Tre polemiche, in breve. Il nodo della fiscalità fra il Nord e il Meridione nella Lega di ieri e di oggi. Una eventuale redistribuzione del reddito e della ricchezza è più efficace se passa attraverso una maggiore concorrenza piuttosto che attraverso le sole imposte. Le narrazioni che vanno per la maggiore nel dibattito pubblico ruotano intorno alle immagini.

 

Come un fiume carsico le polemiche sul Nord e sul Meridione emergono e scompaiono. Ultime quelle del ministro Provenzano sul Milano con tanto di risposta del sindaco Sala. Queste polemiche sono quasi sempre condotte sul piano della “solidarietà”, che è poca o troppa, a seconda di chi si esprime. Non ve ne è abbastanza – il Nord cresce mentre il Meridione arranca, dicono alcuni. Ve ne è troppa – i trasferimenti fiscali del Nord sono cospicui e finiscono anche nello spreco, contraddicono gli altri. Esiste un terzo punto di vista – quello di Ponzio Pilato.

Esso sostiene, da un lato, che vi sono delle grandi differenze fra le regioni dell'Europa – quindi non solo in Italia, differenze che hanno radici millenarie; ciò che stempera la polemica – la “de-virilizza”, perché la “risucchia” nella Storia. Esso sostiene, dall'altro lato, che, se si fanno i conti aggregati, il trasferimento di reddito del Centro-Nord verso il Meridione è cospicuo, ma, se si divide questo trasferimento aggregato per il numero di abitanti del Centro-Nord, esso non è molto visibile, perché ammonta a poco più di un centinaio di euro al mese. La diversa contabilità del trasferimento - da aggregato a pro-capite - stempera la polemica perché mostra che non vi è ancora un'emergenza drammatica, almeno in questo ambito. Il punto di vista di Ponzio Pilato porta alla conclusione che si può – come avrebbe detto Andreotti - “continuare a campare”.

Invece di dividere l'Europa in Stati la dividiamo in regioni, o meglio in unità territoriali omogenee, che sono quelle che si usano per calcolare i trasferimenti dei fondi strutturali dell'Unione. Per ciascuna unità calcoliamo il reddito disponibile pro-capite dei residenti. In questo modo un Paese come l'Irlanda, che pare ricco per la presenza delle multinazionali attratte dalla sua fiscalità, diventa meno ricco, perché è calcolato solo il reddito netto disponibile per gli irlandesi.

Fatti conti, si dispongano le unità territoriali su una mappa (1). Più un‘unità territoriale è ricca più è verde, più è povera più è gialla. Come si vede, abbiamo una periferia molto meno ricca in parti della Spagna, in parti dell'Italia, e in tutta la Grecia. La parte ricca dell'Europa - come mostra la seconda mappa (2) - quasi si sovrappone al quella del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica, noto come Primo Reich. La Lombardia, l'Emilia Romagna, il Friuli, il Trentino, la Val d'Aosta, e la Toscana fanno parte del Primo Reich. Anche i Paesi Baschi, l'area parigina e londinese hanno un reddito simile a quello del Primo Reich. La parte povera spagnola si sovrappone a quella che è stata conquistata secoli fa a danno dei Maomettani - la Reconquista. La parte italiana si sovrappone con il Regno di Sicilia.

Nel mondo della Lega ante-Salvini la mappa mostrava bene il desiderio di tornare a far parte del Primo Reich. Da quando però la Lega di Salvini cerca il voto del Meridione, la mappa diventa un motivo di imbarazzo.

L'assenza di solidarietà (dove nessuno trasferisce reddito ad altre regioni per alcuna ragione) genera in Italia un saldo di 80 miliardi a favore delle regioni donatrici, mentre la solidarietà totale (dove ogni cittadino riceve gli stessi servizi pubblici, ma in modo efficiente) genera un saldo pari alla metà, 40 miliardi (3). Dal che si ricava che nelle regioni prenditrici si troverà difficilmente chi sia a favore del federalismo.

Facciamo – in assenza di idee migliori - la media fra 80 e 40, ossia ((80+40)/2)) 60 miliardi. Poiché gli italiani che non vivono in Meridione sono 40 milioni, si hanno mille e cinquecento euro a testa (60 miliardi / 40 milioni = 1,5 mila euro pro capite) per i minori trasferimenti. Il numero ha un valore indicativo, perché, da un lato, non tutte le regioni del Nord sono donatrici (le donatrici “per davvero” sono la Lombardia, il Veneto, e l'Emilia Romagna), e non tutte quelle del Sud prenditrici (le prenditrici “per davvero” sono la Campagna, la Calabria, e la Sicilia). Questo numero ha poi un valore indicativo perché, dall'altro lato, con le imposte dirette che sono progressive, il peso è maggiore per i più abbienti.

