Le autorità europee si sono mosse con lentezza – sono delle petroliere – nel prendere le decisioni. Gli organismi elettivi hanno dei tempi diversi da quelli delle case finanziarie – che sono dei motoscafi. A questo punto il bivio decisionale per le autorità europee era: 1) lasciar cadere le cose e lasciare il mondo avvitarsi in una spirale deflazionistica; 2) fare di tutto per salvarlo dalla spirale e poi vedere che cosa fare, una volta passata la parte peggiore della crisi. Si noti che negli Stati Uniti e in Gran Bretagna nel 2008 e 2009 fu scelta l’opzione 2. La strada intrapresa per gli interventi – 500 miliardi di euro – dovrebbe fermare le vendite sia dei titoli del debito dei paesi poco virtuosi sia delle imprese finanziarie che li detengono. Questi 500 miliardi vanno sommati ai 100 miliardi che la settimana scorsa l’Europa aveva deciso di erogare alla Grecia. Infine, la Banca Centrale Europea, se necessario, comprerà – sul mercato, quindi non in sede di emissione, perché così facendo non violerebbe i trattati – le obbligazioni emesse dai Tesori. In questo modo ne sosterrebbe il prezzo e quindi ne comprimerebbe i rendimenti, ossia schiaccerebbe il costo del debito, aiutando l’aggiustamento dei conti pubblici. La scelta è anglosassone: i mercati sono liberi di muoversi, ma, quando producono prezzi che possono spingere in direzioni pericolose, ecco che le autorità li fermano. Intervengono e impongono prezzi che  sono maggiori di quelli che si formerebbero altrimenti. Una volta che tutto si stabilizza, le autorità si ritirano, ossia vendono quel che hanno acquistato. Si crea così una situazione di «azzardo morale» per i mercati, che sono sempre salvati, e per i governi, che possono sempre spendere più del necessario.


La nota è stata pubblicata anche su Limes:

http://temi.repubblica.it/limes/crisi-greca-la-scelta-anglosassone/12668