L’ultimo decennio è stato particolarmente impegnativo per i mercati finanziari. Sono infatti passati già dieci anni dal fallimento di Northern Rock nell’estate del 2007, segnale premonitore di eventi che dopo poco avrebbero riempito le pagine di giornali e internet e svuotato le tasche di investitori e contribuenti. E’ condivisibile l’augurio di essere usciti o quasi da quell’esperienza insieme all’auspicio di non tornarci mai più.
Che la situazione economica generale sia decisamente migliorata è abbastanza evidente anche in virtù dei notevoli sforzi messi in atto per reggere e superare la crisi finanziaria. Sembra infatti che si stia sperimentando a livello globale il minor numero di situazioni recessive di singoli paesi mai sperimentato dagli anni ’80. Tra il 1980 e il 2000 molto raramente ci sono stati meno di venti paesi in recessione contemporaneamente e più frequentemente il numero è stato superiore a trenta con picchi di cinquanta paesi.
La crisi ha generato un picco storico assoluto nel 2009 di oltre novanta paesi contemporaneamente in recessione, dopo un quinquennio di assoluta quiete, se non di abbondanza, con solo una decina di paesi in recessione tra il 2004 e il 2007. Il dato del 2009 è impressionante ma ha anche il pregio di spostare dall’ambito economico puramente finanziario a quello reale la dimensione del fenomeno sperimentato.
La propettiva attuale di una tendenza alla riduzione ulteriore dei fenomeni recessivi è ovviamente ben accetta ma potrebbe trovare facili ostacoli durante il percorso, meritando una qualche forma di verifica e conferma. In questo senso si può utilizzare l’andamento degli utili delle società quotate dal 1° gennaio 2008 ad oggi come indicatore dello stato di salute delle aziende che rappresentano la parte fondamentale dell’economia reale.
Appare evidente che l’uscita dalla crisi delle società americane è stata diversa rispetto alle società del Resto del Mondo. Dopo essere riemersi assieme dagli abissi nel 2011, gli USA e il Resto del Mondo hanno preso strade diverse: la corporate america non ha smesso di migliorare arrivando a superare di circa il 40% l’ammontare degli utili pre-crisi; viceversa, il Resto del Mondo si è impantanato riuscendo solo in due occasioni, nel 2014 e adesso, a recuperare i valori di inizio crisi senza mai andare oltre.
L’auspicata interruzione di questa lunga serie negativa dei risultati delle società non-USA potrebbe rappresentare l’elemento in grado di dare forma e sostanza al realizzarsi delle prospettive di una ulteriore riduzione dei fenomeni recessivi globali, a prescindere dalla capacità delle aziende USA di procedere nella stessa direzione.
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