Lo scorso anno, in estate, il prezzo del petrolio arrivò fino a 145 dollari al barile, per poi cadere. Dal minimo di 30 dollari, è giunto sopra il 60 dollari. L’ascesa del petrolio è un movimento che rientra oppure che dura, perché anticipa la ripresa ormai «dietro l’angolo»?

Intanto, una digressione. I prezzi delle materie prime non possono divergere troppo dai loro «fondamentali», come sono definiti dalle curve di domanda e offerta dei beni fisici. I prezzi possono salire sopra quelli d’equilibrio se qualcuno compra le materie prime e non le fa arrivare al mercato. Ossia, se qualcuno crea una carenza di offerta per una domanda data, proprio come facevano gli speculatori durante le guerre. Le materie prime divergono fra loro a seconda di quanto è facile immagazzinarle. Il gas è difficile da immagazzinare, l’oro è facile da immagazzinare. Lungo un’ipotetica «retta della difficoltà» avremmo il gas, poi il petrolio, poi le materie prime agricole, poi quelle metallifere. A seconda di quanto è facile da immagazzinare, abbiamo la capacità di anticipare il futuro di una materia prima. Se penso che in futuro la domanda di gas crescerà, non posso tuttavia comprarlo e metterlo in magazzino, mentre posso farlo – in misura diversa, ma posso farlo – con le altre materie prime. Ergo, quanto maggiore la capacità di immagazzinare, tanto maggiore la sconnessione del prezzo «effettivo» da quello «fisico».

La digressione è per dire che le materie prime, se possono anticipare il futuro, possono essere un buon indicatore di direzione, ma che ciò avviene solo a condizione che siano immagazzinabili facilmente. Dunque il rame è un buon indicatore, il petrolio lo è meno, il gas molto poco. Segue che il prezzo effettivo del rame potrà essere lontano da quello fisico, mentre il prezzo del gas deve necessariamente essere vicino (1).


Il petrolio negli ultimi tempi
 
La domanda fisica di petrolio non è aumentata – siamo in recessione. La domanda di carburanti negli Stati Uniti è flessa del 10%. Nemmeno l’offerta è diminuita, i paesi petroliferi alla fine pompano. Perché il prezzo è salito?
 
Intanto, definiamo le caratteristiche finanziarie delle azioni e del petrolio. Le azioni sono «futuro attualizzato». Se, infatti, pago gli utili venti volte, posso (forse) conoscere gli utili del prossimo anno, ma (certamente) ignoro quelli dei successivi diciannove. Alla fine scommetto – nel senso preciso che affronto l’«incertezza» e non il «rischio» (2): scommetto che l’impresa faccia investimenti che nel tempo produrranno un rendimento maggiore di quello medio, che si riflette sul rendimento dei titoli di stato.
 
Mentre il prezzo delle azioni è solo futuro, il prezzo delle materie prime è solo presente, a meno che non si possano immagazzinare. Ergo, si dovrebbe avere una sconnessione fra i prezzi delle azioni e i prezzi del petrolio, che è difficile da immagazzinare. Il primo grafico (3) mostra che così è stato, salvo che per gli ultimi tempi. Agli inizi della crisi non si aveva relazione fra i due prezzi. La correlazione era nulla. Poi il prezzo delle azioni è caduto e quello del petrolio esploso. La correlazione era negativa. Ora il prezzo delle azioni è salito e anche quello del petrolio. La correlazione ora è positiva.

Le azioni da marzo sono salite, scontando un futuro migliore a breve. (Non condividiamo la scommessa, ma non è questo il punto nella discussione in corso). Anche il petrolio è salito, nonostante la sua domanda sia in flessione. Ergo, se il petrolio è salito, qualcuno scommette che ci sarà una domanda crescente in futuro. Ma per far salire il suo prezzo, dal momento che la domanda è anemica, qualcuno deve averlo immagazzinato.
 
