In passato le macchine sostituivano la fatica “muscolare” dell'uomo, mentre le macchine di oggi e di domani dovrebbero sostituire una gran parte del lavoro “cerebrale” meno qualificato. Da qui il timore che possa palesarsi l'espulsione della manodopera meno qualificata, che potrebbe non trovare impiego nei nuovi settori.

Anche in passato le macchine mettevano fuori mercato i lavoratori, ma, dopo qualche tempo, i nuovi settori occupavano i lavoratori dismessi. Perché mai non dovrebbe accadere di nuovo? Si tenga presente che proprio quando l'economia stava per decollare, così allargando la platea dei beneficiari, gli economisti vedevano un futuro plumbeo. Se la popolazione cresceva, ecco che la terra non sarebbe stata sufficiente per sfamare tutti (Malthus). Con l'arrivo delle macchine si sarebbe creata una disoccupazione non assorbibile (Ricardo). Poiché le nuove tecnologie non avrebbero mai assorbito abbastanza lavoro, i salari sarebbero rimasti congelati (Marx). Perciò combinando l'esperienza della Rivoluzione Industriale - le cose sono andate alla fine piuttosto bene, con l'osservazione degli errori dei grandi economisti - razionali date le conoscenze a disposizione, ma madornali se giudicati col senno di poi, si deduce (o si “desidera”) che anche questa volta le cose potrebbero andar bene.

In passato gli artigiani furono sostituiti dagli operai non qualificati – contadini in origine - che potevano produrre i beni grazie alla scomposizione del lavoro in poche e semplici attività, il cui apprendimento non richiedeva molto tempo. Intanto che i prezzi dei beni in caduta - i prezzi avevano i costi compressi della produzione di fabbrica - potevano allargare la platea dei consumatori.

Quanto tempo è passato perché i frutti del progresso tecnico (alias la crescita del prodotto per addetto) si riverberasse sui salari? Dal 1800 al 1830 i salari reali sono rimasti costanti mentre la produttività cresceva, dal 1830 al 1860 sono cresciuti ma meno della crescita della produttività, ed infine dal 1860 al 1900 sono cresciuti più della produttività. (I numeri si riferiscono alla Gran Bretagna). Si ha chi sostiene che la crescita dei salari sopra la produttività è avvenuta prima del 1860, ma la sostanza non cambia: ci sono voluti molti decenni perché i salari cominciassero a condividere i guadagni di produttività (1).

Anche assumendo – come si dice un “big if” - che – come accaduto in passato - la disoccupazione sia assorbita nei nuovi settori – che per definizione non si sa quali siano, resta aperta la questione del tempo. I lavori richiesti saranno sia quelli apicali sia quelli meno qualificati (gli ingegneri e le badanti), mentre i lavori che sono nel mezzo (i ragionieri) saranno sostituiti dalle macchine (2). Ossia, siamo al famigerato “malessere del ceto medio” (3), che è al centro del dibattito politico. A fronte di questo intricato nodo economico e politico, abbiamo il precedente storico (ottocentesco) dei decenni necessari per avere un assorbimento di tutti i lavoratori liberati dalla tecnologia e dei decenni necessari per avere una crescita dei salari.

I sistemi politici ottocenteschi non dovevano però catturare il consenso delle “larghe masse”. Oggi sì. Ed è qui il punto. Come gli imprenditori economici cercano di vendere i propri prodotti ai consumatori, così gli imprenditori politici cercano i voti degli elettori. I consumatori e gli elettori decidono il successo degli imprenditori - il consumatore come l'elettore è “sovrano” - ma sono passivi, perché comprano l'offerta che non è concepita né portata avanti da loro. Ossia essi sono sovrani, ma di “ultima istanza” (Schumpeter). Se questo è il punto – una disoccupazione crescente in presenza del diritto di voto universale – allora il potere politico sarà tentato dall'intervenire.

I politici offriranno delle politiche di rilancio della domanda che, in assenza di una crescita che assorba abbastanza lavoratori (4), potrebbe finire per portare ad una nuova redistribuzione dei redditi (5). Allo stesso tempo i politici potrebbero offrire una politica che freni la diffusione dell'innovazione che riduce il peso dei lavori “cerebrali” meno qualificati (6).

 

1 - http://ftalphaville.ft.com/2015/03/09/2120134/jobs-automation-engels-pause-and-the-limits-of-history/

2 - https://ir.citi.com/SpOPFQKaUI0CuZiKF7l3ng3BDRgvULDzh0PGQ%2Bbj5Vrl3VG6GOErsnpmB0p5bv6l

3 - http://www.centroeinaudi.it/le-voci-del-centro/send/2-le-voci-del-centro/881-da-dove-viene-il-malessere-del-ceto-medio.html

4 - https://www.socialeurope.eu/wp-content/uploads/2014/12/RE4-Meyer.pdf

5 - http://www.centroeinaudi.it/agenda-liberale/articoli/4404-diseguaglianza-e-reddito-minimo-ii-una-tassa-negativa-sui-redditi-inferiori-alla-linea-di-povert%C3%A0.html

6 - A proposito delle innovazioni che vengono eliminate. L'inventore di un nuovo tipo di vetro (elastico: “excogitato vitri temperamento, ut flexile esset”) lo propone all'imperatore Tiberio, che, preoccupato per la caduta che si sarebbe avuta dei prezzi dei minerali con cui si producevano i vetri con le vecchie tecnologie, lo proibisce. L'inventore di un nuovo modo per trasportare le colonne pesanti fino al Campidoglio lo propone all'imperatore Vespasiano, il quale proibisce l'uso delle nuove tecnologie perché quelle vecchie erano - a differenza di quelle nuove - ad alta intensità di lavoro. Gli aneddoti sono tratti da: Acemoglu, Robinson, “Why Nations Fail”, 2012, pagina 171.

Nota 1: il grafico mostra gli anni necessari per raggiungere i 50 milioni di utenti. Come si vede, il telefono ha impiegato 75 anni, mentre oggi alle nuove tecnologie bastano pochi anni.

Nota 2: http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/commenti/4489-sotto-l-ombrellone-2016-i.html