Un nodo dei mercati finanziari di cui si parla ancora poco è la notevole crescita delle obbligazioni da cui si ottiene un rendimento addirittura negativo. Nel caso dell'Euro-zona le obbligazioni emesse dai Tesori con rendimento negativo ammontano oggi a mille e cinquecento miliardi di euro. Un ammontare pari a poco più del dieci per cento debito pubblico dell'Euro-zona, che è quasi pari al cento per cento del PIL. Fino all'estate scorsa non si avevano obbligazioni con un rendimento negativo. Le obbligazioni che non danno un rendimento negativo ne danno ovviamente uno positivo, ma questo è minuscolo.

L'impatto dei rendimenti modesti è molteplice. Se il rendimento decennale di un portafoglio composto per metà da titoli di stato tedeschi e francesi – che rendono lo 0,5% circa – e per metà da titoli di stato italiani e spagnoli – che rendono il 1,5% - è intorno all'uno per cento, molto poco resta una volta sottratta l'inflazione – per quanto minuscola – e le imposte.

Poco perciò resta a chi investe in obbligazioni direttamente o indirettamente – tramite l'industria del risparmio gestito. Nel caso delle assicurazioni, queste hanno degli obblighi di rendimento che sono di molto maggiori a quelli dei rendimenti correnti. Per esempio, le assicurazioni tedesche debbono avere dei risultati intorno al tre per cento – quelli basati sui contratti storici, mentre sui nuovi contratti il risultato garantito è intorno all'uno e mezzo per cento circa – che è sei volte o tre volte - il rendimento dell'obbligazione decennale dei Paesi dell'Euro-zona detti “ben messi”. I contratti delle assicurazioni sono onorati lo stesso, attingendo dalle riserve.

Se i rendimenti delle obbligazioni emesse dai Tesori sono modesti, si può pensare di alzare il rendimento complessivo del portafoglio investendo una quota maggiore della ricchezza in obbligazioni private, e in azioni meglio se ad alto rendimento, con questo termine intendendo un dividendo sul prezzo che sia elevato.

Una delle ragioni per cui i rendimenti sono così bassi è la politica di acquisto – il famigerato Quantitative Easing - dei titoli del Tesoro da parte delle Banche centrali dei maggiori Paesi. Quella statunitense ha smesso di comprare, ma quella Giapponese continua a farlo, e quella dell'Euro-area incomincia a farlo. Prendendo le dichiarazioni delle banche centrali alla lettera, si simula quanti titoli saranno comprati dalle Autorità. I titoli a disposizione del mercato saranno in futuro perciò pari alle nuove emissioni meno gli acquisti delle banche centrali.

C'è chi ha fatto i conti – la Bank Credit Analyst. La tabella riporta la variazione dello stock di obbligazioni a disposizione del mercati a partire dal 2010. Come si vede, le obbligazioni a disposizione si sono ridotte da oltre 1.500 miliardi di dollari a poche centinaia dal 2010 al 2014. Nei prossimi due anni, simulando l'inattività della banca centrale statunitense, e l'attivismo di quella giapponese e di quella dell'Euro-area, viene fuori che le obbligazioni a disposizione del mercato si ridurranno di qualche centinaio di miliardi di dollari. Se l'offerta si riduce e la domanda è invariata, allora il prezzo delle obbligazioni dovrebbe salire oppure rimanere quasi immoto. In altre parole i rendimenti non dovrebbero sostanzialmente muoversi. Ossia ancora, dovrebbero rimanere molto compressi.

Mostriamo ora i numeri disaggregati che partono dal 2010 e finiscono nel 2016. Negli Stati Uniti – primo quadrante - l'offerta di obbligazioni sarà positiva, in Giappone – primo quadrante – sarà negativa, nell'Euro-zona – secondo quadrante – negativa nel complesso, e negativa – terzo quadrante - per i Paesi a merito di credito maggiore (riconoscibili dal AAA). L'offerta negativa di titoli AAA nell'Euro-zona dovrebbe comprimere i loro rendimenti, e rendere attraenti i titoli con un merito di credito inferiore. Questi ultimi dovrebbero così avere un rendimento compresso – anche se meno compresso di quello dei “virtuosi”. Ossia, in altre parole, se il debito pubblico tedesco rende poco o niente, quello italiano viene comprato.