Nel mondo della Lega ante-Salvini il Federalismo era il desiderio di ridurre il carico delle imposte volto a tenere coeso il Bel Paese. Da quando la Lega di Salvini cerca il voto del Meridione la riduzione del carico d’imposte – di nuovo quello volto a tenere coeso il Bel Paese - non potrà più essere perseguito.

1 - https://ftalphaville-cdn.ft.com/wp-content/uploads/2015/02/Europe-personal-income-per-capita-by-NUTS2-region.png; 2 - http://media.maps.com/magellan/Images/WRLH039-H.gif; 3 - Luca Ricolfi, Il sacco del Nord, Guerini. Nella nota sono riportati i calcoli di Ricolfi. Per calcoli più recenti - laddove il "residuo fiscale", ossia la differenza fra le imposte versate allo stato centrale e la spesa ricevuta dallo stato centrale, è calcolata in maniera meno complicata di come abbia fatto Ricolfi, si veda: http://noisefromamerika.org/articolo/crisi-ha-ridotto-residui-fiscali-regionali. Le differenze nei conti dei due autori però non mutano il quadro.

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Da qualche tempo si sta diffondendo - anche nel mondo anglosassone con proposte del laburista Corbyn e della democratica Warren - l’idea che vadano posti dei limiti sui redditi particolarmente elevati, sui patrimoni cospicui, e sulle eredità smisurate. Sull’argomento si hanno due scuole di pensiero maggiori, e una terza, minore.

La prima sostiene che l’eccesso di diseguaglianza potrebbe portare ad una crisi di sistema (1). Perciò una maggiore tassazione renderebbe il sistema meno fragile. La seconda sostiene che le grandi fortune sono il frutto del talento imprenditoriale. Perciò una tassazione punitiva inibirebbe la volontà di innovare e quindi, alla fine, danneggerebbe il benessere collettivo (2). Mette conto notare che i multi miliardari statunitensi si dividono fra queste due scuole di pensiero.

La terza scuola di pensiero è la meno intuitiva ed è poco diffusa. Ha seguaci soprattutto fra gli economisti. Essa sostiene che questi redditi e queste ricchezze smisurate si possono generare solamente se il sistema è poco competitivo. In presenza di concorrenza, infatti, non si avrebbero dei redditi pari a centinaia di volte quello di un proprio dipendente, così come i grandi ricchi non avrebbero potuto accumulare delle ricchezze pari a quelle della metà della popolazione (3). In concorrenza l’impresa che ha guadagnato innovando viene imitata da altre imprese, che entrando a loro volta nel mercato, ne comprimono i profitti iniziali. Da questa diagnosi si arguisce che il nodo della diseguaglianza eccessiva non si risolve punendo solo con le maggiori imposte gli iper ricchi e lasciando il mondo della produzione nel suo stato di semi monopolio, bensì spingendo il sistema verso una maggiore concorrenza.

La prima scuola di pensiero ricorda il rischio di una esplosione del “risentimento” di chi non partecipa al banchetto, la seconda ricorda che si corre il rischio di frenare la dinamicità del sistema, la terza cerca una soluzione che richiede un non modesto impegno politico. La terza, infatti, chiede una maggiore imposizione fiscale, ma soprattutto una vera promozione della concorrenza che andrebbe a colpire anche i settori dove si sono formate ultimamente le grandi ricchezze. Una buona parte di queste ricchezze si sono formate negli ultimi decenni, come nel caso delle grandi imprese tecnologiche e della finanza, ma che potrebbero, se cambia nulla, durare per molto tempo.

Per chiarire il senso della proposta della terza scuola di pensiero, si immagini un’analogia. Si ha un Parlamento che legifera poco male e costa molto in ristoranti e abitazioni dei suoi membri. I quali ultimi hanno un tenore di vita che possiamo definire immeritato e quindi si ha chi pensa di tassarli molto per togliere loro questo privilegio. Peccato che non si possa, perché la tassazione è una sovranità parlamentare. Immaginiamo invece, che si possa scegliere - il che non è possibile, perché il potere dello Stato è un monopolio - e quindi votare un secondo Parlamento dove si legifera molto e bene e i cui i membri mangiano nelle peggio trattorie e dormono in pensioni a due stelle. Il secondo Parlamento verrebbe tosto votato. Facendo bene con un costo modesto sarebbe apprezzato dalla cittadinanza e quindi, se ai auto votasse per avere dei maggiori emolumenti, nessuno avrebbe da ridire.

