Nella polemica politica si ha chi sostiene che la crescita furiosa del differenziale di rendimento (lo spread) fra il nostro BTP e gli altri titoli di stato del 2011 è stata un qualcosa solo legata all'”isteria” dei mercati, che alimentò una sorta di complotto dei mai definiti “poteri forti” contro Berlusconi III, complotto che portò a Monti I. Con la crisi del 2011 c'è stata prima una lesione della sovranità e poi un nulla di fatto - gli spread, infatti, dopo qualche tempo si sono aggiustati. La conclusione, secondo alcuni, è che abbiamo avuto una parentesi – il Monti I – che lascia interdetti. Quanto c'è di vero e quanto di falso in questo modo di vedere le cose?

E' finalmente disponibile un breve e fascinoso studio sull'argomento che provo a riassumere: http://paolomanasse.blogspot.it/2013/03/il-professor-monti-e-la-bolla.html. Confrontiamo due dei Paesi mal messi – l'Italia (che ha un debito pubblico maggiore di quello spagnolo che cresce poco) e la Spagna (che ha un debito pubblico minore di quello italiano che cresce molto). In questo caso, ci si si aspetta che l'Italia debba pagare per il proprio debito un rendimento minore, perché il debito spagnolo prima o poi raggiungerà il nostro, che è, alla fine, sotto controllo. Sappiamo che questa è stata la tendenza (quella di uno spread negativo per l'Italia) fino alla crisi del 2011. Poi, all'improvviso, il nostro debito ha iniziato a pagare un rendimento maggiore di quello spagnolo. Finita la crisi, siamo tornati a pagare di meno. La linea rossa, che misura la discesa della spread a nostro favore, mostra questa tendenza: http://3.bp.blogspot.com/-QLV0eGNlJ9w/UUixExB5KXI/AAAAAAAACP0/nwH79rpcNQE/s1600/Figure+3_new.jpg

Conosciamo il differenziale di rendimento fra il BTP e il Bonos (lo spread dei Paesi Latini), ma non sappiamo quale differenziale avremmo avuto sulla base dei soli fondamentali. Ossia, il differenziale che tiene conto dei dati economici non legati al mercato del debito pubblico dell'Italia e della Spagna - come il deficit e debito su PIL, la bilancia dei pagamenti, la produzione industriale e via dicendo. Si calcola allora la differenza fra lo spread effettivo e quello che si sarebbe avuto con i soli fondamentali (che ha il nome tecnico di “contro fattuale” - ossia risponde al quesito “che cosa sarebbe accaduto se”).

Tornando al grafico riportato. La differenza fra lo spread osservato - la linea rossa - e quello che si sarebbe avuto con il contro fattuale “privo di finanza” - la linea blu - approssima la “credibilità” di un Governo agli occhi dei mercati finanziari. Nel periodo della crisi il differenziale del BTP versus il Bonos si è allargato ben più di quanto fosse giustificato sulla base dei soli fondamentali – la misura è la differenza fra la linea rossa e quella blu. Ossia, agli occhi dei mercati il Berlusconi III non era credibile, mentre il Monti I lo era. Finita la crisi, il differenziale con la Spagna è tornato a nostro favore, anche prima dell'annuncio di Mario Draghi che sarebbe stata fatta “qualsiasi cosa” per salvare l'euro.

Abbiamo così avuto nel corso della crisi un forte deterioramento che non era giustificato dai soli fondamentali. Il che dà ragione a chi all'epoca si meravigliava della crisi e rimaneva sconcertato dai comportamenti dei mercati finanziari (e restava investito). Ma dà anche ragione a chi sosteneva che era necessaria una maggiore credibilità – che si sarebbe potuta avere, varando fin da subito la riforma delle pensioni - per riportare le cose velocemente in ordine (e aspettava per investire). La novità dell'analisi qui riportata è che lo spread è quello relativo alla Spagna – un Paese mal messo - e non, come si usa fare, con la Germania – un Paese ben messo. In questo secondo caso non si è avuta con Monti I la chiusura immediata dello spread. Quindi abbiamo subito guadagnato una credibilità relativa rispetto ai Paesi mal messi, ma non abbiamo ancora guadagnato una credibilità assoluta rispetto ai Paesi ben messi.