Isabella impegna i propri gioielli, e, ricevuto un prestito adeguato, finanzia Cristobal Colon, che, con tre caravelle, punta ad occidente alla ricerca di Zipangu, la terra dell’oro. Fin dalle origini l’America si basa su degli investimenti che non possono dirsi né “sensati” né “prudenti”. In un mondo di investitori prudenti nessuno mai avrebbe finanziato la ricerca di quello che poi sarebbe diventato il più grande affare della storia, il Nuovo Mondo. Il quale nuovo mondo si è sempre tuffato, con passione, dietro le innovazioni, dal treno, al motore a scoppio, alle imprese high tech, fino ai mutui sub prime. Oggigiorno abbiamo un mercato obbligazionario che si sta sgonfiando ed uno azionario che si sta gonfiando. Come ogni corsa all’oro che si rispetti, alla fine i ladri vengono acciuffati dallo sceriffo, mentre, ubriachi, cantano davanti al pianoforte in un bordello. Quanto segue è il testo di una conferenza.

1- la bolla della tecnologia

I prezzi di queste azioni erano molto alti rispetto ai fatturati e agli utili, perché scontavano un futuro roseo. Il futuro roseo si palesato, tutti abbiamo i telefonini e siamo collegati in rete. Dunque perché mai i prezzi delle azioni tecnologiche sono in media crollati? Si credeva che le imprese tecnologiche si sarebbero trasformate in oligopoli, e dunque che avrebbero estratto delle rendite (da intendere come dei redditi che si formano in mercati non perfettamente concorrenziali) che poi sarebbero finite nelle tasche degli azionisti. Invece, le rendite non si sono formate, perché la concorrenza le ha impedite, e la bolla è andata a vantaggio del consumatore. E' la vittoria postuma di chi crede che i profitti siano temporanei, con il sistema che, alla fine, premia il consumatore. Viene la tentazione da dire che conviene investire in borsa solo se ci sono rendite. Per esempio, il settore petrolifero statunitense ha reso dal 1970 al 2000 quanto il Nasdaq, il mercato da cui passano le innovazioni, ossia le rendite hanno reso quanto l'Anima del Capitalismo (la “distruzione creatrice”). Insomma, se uno vuole diventare ricco deve scommettere, ma può facilmente diventare povero. Se uno non vuole rischiare e guadagnare bene, si compri i petroliferi. Ponzio Pilato potrebbe proporre un portafoglio con molte azioni petrolifere e poche azioni tecnologiche.

Fonti e approfondimenti:

http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/3433-torna-l-irrational-exuberance.html

http://www.cowles.econ.yale.edu/P/cd/d14b/d1457.pdf

2- la bolla degli immobili

Dopo lo scoppio della bolla della tecnologia, Alan Greespan, allora a capo della Banca Centrale degli Stati Uniti, arriva alla conclusione che il rischio che corre l'economia degli Stati Uniti è quello della deflazione. Con questo termine si intende la caduta continua del livello dei prezzi che, spingendo a rimandare i consumi e gli investimenti (= se aspetto per pochi mesi un bene che desidero mi costerà di meno), alla fine produce una recessione (= una caduta del livello dell'attività economica e quindi dell'occupazione).

Da notare che la bolla della tecnologia poteva essere sgonfiata al tempo della sua formazione, ossia prima del 2000, alzando i tassi di interesse (= ciò che avrebbe frenato gli acquisti di azioni a debito), e alzando i margini di garanzia richiesti per il prestito di azioni. Greenspan all'epoca sosteneva che la banca centrale non può sapere meglio del mercato se i prezzi sono razionali o meno (= la conoscenza vera non può che essere diffusa), e quindi decide di aspettare, contando che, qualora la crisi fosse scoppiata, avrebbe potuto sempre intervenire abbassando i tassi di interesse, che aiutano l'economia a riprendersi.

I tassi di interesse, agli inizi dello corso decennio, dopo lo scoppio della bolla della tecnologia, sono abbassati, ma vanno - per il timore che l'economia potesse finire in deflazione, timore rivelatosi poi infondato - ben al di sotto del loro livello ragionevole. I tassi molto bassi hanno immediatamente stimolato il settore immobiliare, perché era diventato meno costoso pagare i mutui ipotecari. Ed eccoci alla bolla immobiliare. Quale meccanismo finanziario operava nel settore immobiliare?

