Possono Arnaud Montebourg e Manuel Valls andare d’accordo? La risposta è più no che sì. Montebourg è il ministro del governo francese che Valls, neopremier che racchiude in sé grandi promesse riformatrici, ha dovuto tenere per non alienare la base del suo partito.
I socialisti sono spaccati da tempo sulla propria identità e Montebourg è il garante della corrente antiglobal, made in France (ricordate la sua foto in copertina al magazine del Parisien?(1)), anti euro, sovvenzioni statali anche ai business che non vanno da anni, garanzie sociali – l’ala sinistra del Partito socialista.
Valls è uno che se potesse togliere la parola “socialista” dal suo partito si sentirebbe più a casa, ha quell’impronta socialdemocratica più nordica, più blairiana, più schröderiana che sembra sempre che il presidente, François Hollande, sia lì lì per adottare, e che invece non adotta mai.
La coabitazione tra Montebourg è Valls è possibile?
Dicono i commentatori francesi che l’unica salvezza è Michael Sapin, che condivide con Montebourg l’enorme ministero dell’Economia e che è l’altra faccia di Bercy, la faccia moderata, riformista, austera che ha Valls, ma senza quell’impeto burrascoso che contraddistingue il neopremier. C’è da sperare insomma che Montebourg si sfoghi con Sapin (2), che Sapin sappia reggere il colpo e che la dottrina di questa seconda metà del mandato di Hollande sia più simile a lui che a Montebourg.
E’ una scommessa molto rischiosa che nasconde due problemi: il primo è che la parola d’ordine è comunque “continuità” e non “rottura” (3), cioè Valls non vuole fare la rivoluzione, vuole introdurre elementi di novità per rilanciare la crescita ma senza troppi traumi. E’ per questo che con tutta probabilità la Francia continuerà a chiedere all’Europa di non prendersela troppo per gli sforamenti, ci vuole tempo per rimettere in sesto la Francia. Bruxelles si preoccupa però: il suo gigante francese sta molto male – il deficit è al 4,3 per cento del pil nel 2013, non tornerà, come promesso, entro il 3 per cento l’anno prossimo; il debito pubblico è al 93,5 per cento del PIL, 1.926 miliardi di euro – e stanno arrivando le elezioni europee che faranno parecchio male all’Europa, non si sa in quale misura. Il secondo problema è che la paura di spezzarsi, dentro al Ps, e di perdere la maggioranza ha ancora la meglio sull’urgenza di una svolta economica: per questo Valls si muove con cautela, fa un governo che piace a tutti, cerca di non mostrarsi troppo divisivo. Ma anche se Hollande non lo ammetterà mai, non è per questo che l’ha chiamato a fare il premier.
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