Immaginate il governo italiano che decide che il ponte sullo stretto di Messina si costruisce e perciò vara i fondi. Il PIL italiano cresce? No. Si muoverà solo quando i muratori saranno assunti, le scavatrici comprate, i cementifici in funzione giorno e notte. Sembra ovvio. Se però il PIL italiano fosse misurato “alla cinese” (1), registrerebbe fin da subito la costruzione “virtuale” del ponte.

Ossia in Cina il ponte è registrato come variazione del PIL anche se non è iniziata la sua costruzione. I denari, che intanto sono accreditati alle imprese di stato per la sua costruzione, possono essere investiti per comprare materie prime o azioni. Dunque, quando il governo cinese decide che l’economia deve crescere, quest’ultima (contabilmente) cresce. Magie dell’economia di piano, i cui miti albergano nelle pieghe dell’immaginario degli occidentali (2). Abbiamo una ragione in più per essere scettici sulla crescita cinese (3), (4).
 
Si apre un campo di ricerca affascinante. Come mai tutti prendono “a scatola chiusa” la “forte crescita cinese” e ne fanno il perno della fuoriuscita dalla crisi mondiale? Una frase detta inizialmente da uno e poi ripetuta da tutti quanti gli altri senza controlli? Con cinismo si potrebbe affermare che era già accaduto: si invidiavano i tassi di crescita dell’URSS, salvo poi scoprire che erano di molto inferiori (5). Allora i cantori della gran crescita sovietica erano i comunisti, che così mostravano i propri successi, ed i militari con i loro fornitori, che potevano ottenere facilmente dei fondi maggiori per la difesa. Oggi chi sono i cantori?

(1) La contabilità nazionale cinese è spiegata da John H. Makin,  “China: Bogus Boom”, American Enterprise Institute for Public Policy Research.

(2) http://www.centroeinaudi.it/notizie/avviso-ai-naviganti-/-ii.html

(3) http://www.centroeinaudi.it/notizie/la-crescita-il-partito-unico-il-controllo-del-credito.html

(4) http://www.centroeinaudi.it/notizie/avviso-ai-naviganti.html
 

(5) Steven Rosefielde, “Russia in the 21st Century – The Prodigal Superpower”, Cambridge