Nella campagna elettorale di Francia, in vista del voto ormai prossimo del 22 aprile, c’è un grande assente. E’ il mercato. Tra gollismo di ritorno e vecchio socialismo mai scalzato, non c’è stato alcun dibattito costruttivo sul capitalismo.
Anzi, il capitalismo è il nemico da battere, sia per Nicolas Sarkozy, presidente-candidato, sia per François Hollande, candidato socialista, sia per tutti gli altri attori che, con alterne vicende, hanno animato questa stagione elettorale. Il Wall Street Journal lo definisce risentimento di classe (1): i ricchi vanno puniti, chi ha successo perché ha idee imprenditoriali è da condannare. Forse più semplicemente, si tratta di una visione del mondo da Vecchia Europa, dove un misto di dirigismo e statalismo, con qualche sprazzo di riforma sempre contrastato e con ampi margini di compromesso, ha preso il sopravvento sulle terze vie e le alternative liberali.
Sarkozy paga per le promesse non mantenute (2) che molto hanno a che fare con la perdita, in cinque anni di presidenza, di quell’afflato liberale che lo aveva portato all’Eliseo (in tempi non lontani, Sarkozy auspicava una rifondazione del capitalismo (3), più responsabilità ma anche più innovazione e imprenditorialità: lettera morta). Hollande propone un modello mitterrandiano (4), che risale ad anni cronologicamente non così lontani, ma politicamente preistorici.
Nel dibattito si sono imposti poi personaggi che viaggiano nei sondaggi al 10-15 per cento (al primo turno i due grandi contendenti sono sul 25-30 delle preferenze, non grandi numeri) e che hanno visioni antecedenti la già antiquata socialdemocrazia. A sinistra c’è l’ex trozkista Jean-Luc Melenchon (5), che ha come sua proposta-cardine un tetto ai redditi pari a 360 mila euro: tutto ciò che è sopra deve essere confiscato dallo stato per ripianare il deficit. A destra Marine Le Pen (6) vuole l’autarchia francese, la fine dell’euro e dell’Europa, e la chiusura più o meno definitiva delle banche. Il centro, rappresentato da François Bayrou, non è pervenuto (7), e l'uomo è talmente innocuo che Sarkozy lo ha preso in considerazione come suo eventuale primo ministro.
Il dibattito sulla crescita, sulle ricette per tornare ad avere un ruolo economico nel mondo, sugli equilibri tra conti da sistemare e sistemi-paese da riattivare, che tanta parte ha nelle arene politiche anglosassoni, in Francia non c’è stato. Forse perché elettoralmente conta di più rassicurare che promettere falsi sogni, o forse perché il mercato non è più considerato un modello spendibile. Meglio accoccolarsi in un bucolico pic-nic, come ha immortalato una copertina dell’Economist la Francia di oggi (8), piuttosto che provare a essere di nuovi grandi, non soltanto nei sogni gollisti, socialisti o, peggio ancora, di nostalgia trozkista.
(1)
http://online.wsj.com/article/SB10001424052702304023504577319403420672264.html
(2)
(3)
(4)
http://www.liberation.fr/politiques/06014636-hollande-la-mitterrand-attitude
(5)
http://www.reuters.com/article/2012/04/10/us-france-election-melenchon-idUSBRE83414Z20120410
(6)
http://uk.reuters.com/article/2012/04/07/uk-lepen-goldmansachs-idUKBRE83609K20120407
(7)
(8) http://www.economist.com/printedition/2012-03-31
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