Dov’è il petrolio immagazzinato? Quello immagazzinato negli Stati Uniti (1) è ai livelli massimi degli ultimi sei anni. Più precisamente, negli ultimi sei anni non è mai stato immagazzinato tanto petrolio nei primi quattro mesi dell’anno. La capacità di assorbire offerta è dunque limitata. È difficile immaginare che la capacità di immagazzinare possa essere tosto aumentata per assorbire il petrolio. Qualcuno potrà comprarlo e tenerlo nei serbatoi delle navi, contando che prima o poi lo venderà a prezzi maggiori, ma sembra una scommessa rischiosa. Se il prezzo flettesse, tutti correrebbero a vendere, e chi ha scommesso sul petrolio «fermo al porto» perderebbe molti denari.
 

Conclusioni sul petrolio
 
Il prezzo del petrolio, non potendo più il petrolio essere immagazzinato, dovrebbe cominciare a flettere in un futuro non troppo lontano. Non siamo i soli a pensarlo. Se mettiamo in relazione – si veda il secondo grafico – il prezzo del petrolio e il prezzo delle azioni petrolifere, vediamo che ultimamente il primo è salito ben più del secondo (4). Ossia, il prezzo del petrolio è salito, ma il prezzo delle azioni delle compagnie petrolifere, che guadagnano molto con il prezzo del petrolio alto (5), è salito molto meno. Dunque la previsione del mercato azionario è che il prezzo del petrolio non possa stabilmente reggere questi livelli.

 
Conclusioni in generale
 
Il mercato del petrolio scommette sul prezzo in ripresa, mentre il mercato delle azioni, nel caso delle compagnie petrolifere, non ci crede. Il mercato azionario nel suo complesso sale da tre mesi, ma molto meno nell’ultimo – come mostra il terzo grafico –, scommettendo su una prossima ripresa. Questo avviene nonostante le previsioni (quelle fatte come si deve) affermino che la ripresa sarà anemica nel prossimo biennio. La ripresa sarà modesta e non sarà in grado di fermare la crescita del debito pubblico (6). I rendimenti sulla parte lunga del debito pubblico da qualche settimana hanno incominciato a salire negli Stati Uniti. In Europa, invece, i rendimenti nominali a lungo termine non sono saliti. Attenzione, però. Con un’inflazione pari a zero (7) e una crescita ancora nel 2010 nulla, un rendimento reale del 4% è come un rendimento nominale che è salito molto.

A proposito, che cosa dicono le materie prime più facilmente immagazzinabili? Il rame è una materia prima industriale il cui prezzo sale quando ci si aspetta un ciclo di «crescita». L’oro è una materia prima molto meno industriale il cui prezzo sale quando ci si aspetta un ciclo di «paura». Dividendo il prezzo del rame per quello dell’oro, abbiamo che se il grafico sale c’è crescita, se scende c’è timore (8). Il quarto grafico mostra che da qualche tempo l’oro prevale sul rame, ossia il grafico scende, e dunque che le materie prime facilmente immagazzinabili dubitano che la ripresa sia «dietro l’angolo». 
  

(1) http://ftalphaville.ft.com/blog/2009/05/06/55547/rally-fever-hits-oil/

(2) http://it.wikipedia.org/wiki/Incertezza

(3) http://ftalphaville.ft.com/2009/05/08/55672/the-coming-oil-equity-disconnect-or-the-end-of-efficient-markets-theory/

(4) http://bespokeinvest.typepad.com/


(5) Con il prezzo del petrolio a 40 dollari le compagnie finanziano agevolmente gli investimenti e pagano i dividendi. Il loro free cash low è però appena positivo; diventa molto positivo sopra i 40 dollari al barile. Per questa ragione, il prezzo delle azioni delle compagnie petrolifere dovrebbe salire molto con il prezzo del petrolio che si muove stabilmente verso i 60 dollari.


(6) http://www.centroeinaudi.it/notizie/il-punto-dei-mercati-secondo-noi.html


(7) http://www.ft.com/cms/s/0/f432a184-4c36-11de-a6c5-00144feabdc0.html


(8) http://www.centroeinaudi.it/notizie/il-diavolo-e-l’-acqua-santa-ii.html



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arcobaleno_alla_fine_di_maggio_2009
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