1- https://www.ft.com/content/66fd4626-ffe4-11e9-b7bc-f3fa4e77dd47; 2 - https://www.ft.com/content/9768091e-0547-11ea-a984-fbbacad9e7dd; 3 - https://www.ft.com/content/97be3f2c-00b1-11ea-b7bc-f3fa4e77dd47

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“La borsa ha bruciato cento miliardi!”, “la borsa vola sulla fiducia ritrovata!”, “la recessione morde, siamo scivolando in Africa!”, “le stime sono cambiate, dal 0,2 al 0,4%, finalmente si vede l’uscita dal tunnel!”, e così enumerando. Come noto, “nonna morde cane” è una vera notizia, mentre “cane morde nonna” entra nella normalità e quindi è una notizia che non interessa. Perciò la tentazione di mostrare la nonna che morde il cane deborda anche quando il cane sta solo abbaiando. Un caso del cane che abbaia ma che si desidera che morda è quello della variazione della crescita del PIL rivista dal 0,2 al 0,4% del PIL. Un mutamento che sembra chi sa che cosa, ma che è una differenza dentro il margine di errore delle stime.

Partecipo da anni ai dibattiti televisivi e a incontri pubblici in cui si affrontano gli argomenti economici. Dibattiti fra specialisti e non specialisti per un pubblico di non specialisti. Quello che colpisce - è come - ossia, attraverso quali narrazioni - si evolvono questi dibattiti.

Le narrazioni maggiori sono incentrate sulle immagini. In campo europeo ne abbiamo due prevalenti: “l’Euro-aerea che è una matrigna”, e “l’egoismo teutonico”. Dal che si ricava per differenza l’immagine del Bel Paese. Una Pulzella vittima dell’ingordigia altrui. La timorosa Pulzella vorrebbe espandere la spesa pubblica per aiutare i meno fortunati fra i nativi, ma la Matrigna lo impedisce. Perché l’Euro-area è matrigna e non una sorellastra benevola? Per impedire che la Pulzella esprima il proprio enorme potenziale che metterebbe in crisi tutti gli altri, ovviamente meno dotati.

Il Principe - alias lo sviluppo economico e civile - mi sposerebbe se solo sapesse della mia esistenza, pensa la Pulzella, ma le mie Sorellastre invidiose - alias i Paesi dell’Euro-area, lo impediscono. Ed eccomi - osserva triste la Pulzella, a spazzare i pavimento - alias un’economia stagnante con un gran debito pubblico. A differenza di Rossella O’Hara, la Pulzella non pensa che domani sarà “un altro giorno” migliore, al massimo eguale, probabilmente peggiore.

Si hanno delle narrazioni meno popolari legate non alle immagini, ma alle scuole di pensiero. In questo caso, sono evocate due scuole economiche. Quella “buona” è il keynesismo, perché si pensa che voglia espandere la spesa pubblica, che è considerata dai più una cosa giusta. Quella “cattiva” è il neo liberismo, perché si pensa che voglia la “restaurazione di classe”, che è considerata dai più una cosa ingiusta.

In particolare, il neo liberismo ha un grandissimo successo perché è associato alla perdita dell’innocenza. Da quando si è persa l’innocenza la Sinistra preferisce i gai ai colletti blu, e la Destra ricorda con emozione i gettoni della SIP e la nutella. Il neo liberismo ha reso fragile il mercato del lavoro sia de-sindacalizzandolo sia portando il lavoro operaio nei Paesi in via di sviluppo. Ha poi dato potere alla finanza e, più in generale, ai ricchi cosmopoliti propensi al libertinaggio.

Un’estensione della figura satanica del neo liberismo che, allo stesso tempo, aiuta a spiegare la protervia germanica, è la dottrina dell’Ordo-liberalismus. La cui evocazione nei dibattiti ottiene l’effetto voluto sul pubblico se denunciata con fare timoroso e voce rauca, perché così si rimanda alle immagini - ovviamente sempre negative - della Germania.

Infine, il dibattito ultimo sulla legge di bilancio. Andava - secondo alcuni - evitato ad ogni costo il rialzo delle imposte sul valore aggiunto (IVA). Ci fosse stato, il Bel Paese sarebbe finito in recessione, perché i cittadini dovendo pagare i beni di più, ne avrebbe consumato di meno. Ad ogni costo voleva dire proprio ad ogni costo. Neppure un cenno ad un possibile miglioramento del bilancio pubblico - e quindi minori imposte future - legato al rialzo delle entrate via maggiori imposte indirette.

Congelando l’IVA, si sono dovute fare delle operazioni per bilanciare il bilancio dello stato. Alcune con etichetta inglese - oggi la lingua del “politically correct, come il latino era ieri la lingua liturgica - come “sugar”, “plastic”, “green”. Per evitare il disastro dell’invasione degli Unni - il rialzo dell’IVA - si è preferita l’invasione dei meno pericolosi Saraceni - le tasse in inglese. Detto in altro modo, l’immagine positiva associata al salvataggio dagli Unni è preferita all’immagine negativa associata dell’invasione dei Saraceni, al di là di ogni considerazione di merito economico.

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Le tre polemiche sono state pubblicate qui:

https://www.linkiesta.it/it/author/giorgio-arfaras/45/