L’analisi grafica l’avevamo inaugurata per capire il balzo delle banche di qualche tempo fa (1), e poi per capire dove stavano andando, nel breve termine, i mercati (2). L’analisi grafica è molto utile per controllare quanto la nostra analisi maggiore (3), quella fondamentale, che ruota intorno alla dinamica degli utili e dei rendimenti, sia confermata o meno dai prezzi.
La nostra tesi è che i mercati azionari non hanno ancora la forza per salire perché gli utili sono in flessione o deboli, e i rendimenti debbono alla fine salire per la pressione del grande debito pubblico in emissione. Morale, la nostra strategia funziona fintanto che la tendenza principale dei mercati, misurata, come si vede dai grafici, dalla curva blu, è in flessione o piatta.
L’analisi grafica (o analisi tecnica) parte dal principio che il movimento dei prezzi non sia (del tutto) casuale. I prezzi sono attratti dalle tendenze (sono «autoregressivi»). Si muovono quindi a onde. Abbiamo disegnato un arcobaleno che è la regressione (non lineare) dei prezzi delle azioni negli ultimi tempi. Esso ha una tendenza principale e tre deviazioni (standard), tre in su e tre in giù. Ogni canale rappresenta uno scostamento dalla tendenza principale – una volta, due volte, tre volte.
Il mercato statunitense mostra una tendenza maggiore (la linea blu) a flettere. Era caduto «troppo» (la linea viola), ossia si era scostato troppo dalla caduta, per ben due volte la deviazione standard, ed è rimbalzato con forza. È arrivato fino a due volte la deviazione standard, questa volta all’insù, e lì si è fermato. Si è comportato come alla fine di gennaio 2009-inizi di febbraio 2009. L’anomalia non è quella degli ultimi giorni, si è invece avuta nel periodo precedente, quello caratterizzato dalla lunga caduta durata dagli inizi di febbraio fino agli inizi di marzo (4). Il mercato giapponese si è scostato meno dalla linea di caduta maggiore (la linea viola) sia in discesa sia in salita (la linea arancio). Quello europeo era caduto come quello statunitense (molto) ed è rimbalzato come quello giapponese (poco). Il mercato italiano, di cui non riportiamo il grafico, si è comportato allo stesso modo, cadendo come quello statunitense (molto) e salendo come quello giapponese (poco).
Un chiarimento: se il mercato statunitense varia in media +1% e –1%, e quando si scosta dalla variazione media registra +2 e –2%, mentre quello italiano varia in media +2 e –2%, e quando si scosta dalla variazione media registra +4% e –4%, tutti hanno, rispetto a se stessi, la medesima volatilità. I numeri sui mercati, come riportati dai giornali e dalla televisione, sono invece costruiti a mo’ di classifica. Se, infatti, si guardano le variazioni fra mercati come una classifica, la settimana che l’Italia registra un +4% e gli Stati Uniti un +2% si può pensare che il mercato italiano abbia fatto meglio. In realtà, rispetto a se stesso ha fatto come gli Stati Uniti hanno fatto rispetto a se stessi. Essendo il mercato italiano molto più volatile, quando sale o scende registra numeri maggiori. I numeri dell’arcobaleno vanno interpretati come le variazioni dei prezzi di un mercato rispetto a se stesso, non in confronto agli altri mercati.
(1) http://www.centroeinaudi.it/notizie/il-gran-balzo-delle-banche.html
(2) http://www.centroeinaudi.it/notizie/la-settimana-dei-mercati / I.html
(3) http://www.centroeinaudi.it/asset-allocation/asset-allocation-strategica-marzo-2009.html
(4) http://www.centroeinaudi.it/notizie/la-regolarità-della-caduta.html
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