Nel 2009 i corsi delle azioni dei paesi sviluppati sono prima flessi con violenza e poi saliti con altrettanta violenza. La caduta si riesce a giustificare con il timore che il sistema stesse per implodere, l’ascesa con l’idea che il sistema sia stato salvato e stia arrivando la ripresa.
Si può infatti sostenere – in maniera “non tradizionale” (1) – che, non essendo osservabili né i flussi di utili né il fattore di sconto, ossia il rendimento dei titoli di stato più un premio per il rischio, in borsa alla fine si investe secondo lo scenario su cui si scommette, piuttosto che sull’osservazione puntuale degli andamenti.
Per chiarire. Si abbiano due “stati”. Quello che asserisce che gli utili saranno solidi e il fattore di sconto basso. Gli utili siano 100 e il fattore di sconto sia del 5%. Il livello teorico dell’indice sarà allora di 2.000 (ossia 100/5%). Quello che asserisce che gli utili non saranno solidi e il fattore di sconto sarà alto. Gli utili siano pari a 50 ed il fattore di sconto del 10%. Il livello teorico dell’indice sarà allora di 500 (ossia 50/10%). A seconda della probabilità che si imputa agli eventi abbiamo il livello dell’indice di borsa. Per fare un esempio pratico, a marzo si dava la probabilità maggiore che tutto finisse male – poniamo il 70%, dopo marzo si dava la probabilità maggiore che tutto finisse bene – poniamo il 70%. Facendo i conti, si ha: 2000x30%+500x70% = 950 a marzo. 2000x70%+500x30% = 1550 dopo marzo. Come si vede, le variazioni sono a dir poco violente, appena cambia la percezione sul futuro.
Dunque l’analisi puntuale degli andamenti – secondo il ragionamento “non tradizionale” – non ha importanza e la caduta e l’ascesa si spiegano “senza tante cerimonie”. La caduta e l’ascesa del 2009 sono, invece, molto difficili da giustificare secondo l’analisi “tradizionale”, perché il prezzo delle azioni è il valore attuale del flusso scontato degli utili – un flusso in parte osservabile. Lo sconto si ha con rendimento dei titoli di stato più un premio per il rischio – un fattore anch’esso in parte osservabile.
Per chiarire. Si abbiano due “stati”. Quello che asserisce che gli utili saranno solidi e il fattore di sconto basso. Gli utili siano 100 e il fattore di sconto sia del 5%. Il livello teorico dell’indice sarà allora di 2.000 (ossia 100/5%). Quello che asserisce che gli utili non saranno solidi e il fattore di sconto sarà alto. Gli utili siano pari a 50 ed il fattore di sconto del 10%. Il livello teorico dell’indice sarà allora di 500 (ossia 50/10%). A seconda della probabilità che si imputa agli eventi abbiamo il livello dell’indice di borsa. Per fare un esempio pratico, a marzo si dava la probabilità maggiore che tutto finisse male – poniamo il 70%, dopo marzo si dava la probabilità maggiore che tutto finisse bene – poniamo il 70%. Facendo i conti, si ha: 2000x30%+500x70% = 950 a marzo. 2000x70%+500x30% = 1550 dopo marzo. Come si vede, le variazioni sono a dir poco violente, appena cambia la percezione sul futuro.
Dunque l’analisi puntuale degli andamenti – secondo il ragionamento “non tradizionale” – non ha importanza e la caduta e l’ascesa si spiegano “senza tante cerimonie”. La caduta e l’ascesa del 2009 sono, invece, molto difficili da giustificare secondo l’analisi “tradizionale”, perché il prezzo delle azioni è il valore attuale del flusso scontato degli utili – un flusso in parte osservabile. Lo sconto si ha con rendimento dei titoli di stato più un premio per il rischio – un fattore anch’esso in parte osservabile.
Non si è avuto un balzo da un livello dei prezzi in rapporto agli utili davvero basso nemmeno in marzo. I prezzi rispetto agli utili anche a marzo non erano bassi come nel 1980, e ora sono su livelli elevati. Gli utili – calcolati come un numero indice per rendere omogeneo il confronto con l’indice delle azioni – sono oggi pari a 50 dollari come media degli ultimi dieci anni, mentre come valore puntuale pienamente rettificato sono pari a poco più di 10 dollari. Il P/E dello Standard & Poor’s è quindi pari a 20 o a 100, a seconda dei calcoli. Un rapporto alto o altissimo, che rende poco attraenti le azioni oggi come a marzo.
