La trasformazione dell'Ungheria in un regime autoritario è ormai un fatto riconosciuto. Se numerose sono state, nell’arco dell’ultimo decennio, le valutazioni critiche e le condanne verbali, le azioni effettive dirette contro Viktor Orbán e il suo governo sono state più rarefatte. Tuttavia, di recente, Orbán ha suscitato una maggiore indignazione tra i leader europei, poiché il veto ungherese è stato continuamente utilizzato per bloccare o porre consistenti freni agli aiuti militari all'Ucraina. Inoltre la Commissione Europea e vari ministri degli Stati membri hanno parzialmente boicottato la presidenza ungherese a causa delle missioni unilaterali di “pace” a Kyiv, Mosca, Pechino e Washington. I leader ungheresi sembrano piuttosto impassibili di fronte a questi sviluppi e paiono determinati a proseguire su questa strada. Inevitabilmente sorgono domande su quanto questa sicurezza sia giustificata e se ci siano possibilità di cambiamento. Per rispondere a queste domande, è necessario spiegare l'ascesa e il funzionamento del regime di Orbán.

Politica instabile e FIDESZ

Il passaggio da stato satellite comunista sovietico a stato indipendente è stato un processo piuttosto pacifico, in parte a causa del ricordo della rivoluzione del 1956 e della politica di non intervento di Gorbaciov. Il movimento  di dissenso indebolì gradualmente il governo di János Kádár (di fatto capo di stato dal1956 al 1988) ed emersero reti pro-riforma e indipendenza. Molti dei protagonisti della politica ungherese divennero noti in questa fase, tra cui Viktor Orbán, che tenne un memorabile discorso durante i funerali solenni di Imre Nagy nel 1989, trent’anni dopo l’impiccagione del leader della rivolta ungherese contro i sovietici e la sua sepoltura in una tomba anonima. I governanti dell'epoca e i principali riformatori raggiunsero un accordo per stabilire un sistema parlamentare multipartitico nello stesso anno. Tuttavia, questo processo fu in gran parte guidato da élite e i riformatori partecipanti non avevano forti legami con la popolazione comune. Molti dei partecipanti a questa Tavola Rotonda furono comunque eletti all'Assemblea nazionale ungherese insieme ad altri leader locali in tutto il paese. Il Partito Socialista Operaio Ungherese Marxista-Leninista (MSZMP) si riorganizzò nel Partito Socialista Ungherese (MSZP). La nuova classe politica non consolidò mai completamente l'ordine democratico e di conseguenza varie forze cercarono di manipolare il sistema a proprio vantaggio: Orbán è l'esempio principale.

