Era dunque tutto finto? Le banche statunitensi avevano, alla fine, bisogno solo di pochi soldi (1) per sopravvivere: bastava convertire le azioni privilegiate in ordinarie, e vendere qualche proprietà in Cina. Così sembrano asserire le voci – rilasciate ad arte – sul cosiddetto «stress test».

Fino a due mesi fa tutto sembrava volgere al peggio – una crisi devastante; poi, improvvisamente, le banche hanno dichiarato che andavano bene – grazie anche a qualche libertà contabile –, mentre i numeri dell’economia hanno smesso di andare peggio – peraltro, non potevano andare sempre peggio –, ed ecco un salto del mercato azionario statunitense di 250 punti, da circa 650 a oltre 900 punti.
 
Dunque non era vero che le cose andavano male. I gruppi dirigenti delle banche possono continuare a restare in sella e l’amministrazione Obama ha salvato l’economia. Con il «senno di poi», non si doveva credere che la crisi fosse vera, oppure, se anche ci si avesse creduto, si sarebbe dovuto avere fiducia nella capacità di risolvere i problemi delle élite finanziarie e politiche.
 
Ebbene, di fronte a tanto miracolo – che va inteso tecnicamente, ossia come un qualche cosa che scaturisce in discontinuità dalla serie delle osservazioni empiriche – ci pentiamo e, felici per la fede ritrovata, non vediamo l’ora di sottoscrivere gli aumenti di capitale che adesso arriveranno a prezzi maggiori. Questo non per evitare gli effetti di diluizione per gli azionisti in essere, ma per le migliori prospettive. Prospettive in cui, perlomeno negli Stati Uniti, i dirigenti delle imprese quotate non credono (2).

La crisi – insomma – non c’era. L’economia cinese ha tracciato il solco. La crisi cinese è, infatti, durata pochissimo ed ecco, grazie alla lungimiranza delle autorità di Pechino, la ripresa. Che sia caduto il consumo di energia elettrica, mentre l’economia riprende a correre, è argomento che non ci interessa più (3). La crisi non c’era. L’economia dei paesi dell’Est Europa non è così mal messa, e quindi anche le banche europee che hanno finanziato la crescita di questi paesi non sono mal messe. La crisi non c’era. L’economia statunitense, adesso che torna la fiducia, riprende a crescere.
 
Sull’Europa tutti sono scettici, ma non le borse. E quindi, dopo il pentimento, nemmeno noi. Siamo contenti di essere passati dalla «paura» alla «fiducia» in soli due mesi.
 
Che cosa è accaduto? I risultati delle imprese statunitense del primo trimestre a oggi sono flessi del 35% sul primo trimestre del 2008 (4). In ogni modo, i risultati vanno rettificati per le poste straordinarie. Con i risultati rettificati, la borsa paga 30 volte gli utili del 2009. Nel 2000, all’apogeo della fiducia nel Mondo Nuovo, li pagava 40 volte. Nella media storica li ha pagati la metà, circa 15 volte. I rendimenti delle obbligazioni del Tesoro statunitense a lungo termine sono sopra il livello che avevano quando la banca centrale, a metà marzo, ne aveva annunciato l’acquisto per schiacciare i costi finanziari per tutto il sistema. Le obbligazioni societarie e i mutui ipotecari hanno, infatti, dei rendimenti che dipendono dal rendimento dei titoli del Tesoro.
 
Ebbene, da che cosa trae origine la fiducia degli ultimi due mesi? Non lo sappiamo. Adesso la moda è dire che l’economia intesa come disciplina o scienza, non essendo stata capace di prevedere la crisi – che, lo ripetiamo, non c’era – non va più presa sul serio. Dunque anche noi non la prendiamo più sul serio. Basta. Siamo diventati zelanti seguaci dell’economia dei comportamenti: le cose in sé non esistono, le cose sono solo rappresentazione, sono Forma della Volontà. Si aveva paura e c’era crisi, si fa passare la paura e torna la fiducia.
 
Avevano ragione i reazionari, gli umani alla fine sono solo dei bipedi «che fanno tanto chiasso», non macchine spinte, per tocco divino o per selezione naturale, a pensare in maniera razionale. Oltre all’economia, intesa come scienza, denunciamo pubblicamente – certo con vergogna, ma anche con sincerità – l’inadeguatezza delle nostre convinzioni politiche sulla razionalità degli umani. Essi sono manipolabili. Noi, per esempio, credevamo alla crisi che non c’era.
 
Bene, tutto ciò detto, come novelli Marrani continuiamo in cuor nostro a pensare, mentre ci trascinano in catene di fronte alla carne di porco, che questa crisi purtroppo sia vera, che durerà a lungo, e che i mercati delle azioni e delle obbligazioni di maggior qualità si sbaglino. Hanno ragione le obbligazioni del Tesoro e quelle di minor qualità. I debiti pubblici crescenti sono un problema e le imprese minori non riescono a finanziarsi.
 
Insomma, messi di fronte alla carne di porco, pur in grave imbarazzo, continuiamo spavaldamente a non mangiarla.
 

(1) http://online.wsj.com/article/SB124163049445592523.html#mod=djemalertNEWS

 

(2) http://ftalphaville.ft.com/blog/2009/05/06/55514/insiders-selling-this-rally/

 

(3) http://www.chinastakes.com/article.aspx?id=1190

 

(4) http://www.cnbc.com/id/15839135/site/14081545


         
Articolo pubblicato su il Foglio del 28 maggio 2009