Da notare poi che gli utili puntuali che non rimbalzano sui media sono quelli che, secondo le regole contabili accettate, considerano tutte le rettifiche. Quelli che rimbalzano fra lo stupore e l’ammirazione sui media sono quelli secondo il giudizio delle imprese. Le quali eliminano le poste che sono – secondo loro – il frutto degli andamenti contingenti. Il divario fra gli utili secondo le regole contabili e gli utili secondo le aziende è diventato nel tempo più marcato (2). Si vede dal grafico che quando le cose vanno bene i due valori coincidono, quando vanno male divergono. Nel corso dell’ultima crisi la differenza è maggiore di quella della crisi precedente.
Che le decisioni d’investimento in azioni siano frutto dei calcoli di probabilità oppure di analisi puntuali, poco importa ai fini della nostra analisi, che qui ha lo scopo di “pesare il rischio”.
La borsa per salire vuole il “denaro fresco”. Da marzo a oggi esso da dove è arrivato? Per quel che riguarda gli Stati Uniti (3): i fondi comuni azionari e gli ETF azionari hanno avuto una “raccolta netta” pressoché nulla (20 miliardi di dollari), gli hedge funds hanno registrato modesti riscatti (10 miliardi di dollari), i fondi pensione hanno investito poco (100 miliardi di dollari), l’estero ha investito poco (100 miliardi di dollari). In ogni modo, le aziende hanno varato aumenti cospicui del capitale (130 miliardi di dollari). Il saldo è pari a circa 100 miliardi di dollari (20-10+100+100-130).
La borsa è salita per un controvalore di 6 mila miliardi di dollari. Storicamente, per ogni dollaro di “denaro “fresco” si ha una crescita della capitalizzazione pari a 10 dollari. Dunque avremmo dovuto avere del “denaro fresco” per 600 miliardi, mentre ne abbiamo avuto solo per 100 miliardi.
Non si ha prova, ma il Tesoro o la banca centrale possono avere acquistato gli indici per far salire i corsi – si noti, un’operazione del tutto legale. Possono avere pensato che le famiglie, sentendosi più ricche, avrebbero ridotto meno i consumi. Una manovra che possono avere condotto “a leva” (3), investendo quindi un decimo della somma necessaria. Con meno di 100 miliardi di dollari – una cifra miserevole se messa in rapporto ai tanti salvataggi – hanno creato una ricchezza elevata. All’operazione possono aver partecipato anche le banche con i denari ricevuti per il loro “salvataggio” (4). Il sospetto, va detto, aleggiava da tempo (5). Il sospetto potrebbe spiegare perché le relazioni tradizionali – l’andamento della curva dei rendimenti in rapporto alla borsa (6) (7), il rapporto elevato fra i prezzi e gli utili – non abbiano avuto alcun effetto deprimente sui corsi. I corsi sono saliti fra lo stupore degli operatori che guardavano le relazioni tradizionali. Se vi sarà velocemente ripresa, allora gli acquisti della mano pubblica (ricordiamo che nessuno lo può dimostrare, il ragionamento, come si è visto, è solo “indiziario”) avranno ottenuto il proprio effetto. Con il ritorno degli investitori tradizionali, la mano pubblica potrà rivendere nel tempo quel che ha comprato. Peggior scenario è quello in cui non si ha ripresa. Cosa farà la mano pubblica? Comprerà ancora, oppure venderà?
(1) http://www.investorschronicle.co.uk/MarketsAndSectors/Markets/article/20080710/5e5e793e-4dc3-11dd-abfe-0015171400aa/Equities-as-bets.jsp
(2) http://1.bp.blogspot.com/_eKH-tiSXFbc/S0MGWZhCgWI/AAAAAAAAGH4/ikTpdoSzi3I/s1600-h/SPX+EARNINGS.GIF
(3) http://ftalphaville.ft.com/blog/2010/01/06/120796/trimtabs-on-that-%e2%80%98us-government-rigged-stock-market/
(4) http://ftalphaville.ft.com/blog/2009/09/24/73736/this-bank-engineered-equity-rally/
(5) http://ftalphaville.ft.com/blog/2009/05/12/55782/whitney-i-call-this-the-great-government-momentum-trade/
(6) http://ftalphaville.ft.com/blog/2009/06/05/56682/the-qeuropean-equities-rally-and-yields/
(7) http://www.centroeinaudi.it/commenti/ancora-sulla-curva-dei-rendimenti-e-la-borsa.html
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