Orbán è un combattente caparbio e carismatico. Il suo background è di un uomo comune di campagna che, dopo gli studi in giurisprudenza, fonda con altri compagni di origini simili alla sua l'Alleanza dei Giovani Democratici (Fiatal Demokraták Szövetsége - FIDESZ)[1], un'organizzazione giovanile indipendente che si sarebbe trasformata in un partito politico e avrebbe partecipato alle elezioni nazionali del 1990, ottenendo 22 seggi su 386 e diventando l'opposizione anticomunista insieme all'Alleanza dei Democratici Liberi (Szabad Demokraták Szövetsége - SzDSz). FIDESZ crebbe rapidamente in popolarità e Orbán vinse le lotte di potere interne, diventando il leader unico, estromettendo i potenziali rivali e interrompendo in parte la crescita del partito che, mentre il governo liberal-socialista era al potere, si spostò decisamente verso destra.
La retorica si concentrò maggiormente sul cristianesimo, sulla cultura e la tradizione ungherese e sulla famiglia. In questa retorica c'era (e c'è) un forte elemento emotivo: molti ungheresi si sentono eccezionali e importanti anche in mezzo alle difficoltà economiche e pur circondati da altre culture percepite come aliene. Inoltre, c'è un elemento storico, poiché l'Ungheria ha subito nel passato sconfitte devastanti, creando la percezione che la cultura del paese possa scomparire se non vengono intrapresi passi proattivi.
In seguito alla crisi della coalizione al potere, Fidesz ottenne un ottimo risultato elettorale nelle elezioni del 1998 e salì al governò insieme ad altri due partiti minori, godendo di una maggioranza assoluta che fece emergere le prime tendenze autoritarie. Fidesz rafforzò il potere esecutivo, indebolendo il controllo parlamentare: il primo ministro divenne il leader unico del governo, mentre le discussioni in seno al gabinetto erano quasi assenti e la retorica populista proseguiva, attraverso la manipolazione dei media e le frequenti apparizioni personali di Orbán. Candidati pro-Fidesz furono nominati alla Corte Costituzionale e alla Banca Centrale. Dal punto di vista economico, venne posta fine all'austerità e furono eliminati i legami corrotti del periodo socialista (anche se spesso ne furono stabiliti di nuovi).
Tuttavia, Fidesz non ebbe successo e non riuscì a prendere le distanze dai partiti di estrema destra: un nuovo governo fu così formato dal MSZP e dallo SzDSz, contro il quale Fidesz protestò con numerose denunce e la retorica delle elezioni rubate. Malgrado le dure riforme economiche, la disoccupazione in crescita, il malcontento sociale, soprattutto nelle aree rurali, e la crisi del welfare, il partito di Orban dovette attendere fino al 2010 per tornare al potere.

La fine dei socialisti e il trionfo di Fidesz

Il governo socialista-liberale si concentrò sulle questioni sociali, ma, a causa di corruzione e scandali, perse il sostegno popolare, pur riuscendo ancora ad affermarsi nelle elezioni del 2006, quando Ferenc Gyurcsány fu eletto nuovo presidente. Tuttavia una serie di errori lo condussero a un suicidio politico che spinse Orbán a dichiarare il governo illegittimo per aver mentito al pubblico e a organizzare manifestazioni di massa dopo che il Primo Ministro si rifiutò di dimettersi. In Ungheria iniziò un forte stallo politico, con Fidesz che si dichiarava rappresentante della nazione. Questa retorica di rappresentanza del popolo come unico candidato legittimo sarebbe diventata un elemento fondamentale della narrativa di Fidesz e del suo apparato mediatico.
Nel 2009, gli ungheresi parevano disillusi dalla democrazia e dal capitalismo e molti ritenevano il periodo pre-transizione un tempo migliore. La crisi finanziaria costrinse a una ristrutturazione economica, infliggendo un ulteriore colpo ai Socialisti, percepiti ormai come una forza non più in grado di soddisfare le aspettative e le esigenze della base elettorale. Tuttavia, l'umore generale era di apatia e l'affluenza alle urne era bassa rispetto alle elezioni precedenti.

