercato. Il rischio è che i proventi della vendita non saranno in grado di soddisfare sia loro che lo stato portoghese che dovrà ripagare il prestito che ha acceso per capitalizzare la banca e quindi i contribuenti portoghesi si dovranno fare carico del salvataggio. Tuttavia, per una volta, sembra di poter dire che le riforme lentamente implementate negli ultimi anni stanno cominciando ad avere effetti positivi.
© Riproduzione riservata