Termine usato per designare tendenze o movimenti politici sviluppatisi in differenti aree e contesti nel corso del 20° secolo. Tali movimenti presentano alcuni tratti comuni, almeno in parte riconducibili a una rappresentazione idealizzata del ‘popolo’ e a un’esaltazione di quest’ultimo, come portatore di istanze e valori positivi (prevalentemente tradizionali), in contrasto con i difetti e la corruzione delle élite.”(*) 

Questo è l’incipit della definizione di Populismo che fornisce l’Enciclopedia Treccani. Anche il Vocabolario Treccani fornisce una sua definizione ma con una diversa inquadratura del significato (**). Una prima definizione si rifà alle origini storiche del termine coniato in Russia a cavallo del XX° secolo – narodničestvo. Nella seconda definizione l’accezione è più ampia: “atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi.” Inoltre, questa seconda impostazione cita ad esempio l’esperienza dei movimenti politici sudamericani del 20° secolo.

Un primo sintomo della difficile collocazione del termine populismo lo si può notare nella differenza di angolazione esistente all’interno delle due pubblicazioni della prestigiosa Treccani. Se per l’Enciclopedia il populismo è portatore di valori “prevalentemente tradizionali” per il Vocabolario i principî e i programmi del populismo sono “genericamente ispirati al socialismo”. L’utilizzo di altre fonti non permette di ricavare elementi diversi o chiarificatori dell’intima essenza di questo termine più di quanto proponga la Treccani.

Dobbiamo dire che ci saremmo aspettati una maggiore anzianità da un termine così “popolare” ed utilizzato con frequenza da molti politici ed osservatori. Non è mai esistita una scuola filosofica “populista” dell’antica Grecia o un qualche eminente filosofo “populista” rinascimentale od ottocentesco. In realtà si scopre che è un termine recentissimo di origini russe, mutuato nel Regno Unito e poi andato in giro per il mondo. La prima impressione, quindi, è che il populismo nasca ed appartenga al periodo in cui si affermano i principi democratici e viene considerato come un appellativo, in senso prevalentemente dispregiativo, legato alla capacità o meno di rappresentare gli interessi diventati sempre più ampi e collettivi.

Una seconda impressione dice che il termine sia sinonimo di superficialità applicato alla politica, con il quale si può indistintamente tacciare l’avversario di turno. Dal punto di vista fenomenologico sembra essere il segnale di una situazione di benessere/disagio nel rapporto tra delegante/elettore e delegato/eletto: i fenomeni populistici cavalcano l’indebolimento della relazione, reale o immaginario, tra i due soggetti fondatori delle moderne democrazie.

Dal punta di vista delle elitè di governo il populismo è vissuto come un misto tra tradimento e ipocrisia. Soprattutto se il linguaggio del populismo viene utilizzato dall’elitè di opposizione ritenendo di essere esonerata dalla disaffezione degli elettori. Se la disaffezione tra delegante e delegato è determinata da scelte politiche impopolari ma necessarie, il populismo rappresenta solo un effetto temporaneo che tende ad essere assorbito. Se la disaffezione ha cause più profonde il populismo rappresenta sempre solo un effetto ma il cui superamento diventa più complicato.

Veniamo al dunque. Fino a qualche decennio fa le questioni politiche suscitavano occasionalmente l’interesse degli investitori e dei commentatori finanziari. La finanza ed i mercati ragionavano maggiormente sulle proprie dinamiche nella determinazione dei valori. Oggi non c’è analista o investitore che non parli innanzitutto dello scenario politico e delle incertezze che lo contraddistingue. L’accesso a moli sterminate di dati ed informazioni comporta la quantificazione sistematica dei fenomeni. Anche ovviamente del populismo.

Un recente studio di Nomura (***) ha raccolto l’andamento del consenso per i partiti populisti ad anti-sistema (PPA) di Italia, Germania, Francia, Spagna, Austria e Olanda da maggio 2012 ad oggi. Lo studio segnala l’esistenza, forse ovvia, di legami tra il consenso per i PPA e l’andamento di alcune variabili come la disoccupazione, l’andamento dei mercati azionari e dei flussi migratori. A novembre 2016 il consenso per i PPA ha toccato il massimo con il 31% delle proiezioni, valore che nel 2012 era la metà. Il miglioramento delle prospettive economiche, la crescita dei mercati azionari e l’accordo con la Turchia sui flussi dei rifugiati hanno inciso positivamente sulla percezione della situazione generale, determinando la discesa del consenso per i PPA. La valutazione di Nomura è verso una ulteriore riduzione contestuale al proseguimento del miglioramento delle variabili che sembrano essere le maggiori responsabili dei fenomeni populisti in Europa.

(*) http://www.treccani.it/enciclopedia/populismo/

(**) http://www.treccani.it/vocabolario/populismo/

(***)European Economic Perspectives, Has European populism peaked? - febbraio 2017

Consensopopulisti
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