Lavorando per trent'anni tra corporation global spesso ho sentito la frase cara ai manager mediocri: what gets measured gets done. Vorrebbe significare che se sei un manager puoi ricorrere / hai bisogno di un sistema di contabilità per sapere – e dimostrare – come progredisce un progetto, un’impresa, un investimento. La tecnologia digitale, d’altra parte, fornisce covoni di dati. Una messe senza fine che se esiste pare inevitabile dover usare. E così, via con lo sport preferito: i dati facciamoli digerire a qualche sistema, torturiamoli fino a che non confessino, contiamo il grano, trascuriamo ciò che non si misura perché non conta.

Ho provato nelle mie imprese ad applicare questo principio. Sembra semplice: definisci degli obiettivi – smart mi raccomando... - e poi dei parametri che misurino l’approssimarsi o meno agli obiettivi e il gioco è fatto. Peccato che spesso non funzioni, perché trattasi di un lacerto di razionalismo ridotto allo strame di abbecedario. Ricette buone per tostare il pane.

I nodi di fondo

Parliamo allora delle cose importanti nella vita di ognuno di noi, a casa o in azienda, nella società o per noi soltanto. Ho riflettuto molto in queste settimane sospese di lockdown e di preoccupazione per il futuro.

Come misuri ciò che ti emoziona, ciò che ti fa sentire felice, ciò che ti entusiasma o ti fa paura? 

Quali sono le unità di misura per l’odore della neve o l’amore per colei che inaspettatamente è entrata dirompendo nella tua vita? Quale è il calibro per il dolore e la gioia? Qual è, ancora, il metro del tempo che ti rimane? Quali sono gli strumenti per misurare l’entusiasmo di un gruppo di lavoro che ha appena finito una riunione sincera, dove il profumo di un’idea ha sconvolto i piani prospettati sullo schermo ed eccitato tutti, finalmente, all’iniziativa?

I metodi rozzi

L’irritazione per i metodi rozzi del management corporate, in quelle riunioni global, rigurgitava appellandosi alla mia esperienza quotidiana. Sono proprio le cose che non sappiamo misurare quelle che fanno la differenza. E creano il successo, anche quello ben tangibile, che senti nella ammirazione dei tuoi dipendenti prima, e dei tuoi clienti poi, per quello che insieme a loro hai concepito e di cui il tuo gruppo è appunto pregno. Non è costruito affatto da una catena di anelli misurabili, è soprattutto costruito da fattori imponderabili.

Che bella parola. Ferma, fermati, pensa a questa parola che fa la Storia.

L'imponderabile

È imponderabile il nostro intuito nel costruire l’impresa o un Paese, è immisurabile l’entusiasmo nell’organizzare le risorse, nello spingere oltre i limiti inconsciamente da loro temuti le persone in cui crediamo. Dove e come potremmo misurarlo? Eppure, sappiamo. Eppure, ogni vero manager che sia anche leader sa che quelle sono le cose che contano. Il fare è figlio della creatività e della passione, che non si misurano. Come certifichi, quale bollino di qualità oseresti assegnare all’amore, al profumo o alle emozioni?

Quale è il balanced scorecard, quali i key performance indicators della qualità della nostra vita – e dico nostra, non quella della società della performance che con ogni modo – oggi più digitale che mai - ci ammanniscono come normale?

Quando si cambiano non solo i parametri di misura, non solo i sistemi di assi cartesiani o la loro orientazione, ma proprio i postulati della società e della nostra vita, allora e solo allora possiamo respirare. E finanche usare goniometri per il Diritto, squadrette per i nostri desideri, e poi finalmente fare la rivoluzione e pretendere la visione di un mondo e di una vita migliore.

È possibile, e non chiedete. Non c’è nessuna app per quello, fuori da voi stessi.