Precisiamo da subito che non intendiamo addentrarci in argomenti riguardanti gli interessi strategici e la politica internazionale della maggiore potenza mondiale. Bensì è nostra intenzione illustrare alcune analogie che potrebbero fornire elementi per avere un quadro se possibile più completo dell’attuale situazione debitoria della Grecia e, in particolare, di come è stata possibile la sua formazione e la successiva perdita di controllo.
Il grimaldello che utilizzeremo si chiama output gap, così definito dal Fondo Monetario Internazionale: "...an economic measure of the difference between the actual output of an economy and its potential output. Potential output is the maximum amount of goods and services an economy can turn out when it is most efficient—that is, at full capacity. Often, potential output is referred to as the production capacity of the economy." (http://www.imf.org/external/pubs/ft/fandd/2013/09/basics.htm). Se un paese ha una capacità produttiva di 100 mattoni e ne consuma 105 dovrà comprare i 5 mattoni mancanti da altri, indebitandosi (output gap positivo). Al contrario, se ne consuma solo 95 avrà 5 mattoni in eccesso che potrà vendere ad altri (output gap negativo).
Negli anni ’90 la Grecia non riusciva a impiegare l’intera capacità produttiva di cui disponeva, come segnalato dall’output gap negativo (produzione reale inferiore a quella potenziale). Con l’ingresso nell’euro la Grecia comincia a consumare molto più di quanto è in grado di produrre, generando un output gap positivo esorbitante che arriva ad un picco biennale ante crisi pari al 10% del Prodotto Interno Lordo. Questo fenomeno potrebbe essere stato causato dall’effetto ricchezza generato dai tassi particolarmente bassi.
La successiva crisi provoca il ribaltamento della situazione e nel 2013 il divario tra PIL reale e potenziale crolla raggiungendo un valore pari specularmente al picco precedente del 10% e segnalando il crollo dei consumi indotto dalle politiche di risanamento e austerità. La prima osservazione consiste nel constatare come l’insostenibilità della situazione attuale di compressione economica e finanziaria è speculare all’insostenibilità della situazione ante crisi di euforia e crescita del debito, persino più eclatante e duratura. Il confronto con gli USA serve proprio per evidenziare la dimensione della bolla consumistica post introduzione dell’euro.
Il paese cha ha inventato il consumismo mostra, almeno fino alla comparsa dell’euro, valori sia in eccesso che in difetto non distanti da quelli greci. Successivamente la situazione cambia, con la Grecia che esplode nei consumi mentre gli Stati Uniti appaiono più moderati. La crisi tocca significativamente anche gli USA che segnalano nel 2009 un eccesso di capacità produttiva storicamente elevato, intorno al 7% del PIL, ancora oggi in fase di graduale riassorbimento.
L’esplosione del debito accumulato nella fase euforica si è manifestato attraverso l’emergere del debito bancario (mutui tossici, insolvenze, derivati, eccetera) e dei conseguenti fallimenti. I successivi salvataggi si sono scaricati sulle finanze pubbliche le quali, non gestite virtuosamente ed in funzione anticiclica, hanno finito per non reggere l’urto. Da questo angolo visuale sembra importante ristabilire anche un equilibrio tra capacità produttiva e consumi che permetta alla Grecia di riassorbire, anziché aggravare ulteriormente, la distanza cumulata tra produzione reale e potenziale, evitando le spaventose oscillazioni dell’ultimo decennio e recuperando la giusta dimensione dell’economia e della finanza.
Fonte: http://knoema.com/IMFWEO2015Apr/imf-world-economic-outlook-weo-april-2015
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