Il Grande Gioco del terzo millennio si disputa sullo scacchiere delle regioni del Caspio e nei cinque Paesi che compongono l’Asia centrale (Uzbekistan, Kazakistan, Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan). È qui che si contendono le risorse Mosca, Pechino, gli Stati Uniti e l’Europa. Insieme all’Iran, all’India e alla Turchia.
Il ritiro dall’Afghanistan – dopo vent’anni di occupazione - della coalizione guidata da Washington e l’impegno della Russia nella guerra in Ucraina hanno cambiato gli scenari, offrendo nuove opportunità ai Paesi di queste regioni strategiche e aumentando così la competizione per gas, petrolio, litio e cobalto.

I Paesi dell’Asia centrale sono però i meno connessi rispetto al resto del mondo perché, pur condividendo interessi complementari, per decenni le sinergie possibili sono state ostacolate dalle rivalità e dalle tensioni tra di loro. Ora, a esercitare un ruolo chiave è l’Afghanistan e – di conseguenza – sono di fondamentale importanza i rapporti diplomatici con i Talebani.
Il commercio si muove infatti dall’Asia centrale attraverso l’Afghanistan verso il Pakistan principalmente su gomma. In seguito a una serie di cambiamenti nello scenario politico e strategico, recentemente si sono innescate alcune iniziative volte ad aumentare i legami tra i diversi Paesi e quindi le vie del business.

Fonte: mappr.co

Tra queste, entro la fine del 2027 è prevista l’implementazione del progetto ferroviario Trans-Afghanistan per collegare l’Asia centrale con i porti del Mare Arabico. Un progetto, questo, che coinvolge l’Uzbekistan, l’Afghanistan e il Pakistan. Una volta avviato, questo collegamento ferroviario permetterà di spostare persone e merci in soli cinque giorni, riducendo i costi di trasporto di circa il 40% e connettendo l’Asia centrale al China-Pakistan Economic Corridor (CPEC), uno dei progetti di maggior prestigio all’interno della China’s Belt and Road Initiative (BRI). Per ora, gli ostacoli maggiori a questo progetto sono tre: il costo, stimato attorno ai 7 miliardi di dollari e in attesa di finanziamenti da parte della Banca mondiale e della Asian Development Bank, le tensioni regionali e il mancato riconoscimento internazionale del governo dei Talebani in Afghanistan, su cui pesano diverse sanzioni.

 Detto questo, in Asia centrale la Cina è in pole position, complice il fatto che non ha mai chiuso l’ambasciata a Kabul e quindi riesce a gestire – meglio di tanti altri interlocutori – i rapporti con i Talebani. Inoltre, se nel 2023 i cinesi hanno avuto la meglio in Uzbekistan è perché i russi sono stati impegnati nella guerra contro l’Ucraina: lo scorso anno Pechino si è giocata la partita dell’interscambio con 13,7 miliardi di dollari, con un incremento del 52,2 percento. Al secondo posto si sono piazzati i russi, con 9,8 miliardi di dollari e un aumento del 5,3 percento. Gli investimenti e i prestiti cinesi nei confronti di Tashkent hanno rappresentato il 25,6 percento del totale, mentre per il 13,4 percento sono intervenuti i russi con due miliardi di dollari (pur se in calo rispetto al 20,3 percento dell’anno precedente).

Elaborazione Mondo Economico su dati gov.cn

Di pari passo, anche i membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait, Bahrain, Oman e Qatar) si stanno interessando all’Asia centrale, e infatti Riad ha finanziato l’Uzbekistan nella misura di un 7,9 percento. Inoltre, nel summit che si era tenuto in Arabia Saudita nel luglio 2023 si era discusso di ulteriori vie di trasporto per collegare queste due regioni. La via più breve sarebbe attraverso l’Afghanistan, e quindi la ferrovia Trans-Afghanistan. La guerra in Ucraina e quella a Gaza, scatenata dall’attacco di Hamas il 7 ottobre 2023, hanno però messo in ombra – in un’ottica occidentale - la pacificazione dell’Afghanistan. Di fatto, l’attenzione degli Stati Uniti e dell’Europa sull’Ucraina e sul Vicino Oriente ha dato via libera a un maggior coinvolgimento di Pechino in Asia centrale.

A facilitare un peso maggiore della Cina in Asia centrale è anche il fatto che i cinque Paesi che compongono questa regione sono ben consapevoli delle fragilità della Russia di Vladimir Putin, indebolita dalla prosecuzione del conflitto contro Kiev. La Cina rappresenta una valida alternativa, sia in termini di mercato sia come investitore. Mosca e Pechino hanno una visione diversa dell’Asia centrale, ma la guerra in Ucraina e il sostegno incondizionato dell’Occidente per Kiev hanno avvicinato maggiormente queste due potenze. Se Mosca cerca di mantenere la propria sfera di influenza nelle repubbliche che un tempo facevano parte dell’Unione Sovietica, ne consegue un calo di risorse disponibili per l’Asia centrale, ma anche per la regione del Mar Caspio. E, infatti, la Russia non è stata in grado di impedire all’Azerbaigian di sottrarre il Nagorno-Karabakh all’Armenia, sebbene quest’ultima sia un membro dell’alleanza militare a guida russa, ovvero il Collective Security Treaty Organization (CSTO).

Non tutti sono però favorevoli a un’espansione cinese in Asia centrale. L’India, per esempio, non si auspica il ritiro della Russia da questa regione. Nonostante i timori altrui, le autorità cinesi stanno costruendo una solida rete di alleanze: il 18-19 maggio 2023 si era tenuto il primo summit tra la Cina e i Paesi dell’Asia centrale nella città cinese di Xi’an. Dopo due giorni di lavoro, le parti avevano sottoscritto una dichiarazione in cui si impegnavano a collaborare su diverse questioni, inclusa la difesa e la sicurezza. Quattro mesi dopo, a latere dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York si era tenuto il summit presidenziale C+C5 tra gli Stati Uniti e le cinque repubbliche dell’Asia centrale. Nessun presidente statunitense si è finora avventurato in Asia centrale, ma ci si era accordati per un impegno maggiore nel commercio e negli investimenti e per incrementare le vie di trasporto.

La questione cruciale resta proprio questa: sebbene l’Asia centrale sia ricca di risorse, il problema maggiore è convogliarle fuori da questa regione difficilmente accessibile, venendo a patti con i Talebani in Afghanistan. È proprio questa, attraverso l’Afghanistan, la via più rapida verso il Pakistan e quindi al porto di Karachi e al Mare Arabico, ovvero verso le altre infrastrutture in cui i cinesi hanno già investito.
Decisamente meno attenta ai diritti umani, la Cina ha al momento le maggiori possibilità di vincere il Grande gioco del terzo millennio.