Israele ha approvato il budget (1) in mezzo alle proteste e a una prospettiva economica non proprio esaltante. Nonostante una performance sopra la media durante gli anni della crisi finanziaria, anche lo stato ebraico ha pagato l’instabilità politica e la congiuntura negativa, soprattutto determinata dalla crisi dell’euro, visto che Israele intrattiene intese relazioni commerciali con il continente europeo.
La manovra prevede tagli per 7 miliardi di dollari tra l’agosto del 2013 e la fine del 2014 e un (quasi) contestuale aumento delle tasse, a partire da gennaio, con un’entrata prevista di circa 4 miliardi di dollari in un anno. Domenica ci sono state manifestazioni in tutto il paese, soprattutto a Tel Aviv contro l’austerità (2), un classico per noi europei ma una sorpresa invece per gli israeliani, anche perché c’erano molti politici della Knesset, il Parlamento d’Israele, in piazza: primo avvertimento di una battaglia che si consumerà a palazzo entro breve.
Il bersaglio della protesta è il ministro delle Finanze, quel Yair Lapid che costretto il premier Netanyahu a settimane di negoziati e infine a nominarlo in uno dei dicasteri più importanti. Lapid è un volto nuovo della politica israeliana, anche se in realtà lo conoscono tutti: è un famoso anchorman, di bell’aspetto e dall’oratoria molto spontanea, nonché un laico, in un paese che secondo gli esperti tende verso una maggior attenzione alla religione nella vita pubblica. Fare il ministro delle Finanze però non risparmia nemmeno i personaggi più popolari, e così anche con Lapid la luna di miele è finita in fretta ed è iniziata la lotta sui numeri e sulle ricette economiche da applicare.
Mentre alcuni sostengono che Lapid sta preparandosi per succedere allo stesso Netanyahu nel giro di due anni (3), lui ha voluto e imposto una dottrina d’austerità che di certo non aumenterà i consensi. Lo farà però apprezzare dalle parti della Banca centrale d’Israele, guidata da Stanley Fischer, uno dei banchieri centrali più rispettati al mondo: da tempo Fischer insiste con gli interlocutori politici per una maggiore responsabilità fiscale, per chiudere quel buco di bilancio che si è aperto anche in Israele e che non sembra chiudersi.
Per aiutare l’economia a rafforzarsi, ed evitare incursioni speculative dannose, Fischer ha anche – a sorpresa – tagliato il tasso d’interesse di riferimento portandolo al livello più basso degli ultimi tre anni e ha ricominciato a comprare dollari, cosa che non faceva dal 2011, per limitare l’apprezzamento della valuta nazionale, lo shekel (4). L’obiettivo è di comprare 2,1 miliardi di dollari entro l’anno, per calmierare l’effetto della vendita di gas, che è iniziata ad aprile ed è destinata a cambiare gli equilibri, soprattutto geopolitici, della regione. Fisher s’era sempre opposto al taglio dei tassi, ma secondo gli esperti non aveva più tanta scelta, e così si è inserito in quella corrente “easing” che ormai spopola tra i banchieri centrali del mondo.
Lapid intanto festeggia l’accordo raggiunto sul budget, dice che sta iniziando una nuova era per Israele, accetta che i tagli alla difesa siano inferiori a quelli previsti, mette a tacere i regliosi dello Shas che dicono che questo governo voleva tagliare i fondi alle scuole ortodosse e si prepara alla battaglia alla Knesset. Dicono che non sarà facile, dicono che il testo che infine sarà approvato sarà ben diverso da questo. Dicono soprattutto che Lapid dovrà scendere a patti con la realtà, con la popolarità in calo, mentre Netanyahu torna a un’attività cui si deve dedicare da anni: difendere sua moglie Sara dall’odio mediatico, con tanto di note spese contestate.
(1) http://www.jpost.com/Defense/Cabinet-handily-passes-2013-2014-state-budget-313115
(2) http://forward.com/articles/176489/thousands-of-israelis-protest-austerity-measures/
(4) http://www.bloomberg.com/news/2013-05-13/bank-of-israel-unexpectedly-cuts-lending-rate.html
(5) http://www.guardian.co.uk/world/2013/may/14/binyamin-netanyahu-spending-expenses-israel
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