Fonte: Hungarian Central Statistical Office

Cattura della società – stato, economia, cultura

La democrazia liberale si caratterizza soprattutto per l'esistenza di uno Stato separato dal partito, un aspetto di cui Orbán non si curò affatto nella costruzione del proprio sistema basato sulle concezioni etno-nazionaliste di appartenenza e su pratiche disinvolte per affermare il controllo sulle istituzioni. Il sistema elettorale ungherese gli permise di ottenere una ampia maggioranza ricevendo solo circa la metà dei voti (un terzo dell'elettorato, un quarto della popolazione). Complessivamente, oltre il 75% dei voti andò ai partiti conservatori, con la conseguente disfatta dei partiti di sinistra. Orbán ha enfatizzato le elezioni del 2010 come una rivoluzione alle urne, che indicava il desiderio di un nuovo regime autonomo.
Furono avviate riforme costituzionali, elettorali e legali per gettare le basi: la precedente costituzione fu sostituita dalla nuova "Legge Fondamentale dell'Ungheria" nel 2012. Innanzitutto, questa nuova costituzione consentì l'approvazione di leggi in parlamento in modo molto rapido (nel caso più estremo in meno di due giorni) senza alcuna significativa deliberazione o input esterno. Ne seguì un vero e proprio tsunami legale: 365 leggi furono approvate all'inizio del 2012. In secondo luogo, fu stabilito che alcune leggi potessero essere modificate solo con una maggioranza qualificata di 2/3, in particolare quelle che disciplinano la Corte Costituzionale e altre istituzioni centrali, oltre alla legge elettorale. Fidesz ha poi utilizzato questa procedura anche per questioni politiche ordinarie (sistema fiscale), rendendo così difficile non solo lo smantellamento del sistema, ma anche ostacolando ogni iniziativa da parte di attori non-Fidesz. Si è inoltre impedita la revisione di queste leggi speciali da parte della Corte Costituzionale, segnando di fatto la fine del controllo giuridico sulla politica.

La riforma elettorale ha agito come un altro modo per prevenire lo smantellamento del nuovo sistema. Il numero di membri del Parlamento è stato ridotto di circa la metà e i collegi elettorali sono stati ridisegnati, rendendo più difficile per l'opposizione vincere. Il sistema elettorale è stato inoltre modificato in un modello maggioritario (stile francese a due turni) con un meccanismo di compensazione elettorale a favore del vincitore. Orbán ha poi portato avanti la politica di concedere il diritto di voto ai nativi ungheresi nei paesi circostanti, una mossa vantaggiosa, poiché costoro votano in modo massiccio a favore di Fidesz. A livello interno, la libertà dell'opposizione è diventata più ristretta, poiché manca della possibilità di accedere ad alcuni documenti governativi e il parlamento può respingere le iniziative referendarie. Il piano è riuscito: sebbene Fidesz abbia perso alcuni voti nelle elezioni del 2014 e del 2018, il numero di membri del Parlamento nella assemblea è rimasto sostanzialmente lo stesso.
Le riforme della corte costituzionale hanno portato i giudici a essere nominati dal governo ed eletti dalla maggioranza parlamentare (anziché da una commissione interpartitica) e, di conseguenza, i nuovi giudici costituzionali sono fortemente pro-Fidesz. Inoltre, l'appello alla corte è stato limitato anche per quanto riguarda il bilancio dello stato e le leggi che i giudici precedenti avevano annullato sono state scritte direttamente nella costituzione. Relativamente ai giudici ordinari, l'età di pensionamento è stata abbassata, eliminando così gran parte della vecchia guardia, ed è stato istituito l'Ufficio Nazionale della Giustizia (guidato dalla vecchia amica di Orbán, Tünde Handó), per supervisionare l'intero ramo giudiziario.
La tendenza centralista serve a prevenire realtà locali forti: alle autorità centrali è stato dato il compito di vigilare sulle scuole e sugli ospedali. Alcune istituzioni statali sono state pesantemente ridimensionate, poiché molti funzionari pubblici sono stati sostituiti da quadri del partito più leali. Ad esempio, i diplomatici con esperienze euro-atlantiche sono stati sostituiti da altri privi di una formazione in politica estera e talora con collegamenti poco chiari con la Russia.

