Il sistema sanitario italiano, malgrado sprechi e inefficienze, riesce ad ottenere quasi sempre buone valutazioni quando è confrontato con i suoi omologhi degli altri paesi avanzati
Il sistema sanitario italiano, spesso in primo piano per le sue inefficienze e i suoi sprechi, riesce nondimeno ad ottenere quasi sempre buone valutazioni quando è confrontato con i suoi omologhi degli altri paesi avanzati.
Così, se il presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone ha recentemente denunciato come malaffare ed inadeguatezze in questo settore costino al nostro paese oltre 23,5 miliardi di € all'anno, possiamo viceversa consolarci con i buoni risultati che emergono dal rapporto Health at a Glance, presentato a fine 2015 dall'OCSE.
Per una volta, infatti, questa sorta di "ufficio studi" dei paesi ricchi, con sede a Parigi, ci elogia, invece di esprimere critiche e raccomandazioni, e mette in risalto i numerosi pregi della nostra sanità, confermando il giudizio positivo e l'ottimo terzo posto già conquistato dall'Italia nel 2014 nella classifica di Bloomberg, su dati forniti da Banca Mondiale, FMI e OMS, sull'efficienza dei sistemi sanitari nazionali.
Innanzi tutto, la nostra spesa sanitaria, l'8,8% di quota del Pil, è in linea con la media Ocse (8,9%), il che ci pone al 18° posto sui 34 Paesi, laddove la spesa più alta si registra negli Stati Uniti (16,4%), mentre quella più bassa in Turchia (5,1%). La spesa sanitaria per abitante in Italia è diminuita a partire dal 2011: -3,5% nel 2013 e -0,4% nel 2014 (Figura 1). La diminuzione ha interessato sia la spesa pubblica sia quella privata ed è stata in gran parte il risultato di tagli alla spesa farmaceutica. L' incremento nell'uso di farmaci generici, quadruplicato rispetto all'inizio di questo secolo, ha contribuito alla riduzione dei prezzi e della spesa per i medicinali, tuttavia la quota di mercato dei farmaci generici nel nostro paese rimane ancora relativamente bassa (terzultimo nell'area Ocse per quota di mercato, con il 19% in volume e l'11% in valore – Figura 2).
A dispetto dei tagli conseguenti alla crisi economica, i nostri indicatori di qualità dell'assistenza primaria e ospedaliera rimangono ottimi, al di sopra della media Ocse in molte aree (l'Ocse suddivide i vari paesi membri in tre fasce di merito in base ai risultati, come si osserva nelle figure), con una conseguente aspettativa di vita alla nascita di 82,8 anni (Figura 3), che ci pone al quarto posto dopo Svizzera (82,9), Spagna (83,2) e Giappone (83,4).
L'aspettativa di vita in buona salute all'età di 65 anni è peraltro bassa (Figura 4), con 7 anni senza disabilità per le donne e circa 8 anni per gli uomini. L'aspettativa di vita a livello mondiale è complessivamente in progressiva crescita: dal 1970 al 2013 è aumentata in media di circa 10 anni e ha raggiunto gli 80,5 anni.
E' da sottolineare come la popolazione ultra 65enne in area Ocse sia passata da meno del 9% nel 1960 al 15% nel 2010 e dovrebbe toccare il 27% nel 2050. In Italia il numero degli anziani è già superiore alla media Ocse e crescerà ulteriormente (65enni dal 20% del 2010 al 33% del 2050; 80enni dal 6% al 14%). Questa crescita demografica del numero di anziani potrà avere ripercussioni sui sistemi sanitari, anche per la contemporanea riduzione della popolazione in età lavorativa (il rapporto tra anziani con più di 65 anni di età e adulti in età lavorativa era di 1:4 nel 2012, ma si avvicinerà a 1:2 nel 2050).
Il miglioramento generale della qualità delle cure ha ridotto la mortalità per molte patologie ad alto rischio: l'Italia è in posizione migliore della media Ocse per la mortalità per eventi ischemici cardiaci e in linea con la media quanto a mortalità per ictus e per cancro (Figura 5), ma registriamo la mortalità più bassa per il cancro della cervice uterina, mentre nella mortalità per patologie cardiovascolari occupiamo una posizione intermedia, dopo il Cile ma prima della Svezia.