Passo primo. Immaginiamo il modello limite di un mercato immobiliare “modernissimo”. Per comprare casa non si anticipa nulla del prezzo dell’immobile. 2. Il mutuo dura molti decenni. (In questo modo le famiglie possono indebitarsi molto e il peso delle rate sul debito e degli interessi pesano poco sul reddito). 3. Se il prezzo dell’immobile sale, le famiglie possono indebitarsi, portando a garanzia l’immobile, che ha ora un prezzo maggiore. (Per esempio, se il prezzo dell’immobile è salito da 100 a 150 uno può indebitarsi per 50). 4. Sul nuovo debito si debbono pagare gli interessi, e quindi è necessario che le famiglie pensino di guadagnare di più in futuro. 5. Un mercato secondario sviluppato. (Se si vendono delle obbligazioni con dentro molti mutui il rischio di prestare denaro ad una singola famiglia scende e di conseguenza scende il tasso. Quindi si possono erogare mutui a dei tassi inferiori, ampliando il mercato). Immaginiamo ora il modello limite di un mercato immobiliare “antichissimo”. 1. Per comprare casa si deve anticipare una parte cospicua del prezzo dell’immobile. 2. Il mutuo dura pochi anni. (In questo modo le famiglie non possono indebitarsi molto e il peso delle rate sul debito e gli interessi pesano moltissimo sul reddito). 3. Se il prezzo dell’immobile sale, le famiglie non possono indebitarsi, portando a garanzia l’immobile, che ha ora un prezzo maggiore. 3. Assenza di un mercato secondario. Il Fondo Monetario Internazionale costruisce un indice per classificare il livello dello sviluppo del mercato immobiliare, il “Mortgage Market Index”. Esso varia dal modernissimo, con un valore pari a 100, all’antichissimo, con un valore pari a 0. Gli Stati Uniti hanno un indice di 98. L’Italia di 26. Disponendo i paesi secondo l’indice di cui sopra sull’asse verticale, e disponendo il debito immobiliare dei paesi stessi sull’asse orizzontale, ne viene fuori una relazione statistica esplicita: tanto più moderno è il lato finanziario del mercato immobiliare, tanto maggiore è il debito immobiliare delle famiglie. Facendo altri complicati conti, si vede che tanto più è moderno il lato finanziario del mercato immobiliare tanto maggiore è la propensione a trasformare in consumi la variazione dei prezzi degli immobili.

Passo secondo. Se il prezzo degli immobili sale ben sopra il costo di costruzione, ecco che vengono fatti gli investimenti immobiliari reali, nuove case e vecchie case che vengono ristrutturate. Se, invece, i prezzi scendono verso il costo di costruzione, l’attività edilizia si ferma. (Questo spiega il comportamento “pro-ciclico” del settore. Andando in giro, si vedono i nuovi palazzi in costruzione ed i vecchi palazzi in ristrutturazione quando i prezzi salgono. Raramente l’attività edilizia si muove in anticipo). La catena allora diventa: salgono i prezzi degli immobili, sale il valore della garanzia, sale il debito, salgono i consumi, cresce il settore edilizio reale. La crescita economica viene alimentata. La catena, fatta girare al contrario diventa: scendono i prezzi degli immobili, scende il valore della garanzia, ma il debito delle famiglie resta eguale, e quindi si contraggono i consumi, mentre il settore edilizio si ferma. La crescita economica complessiva frena, oppure si va verso una recessione.

Fonti e approfondimenti:

http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/3606-il-nobel-mancato-di-posner.html

http://www.centroeinaudi.it/it/biblioteca-della-liberta/ricerca-archivio-storico-bdl-online/148-xxvi-n-112-gennaio-marzo-1991

htmlhttp://www.postkeynesian.net/downloads/wpaper/PKWP1305.pdf

3- la bolla in corso

Chi abbia vissuto le due bolle precedenti – quella della tecnologia e quella degli immobili - ricorda che il clima era molto diverso da quello di oggi, quando si potrebbe avere una bolla obbligazionaria che si sgonfia e che alimenta quella azionaria.

Per “bolla” si intende quella conformazione che si crea quando i prezzi sono molto maggiori dei valori. Per esempio, i prezzi delle azioni tecnologiche scontavano nel 2000 degli ultra utili futuri che poi non si sono palesati. I prezzi degli immobili erano nel 2007 molti distanti dalla loro media storica, calcolata come un multiplo del reddito delle famiglie. Oggi i rendimenti delle obbligazioni dei Paesi “ben messi” sono molto bassi: negli Stati Uniti i rendimenti decennali erano arrivati pochi mesi fa ad essere appena superiori al 1,5%, mentre ora sono appena sotto il 3%, quando la loro media storica è del 5% circa.

Il clima nel 2000, quando si assisteva attoniti all'arrivo del “mondo nuovo” il cui incedere si manifestava con i prezzi crescenti delle azioni tecnologiche, era diverso da quello di oggi. Il “mondo nuovo” è poi arrivato – tutti comunichiamo in rete – ma con i prezzi delle azioni tecnologiche più bassi. Il clima era allora di “entusiasmo”. Il clima nel 2007, quando si viveva in un mondo che veniva definito come quello della “grande moderazione”, era diverso da quello di oggi. Un mondo dove si aveva una buona crescita senza inflazione, con la crescita trainata dai consumi che si finanziavano a debito, con quest'ultimo che aveva a garanzia i prezzi crescenti degli immobili. Alla “grande moderazione” è poi improvvisamente seguita la “grande recessione” con prezzi delle abitazioni che sono, in rapporto al reddito, più bassi. Il clima era allora di “compiacimento”.

