Dopo gli americani e gli inglesi anche gli europei (rapporto Liikanen) hanno presentato una proposta di riforma dei sistemi bancari: i tre regolatori su prefiggono l’obiettivo di proteggere alcune componenti socialmente rilevanti dell’attività bancaria, in particolare la raccolta da clientela, dai rischi derivanti da altre attività di intermediazione, in particolare il cosiddetto proprietary trading, che consiste nell’attività di compravendita di titoli effettuata con il patrimonio della banca. La separazione di queste attività (definito ring fencing, cintura di protezione) viene concepita attraverso la costituzione di società distinte a cui conferire le diverse attività con l’eliminazione di legami economici e patrimoniali che possano compromettere la solvibilità delle banche e, in ultima istanza, la garanzia dei depositi.

La nuova legislazione, se dovesse essere approvata, potrebbe comportare dei costi aggiuntivi per le banche particolarmente attive nelle intermediazioni più rischiose, in particolare quelle relative ai cosiddetti derivati (prodotti come i mutui subprime o le obbligazioni strutturate) che sono stati all’origine dell’attuale crisi e che hanno comportato costi pesanti per i contribuenti in termini di risorse pubbliche destinate al salvataggio delle banche. Vale la pena ricordare la dimensione del fenomeno. Nel triennio 2008-2010 in Europa (Comunità europea di 27 paesi) gli aiuti statali ricevuti dalla istituzioni finanziarie sono stati oltre 1.600 miliardi di euro, pari al 13% del Prodotto Interno Lordo europeo. La parte del leone spetta alle banche irlandesi (oltre 400 miliardi), inglesi (300 miliardi), tedesche (250 miliardi), danesi (157 miliardi) e francesi (116 miliardi). Le banche italiane sono presenti marginalmente, avendo ottenuto 4 miliardi di euro di aiuti statali (che potrebbero arrivare a 6 miliardi).

Il rapporto Liikanen, tra le molte e complesse tecnicalità, indica una fascia di sicurezza per le attività di trading e in titoli derivati compresa tra il 15% e il 25% del totale degli attivi di una banca. Ad oggi, solo le banche italiane e spagnole sono vicine a questi valori mentre le banche degli altri paesi superano del doppio questo vincolo. Ciò spiega la sostanziale opposizione da parte di queste ultime all’applicazione di questo limite, minacciando la ricaduta dei maggiori costi di finanziamento sui clienti al dettaglio.