E' molto buono anche il nostro piazzamento per quanto riguarda i ricoveri ospedalieri per asma, malattie polmonari croniche e diabete (Figura 6) e il settore dei trapianti è fra i migliori al mondo e il primo in Europa per qualità, potendo contare su di una rete articolata che consente di avere un discreto numero di organi e ottimi risultati di sopravvivenza degli organi stessi (su circa tremila trapianti l'anno, il 70-80% garantisce la sopravvivenza degli organi); siamo al terzo posto per numero di donatori (dopo Usa e Spagna), al secondo dopo la Spagna per i trapianti di cuore e fegato e al terzo dopo Spagna e Francia per trapianti di rene da cadavere.
Gli italiani si rivolgono in media al medico di base 7 volte all'anno, in linea con gli altri pazienti delle nazioni Ocse e i medici, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, effettuano circa 1600 visite all'anno, molte meno della media Ocse (quasi 2300).
Mentre è in atto in molti paesi una confortante riduzione dei ricoveri ospedalieri, la spesa farmaceutica (Figura 7), sempre in aumento ma con una rapidità meno marcata negli ultimi anni, richiede comunque secondo l'Ocse una tempestiva revisione delle politiche in materia.
La spesa delle nazioni Ocse per i farmaci utilizzati in ospedale (in crescita) e venduti in farmacia (in calo) nel 2013 è stata infatti di circa 800 miliardi di dollari, in media il 20% della spesa sanitaria totale.. Un problema emergente è rappresentato dall'alto costo dei nuovi farmaci destinati soprattutto a piccoli sottogruppi di pazienti. L'Italia, pur con il calo segnalato grazie a politiche di contenimento dei prezzi, di revisione dei costi e alla regolamentazione per agevolare la prescrizione di farmaci a brevetto scaduto (meglio noti come generici o equivalenti), resta uno dei 5 mercati farmaceutici di maggiore interesse in Europa, insieme a Germania, Francia, Regno Unito e Spagna, paesi per i quali è prevista un'ulteriore crescita annua (dall' 1% al 4%) nel periodo 2014-2018. Quanto a farmaci acquistati in farmacia l'Italia (572 dollari all'anno) si colloca poco al di sopra della media annuale Ocse (515 dollari).
L'Italia si segnala anche come paese virtuoso nella attenzione alla salute da parte dei cittadini: se siamo ancora di poco al di sopra della quota di fumatori adulti (Figura 8), che è del 20% circa in 19 della 34 nazioni Ocse, il nostro consumo annuo di alcol (circa 6 litri) è inferiore alla media OCSE di 8,9 litri all'anno (condizionata soprattutto dai dati dell' Europa dell'Est).
Tra le nazioni europee aderenti all'Ocse l'Italia è quella con il maggior consumo di frutta e verdura fresca (circa il 75% degli uomini e l'80% delle donne), con un conseguente buon risultato sul fronte dell'obesità: nel 2013 risulta obeso il 19% della popolazione adulta dell'Ocse, ma solo il 10,3% della popolazione adulta italiana, anche se un bambino su tre è segnalato in sovrappeso e ci classifichiamo al 31° posto su 34 in questa graduatoria
Non mancano alcuni indicatori meno brillanti, in particolare nella prevenzione delle malattie non trasmissibili, nell'offerta di assistenza di lungo termine agli anziani e nelle cure dentistiche pubbliche, dove siamo uno dei paesi con maggior tasso di insoddisfazione. Con Grecia e Francia condividiamo il maggior tasso di vittime tra i motociclisti negli incidenti stradali e resta ancora troppo elevato il numero di parti cesarei, ma abbiamo un basso tasso di suicidi (Figura 9).
Per concludere, registriamo anche, insieme a Israele, un'età media dei medici assai elevata, dato che nel 2013 circa il 49% risultava sopra i 55 anni. Se a ciò si aggiunge che attualmente il rapporto tra specialisti e medici di medicina generale è circa di 2:1, in futuro potremmo dover affrontare una carenza di medici di medicina generale con ricadute negative sulla possibilità di accesso alle cure, problema per ora solo teorico dato che il nostro numero di dottori pro capite (Figura 10) è fra i dieci più alti.
L'Italia può vantare in conclusione un altissimo livello medio delle prestazioni sanitarie ed è naturale chiedersi quale livello, ancora più elevato, potremmo raggiungere se si evitassero sprechi, inadeguatezze e malaffare nelle strutture e nelle attrezzature mediche.
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