Se le imprese distribuiscono un dividendo risicato, allora il guadagno emerge solo dall’ascesa del prezzo delle azioni (1). Per far salire continuamente il prezzo delle azioni bisogna dichiarare degli andamenti mirabolanti. Il rilancio dei media sembra quello dei giornali sportivi del lunedi: «mirabolante», «inatteso», eccetera. Se il reddito scaturisce solo dal prezzo, allora il maggior prezzo diventa l’«oggetto del desiderio» tanto dell’industria finanziaria quanto dei dirigenti delle aziende.


Per esempio, non interessa se una banca che ha dichiarato grandi utili li abbia ottenuti dalle attività tradizionali con pieno aggiustamento dei bilanci per tener conto delle perdite; interessano gli utili che sono arrivati con la compravendita del reddito fisso (JP Morgan). Per esempio, non interessa che un’impresa di microprocessori abbia ottenuto grandi risultati soprattutto perché sono stati riempiti i magazzini di chi conta di vendere fra qualche mese un nuovo programma (Intel). Per esempio, non interessa che i risultati di un’impresa che produce beni di largo consumo siano stati migliori perché si sono tagliate le spese di ricerca (Johnson & Johnson).
 
Gli utili salgono e ciò basta. Se invece si volesse soprattutto il dividendo, ecco che si sarebbe molto cauti. Il dividendo è il reddito che le imprese distribuiscono solo se sono sicure di poterlo poi distribuire negli anni a venire: dunque tutti terrebbero conto del vero andamento del bilancio, e l’eroico diverrebbe prosaico.



(1) Dal 1870 fino al 1982 i dividendi sono stati pari al 5% del prezzo delle azioni quotate negli Stati Uniti. Da allora a oggi la media è del 2,5%.