La borsa italiana va peggio delle altre, perché nelle fasi di crisi si vendono i titoli della “periferia dell’impero”, perché la sua economia va peggio, e via elencando. Niente di tutto questo, c’è una spiegazione molto semplice.


Negli anni passati la borsa italiana andava meglio di molte altre borse. Come mai? Si immagini una borsa composta in buona misura da due settori, quello bancario e quello elettrico/energetico. Si supponga che questi due settori distribuiscano dei dividendi molto alti. Che cosa succede a questa borsa quando un ciclo finanziario spinge i rendimenti all’ingiù, mentre le economie crescono, com’è accaduto negli ultimi anni fino al 2007? Quando i rendimenti delle obbligazioni scendono, poniamo dal 6% al 4%, questa borsa è comprata. Abbiamo visto che distribuisce dei dividendi alti, poniamo intorno al 4%. Il rendimento delle obbligazioni, scendendo, diventa eguale al rendimento delle azioni. A quel punto sono preferite le azioni, perché, a parità di rendimento fra azioni ed obbligazioni, i dividendi possono crescere nel tempo, mentre le cedole restano fisse. Se poi, uno dei due settori, quello bancario, attraversa un periodo di ristrutturazioni, banche che comprano altre banche e che si fondono, e che crescono anche all’estero, allora il mercato ha un motivo in più per volere le sue azioni. Le fusioni stabilizzano la concorrenza e tagliano i costi, accrescendo i profitti ed, alla fine, i dividendi.
 
Questo è stato il modello della borsa italiana fino allo scoppio della crisi finanziaria. Il ciclo è quello “virtuoso”. Per farlo diventare “vizioso” basta farlo girare al contrario. Le banche sono state messe in difficoltà, si temono perdite, il dividendo viene tagliato o ridotto. Viene, intanto, meno il movente del dividendo e, in ogni modo, le banche vanno male, proprio come quelle degli altri paesi, ma in Italia pesano di più sul listino.