Il clima oggi è di “scetticismo”, anche per il lavorio dell'esperienza. Alan Greenspan, prima come governatore e poi come ex governatore della banca centrale statunitense, sosteneva che non si dovesse intervenire durante la formazione della bolla, ma solo quando questa - sgonfiandosi - avesse messo in difficoltà l'economia. Oggi, invece, si mostra “pentito”. Sostiene, infatti, che l'approccio economico tradizionale - da intendersi come quello che pone al centro dei modelli la razionalità degli operatori - funziona nei mercati reali, ma non sempre in quelli finanziari. I quali funzionano secondo l'approccio economico tradizionale, salvo quando l'indebitamento diventa eccessivo, per cui possono, a causa della fragilità del sistema, crearsi delle situazioni di euforia e di panico.

Nonostante le politiche monetarie siano ultra espansive da cinque anni – i tassi di interesse praticati dalle banche centrali alle banche di credito ordinario sono quasi nulli e si hanno gli acquisti copiosi delle banche centrali di titoli del tesoro in maniera diretta oppure indiretta – l'economia si riprende poco. E anche quando si riprende di più, come negli Stati Uniti, essa fa fatica a coprire la crescita demografica – altrimenti detto, il reddito pro capite stenta a salire.

Si sospetta intanto che vi sarà un gran travaso dagli investimenti in obbligazioni a quello in azioni, ma pochi ne sono entusiasti. Il travaso è il frutto della fine delle politiche monetarie ultra espansive. Una volta che queste non ci fossero più, ecco che verrebbe meno la domanda di obbligazioni della banca centrale. Ciò che dovrebbe - per attrarre gli investitori privati - spingere i prezzi al ribasso, ossia - la cedola è fissa - i rendimenti al rialzo. Per evitare la perdita in conto capitale, gli investitori potrebbero comprare azioni. Se in molti lo facessero, ecco che si avrebbe una forte correzione del prezzo delle obbligazioni ed un'ascesa di quello delle azioni. Le azioni però non sono a buon mercato e quindi entrerebbero velocemente in un'area da bolla.

Fonti e approfondimenti:

http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/3631-greenspan-cambia-visione.html

http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/3646-asset-allocation-novembre-2013.html

http://www.centroeinaudi.it/le-voci-del-centro/finish/2-le-voci-del-centro/473-24-novembre-2013-linkiesta.html

4- Conclusioni pratiche

Quando in passato scoppiavano le bolle – come nel 2000 e nel 2007 - si poteva uscire in tutto o in parte - dall'investimento azionario e obbligazionario privato (quello con in pancia i famigerati mutui ipotecari) contando nella tenuta o nell'ascesa dei corsi delle obbligazioni del Tesoro. Nel 2000 e nel 2007 i rendimenti delle obbligazioni decennali del Tesoro degli Stati Uniti erano, infatti, intorno al 5% e dunque potevano scendere. La discesa dei rendimenti alzava i prezzi delle obbligazioni emesse e perciò si aveva un bilanciamento delle perdite che si avevano da altre parti. Una cosa che, bene o male, è avvenuta. Oggi, invece, si avrebbe una situazione opposta, perché le eventuali perdite sul portafoglio obbligazionario dovrebbero venir coperte dai guadagni in campo azionario, il quale ultimo non è però a buon mercato come erano le obbligazioni durante le due crisi precedenti.

La gran parte dell'industria finanziaria è organizzata – ed è raccontata ai risparmiatori - su degli assunti: 1) alla lunga i prezzi delle azioni e delle obbligazioni salgono sempre – si tratta di avere pazienza; 2) alla lunga i prezzi delle azioni salgono di più – perché i dividendi crescono, mentre le cedole sono fisse; 3) i prezzi delle azioni sono molto più volatili dei prezzi delle obbligazioni, perché non hanno una scadenza e perché le imprese vanne bene oppure male, ma le seconde compensano la volatilità delle prime, e, alla fine, si ha una volatilità “intermedia”. In gergo finanziario, abbiamo il mondo del “long only”, quello in cui si guadagna muovendo poco i portafogli, laddove l'elevata volatilità delle azioni è bilanciata da quella bassa delle obbligazioni, con i prezzi di entrambe le classi di attività che alla lunga salgono a un passo diverso. Il bilanciamento “classico”.

Se però si avesse una situazione anomala nella quale 1) le obbligazioni flettono; 2) con le azioni, una classe di attività molto volatile, che in più sono care in partenza e che salgono, ecco che non si avrebbe più il bilanciamento “classico”. Il “long only” con questa combinazione non funziona, perché la gestione deve diventare dinamica, con i portafogli sia azionari sia obbligazionari che si muovono molto. Per muoverli poco non ci vuole coraggio né molto impegno – e si sbaglia poco rispetto ai risultati medi -, mentre per muoverli molto ci vuole coraggio e impegno – e si può sbagliare molto rispetto ai risultati medi.

Insomma, si discute da tempo delle strategie d'uscita delle banche centrali dalle politiche dette ultra espansive, ma poco si ragiona intorno ai comportamenti che dovrebbe seguire l'industria finanziaria se questo avvenisse.