La settimana scorsa i mercati azionari si erano fermati a causa dei numeri relativi alla disoccupazione statunitense, superiori alle aspettative (1). Sembrava che finalmente le borse avessero iniziato a tener conto che è assai improbabile una ripresa tale da riportare le cose velocemente verso i livelli ante crisi. Gli indicatori, che non includono le aspettative, ma solo i dati effettivi, stanno infatti ripiegando velocemente (2). Insomma, si poteva sperare che il mercato delle azioni si allineasse a quello delle obbligazioni del Tesoro. Scriviamo «sperare» perché una borsa che sale senza un fondamento prima o poi ripiega, contribuendo ad alimentare un clima di sconforto che certo non aiuta a uscire dalle secche della crisi. Il mercato delle obbligazioni registra, infatti, rendimenti molto modesti, segno che non crede nella ripresa rapida. Anzi, nonostante la forte crescita dei debiti pubblici, continua la richiesta di remunerazioni molto basse pur di avere «titoli sicuri». Invece, questa settimana il mercato azionario ha ripreso l’ascesa verso i massimi di metà settembre.


Possiamo consolarci affermando che si hanno scambi molto modesti, quindi i prezzi non sono molto significativi. Resta il mistero – almeno ai nostri occhi – di quest’ascesa. Si dice sia effetto dei dati sul settore dei servizi. Può darsi, ma questi dati sono trainati dalle aspettative più che da un vero miglioramento (3). I dati usciti oggi sulla produzione industriale britannica sono pessimi (4). Il rialzo del tasso di interesse praticato dalla banca centrale australiana è legato alle vicende di quel paese (5) e non a un miglioramento complessivo, per cui si inferisce che poi anche gli altri paesi rialzeranno i tassi.
 
Si potrebbe interpretare l’ascesa dei mercati azionari nel peggiore dei modi, e perciò farsi una ragione del «mistero» – scriviamo «peggiore» nel senso delle prospettive di «tenuta» dei corsi medesimi. Si parte dall’assunto che il dollaro continuerà a indebolirsi. Ergo, si vendono i dollari presi a prestito e con il ricavato si comprano le azioni. Insomma, la caduta della moneta al centro degli scambi internazionali finanzia la ripresa dei corsi delle azioni intanto che la ripresa «vera» stenta a manifestarsi. Questa interpretazione sembrerà meno stramba una volta che si osservi il grafico (6) che mette in relazione il cambio del dollaro con lo Standard & Poor’s 500. Se così fosse, quando la borsa ripiegherà scatterà l’operazione di segno contrario: le azioni saranno presto vendute e il dollaro preso a prestito comprato.
 

(1) Non solo i dati erano peggiori delle aspettative, ossia i disoccupati effettivi erano più di quelli previsti, ma anche la qualità della disoccupazione è allarmante. Il periodo di disoccupazione si allunga come non era mai avvenuto dal secondo dopoguerra:
http://econompicdata.blogspot.com/2009/10/labor-force-shrinkage.html

(2) 
http://www.philadelphiafed.org/research-and-data/real-time-center/business-conditions-index/

(3) 
http://econompicdata.blogspot.com/2009/10/ism-services-show-signs-of-expansion.html

(4) 
http://www.ft.com/cms/s/0/67ba9f02-b254-11de-bbaf-00144feab49a.html

(5) 
http://www.ft.com/cms/s/3/1c3763e2-b251-11de-bbaf-00144feab49a.html

(6) 
Il grafico è ricavato da http://blog.atimes.net/?p=1168. Eccolo:
http://www.centroeinaudi.it/images/lettera_economica/dollaro%20borsa.jpg