Di seguito proponiamo l’analisi strategica, che è preparata ogni mese. Essa mostra i due scenari, quello delle grandi case finanziarie e quello delle grandi istituzioni. Ognuno scelga il proprio. A noi il secondo pare più realistico. L’analisi strategica prende posizione sulle tendenze di lungo termine. Quella tattica, che esce settimanalmente, prende posizione, invece, sulle tendenze di breve termine.

 

La crisi è stata arginata – dalle banche centrali in campo monetario – portando a zero i tassi di interesse e aumentando a dismisura gli acquisti di titoli obbligazionari pubblici e privati. Questo è avvenuto nei paesi anglosassoni. Nei paesi dell’area euro la crisi è stata arginata portando a zero i tassi di interesse e aumentando a dismisura i finanziamenti alle banche, che portavano allo sconto i titoli di stato, anche di qualità inferiore. La crisi è stata arginata – dai Tesori in campo fiscale – lasciando crescere le uscite, legate ai trasferimenti di reddito alle famiglie in difficoltà, come gli assegni di disoccupazione, nonostante le entrate fossero in caduta. Questo è avvenuto negli Stati Uniti, che hanno uno stato sociale meno diffuso di quello europeo. Nell’Europa continentale, i deficit pubblici si sono espansi meno proprio perché l’intervento pubblico è di norma maggiore. I paesi europei che hanno avuto una crescita del deficit pubblico di entità «statunitense» sono stati la Gran Bretagna, la Spagna e la Grecia.
 
Dunque il settore pubblico – le banche centrali, i ministeri di spesa – ha sostenuto i mercati finanziari e reali come non si aveva memoria dalla fine delle seconda guerra mondiale. La crisi non si è avvitata. Venendo meno l’avvitamento, i mercati hanno corretto il fattore di sconto e sono rimbalzati. Si danno due scenari.
 
A) Lo scenario di base, ossia quello più probabile, è costruito – dai ricercatori delle banche d’affari – secondo questo schema: 1) la crescita riprende; 2) i deficit pubblici come conseguenza si contraggono; 3) i rendimenti salgono verso i livelli precedenti la crisi, ma i debiti pubblici – grazie alla crescita – non si avvitano. Si ricava – dai punti da 1 a 3 – che le obbligazioni a lungo termine, nello scenario base, non sono attraenti; 4) gli utili delle imprese – soprattutto negli Stati Uniti – salgono più che proporzionalmente all’impulso proveniente dalla domanda, perché con le forti ristrutturazioni che si sono avute è cresciuta la leva operativa. Gli utili quindi tornano verso i livelli precedenti la crisi già verso il 2011. Quest’ascesa degli utili alla fine bilancia la crescita dei rendimenti (= il fattore di sconto delle azioni, discusso prima) e perciò il livello dei prezzi delle azioni alla fine si stabilizza. Si ha dunque una borsa che è attraente nelle tipologie d’investimento (= le imprese che distribuiscono dividendi elevati dovrebbero essere immuni dal rialzo atteso dei rendimenti), ma che non è attraente per sé, in quanto sottovalutata. In un contesto di bassi tassi di interesse, che tali dovrebbero restare e anche a lungo, ossia fino a quando i costi finanziari degli investimenti sono modesti, la borsa tende a salire fino al livello massimo che si può giustificare. La conclusione operativa è quella di evitare il debito a lungo termine, ma di comprare le azioni secondo dei temi di investimento, oppure se flettono molto.

B) Lo scenario di base, ossia quello più probabile, è costruito – dai ricercatori delle grandi istituzioni, che, si noti, non analizzano mai le azioni, ma solo le obbligazioni – secondo questo schema: 1) la crescita non sarà forte, perché le famiglie debbono rendere il debito accumulato, mentre la disoccupazione resta elevata; 2) i deficit pubblici come conseguenza si contraggono molto poco e i debiti pubblici continuano a salire; 3) i rendimenti hanno due vettori che li influenzano: quello del rischio specifico – i debiti crescenti che «comandano» dei rendimenti crescenti – che li spinge al rialzo, e quello del rischio di crisi sistemico – se non arriva la ripresa, le azioni scendono e dunque le obbligazioni possono essere attraenti – che li spinge al ribasso. La conclusione operativa è quella di evitare il debito a lungo termine.
 
Dei due scenari, a noi pare più verosimile il secondo – sono meglio le obbligazioni a breve termine, anche se i rendimenti sono minuscoli. Con l’aggiunta che le azioni possono flettere.






Marzo 2010
    
           Stati Uniti
    
       Europa euro
 
Azioni / Obbligazioni                 --               --  
Obbligazioni / Liquidità                  -                -  
  

Quando la previsione è di un’attività finanziaria che va molto peggio di un’altra, il giudizio è «---»;
«--» o «-» sono giudizi meno negativi.
Lo stesso vale con «+++» e, a scendere, con «++» o «+».


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