La borsa russa ha un rapporto tra il prezzo delle azioni e gli utili inferiore a dieci e quindi pari alla metà di quello medio dei paesi emergenti. Non solo, ma le sue imprese energetiche sono meno care di quelle occidentali con caratteristiche simili (in termini di valore attuale delle riserve). Lo sconto della borsa russa si spiega con il maggior rischio, che fino a ieri era legato alla incertezza del diritto proprietario, dalla vicenda della Yukos ai contenziosi sui contratti energetici, ma oggi potrebbe riflettere anche la vicenda georgiana.

La trazione della borsa russa, in linea logica, è duplice. 1. Essa sale, se scende il fattore di sconto, ovvero diminuisce il rischio paese. Ed oggi non è il caso. 2. A parità di fattore di sconto, essa sale, se sale il prezzo delle materie prime. Ed oggi sembra che il prezzo delle materie prime non possa, per effetto del rallentamento economico globale, salire. Sul periodo lungo la crescita economica superiore all’offerta di petrolio, dovrebbe riportare in alto il prezzo del petrolio. Vedi il grafico.
 
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La borsa russa non ha trazione, ma nemmeno dovrebbe crollare, dal momento che i prezzi sono bassi, pari appunto a meno di dieci volte gli utili, mentre quella cinese, prima del crollo, aveva un rapporto fra prezzi ed utili di sessanta volte. L’indice della borsa russa in dollari mostra un forte caduta negli ultimi tempi.
 
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Se si osserva il tasso di variazione, esso ha sì accelerato, ma restando in linea con le accelerazioni avute nel passato. Questo andamento non smentisce quanto finora detto. Il risultato di medio periodo dovrebbe finire col mostrare un risultato finale non molto diverso da quello di oggi, ma con una grande volatilità. Un investimento che alza la volatilità del portafoglio senza ottenere un rendimento superiore a quello delle obbligazioni a basso rischio tasso e valuta non è attraente.