Orban al Parlamento Europeo il 9 ott. 2024 - Fonte: imagoeconomica

In termini di politiche, Orbán ha utilizzato principalmente misure neoconservatrici: cambiamenti fiscali (flat tax sul reddito, tassazioni agevolate sulle società, IVA fra le più alte in Europa), tagli al welfare, maggiore priorità allo stato e al mercato interno. Il governo ha privilegiato la proprietà locale stabilendo tasse sulle imprese straniere e creando ostacoli legali per la proprietà terriera straniera. In alcuni casi, come nel settore energetico, lo stato ha rinazionalizzato alcune imprese. Sono stati anche stabiliti forti legami commerciali tra il governo e alcune istituzioni finanziarie, generalmente gestite da amici di Orbán. È emersa una relazione simbiotica, in cui le imprese ricevono progetti finanziati dallo stato e Orbán ottiene la loro lealtà e supporto. Il tutto è stato venduto agli ungheresi in nome della protezione della nazione. Questa priorità si è verificata principalmente nei servizi, mentre nella produzione di beni la presenza straniera è stata ben accetta, sebbene con sgravi fiscali concessi alle PMI ungheresi in determinati settori. Il regime ha anche sfruttato parte della sua proprietà statale per ottenere popolarità, come nel caso della riduzione dei prezzi dell'energia. Complessivamente, questo approccio ha messo maggiore pressione sulla popolazione più povera e l'ineguaglianza insieme alla povertà è cresciuta costantemente. Sebbene sia impossibile misurare completamente la resilienza dell'economia ungherese, il modello sembrerebbe molto dipendente dai fondi di coesione dell'UE per mantenersi stabile.

Le arti e l'istruzione superiore sono state anch'esse colpite. Per quanto riguarda le università, è stato utilizzato un sistema di privatizzazione che ha permesso ai dirigenti leali delle università di modificare la struttura delle scuole secondo necessità a causa della "pressione del mercato". Questo può manifestarsi sotto forma di licenziamento di docenti critici o d’interruzione di corsi. Il mondo artistico ha visto la sostituzione e l'accumulo di posizioni di leadership con i lealisti di Orbán.
I media restano un settore-chiave per garantire il potere. Sebbene questo processo fosse già iniziato nei primi anni 2000 (poiché la sconfitta del 2002 fu vista come una mancanza di comunicazione), si è accelerato durante il regno di Orbán. Da un lato, sono stati creati nuovi organi privati e altri sono stati acquisiti. Dall'altro lato, i broadcaster e i media finanziati dallo stato sono stati sottomessi sostituendo gran parte del personale. Il processo di consolidamento è avvenuto principalmente tramite mezzi organizzativi e monetari, non solo attraverso la pressione legale. Ad esempio, i precedenti organi di regolamentazione sono stati sciolti e sono stati istituiti la nuova Autorità Nazionale dei Media e delle Comunicazioni e il Consiglio dei Media. Ci sono stati anche tentativi di limitare i media stranieri in Ungheria, poiché spesso esponevano gli aspetti negativi del regime di Orbán. Inoltre, solo i media statali sono stati autorizzati a fare campagna elettorale. Il piano ha avuto successo: la maggior parte della popolazione consuma informazioni provenienti da organi sostenuti dal governo. Questo consente di presentare una realtà diversa, come se il sentimento anti-governativo fosse inesistente e la pressione e la condanna straniere fossero solo tentativi ingiusti di controllare l'Ungheria. Entro il 2016, l'egemonia nel settore era stata largamente raggiunta con la chiusura del più grande quotidiano liberale, Nepszabadság, e nel 2017 sono stati intrapresi ulteriori passi per consolidare il potere. La comunicazione è stata caratterizzata da disinformazione e paura, se non da menzogne assolute (ad esempio, attacchi incessanti a George Soros e Angela Merkel in passato e pubblicazione di notizie false sui migranti in Europa).
Il partito è stato abile nel trovare nemici per mobilitare la propria base elettorale contro di essi: i socialisti, i capitalisti neoliberali, i migranti musulmani, ecc. Sebbene molti ungheresi siano consapevoli della corruzione tuttora diffusa, la maggior parte la tollera.

Combattente resiliente e nuova dimensione internazionale

Tuttavia, non tutto è andato liscio per Fidesz. Ci sono state numerose proteste: contro la tassa su Internet, i tagli al welfare, l'arroganza e la corruzione dell'élite e il riavvicinamento con la Russia. Ma Orbán ha resistito e sia l'opposizione che la società civile non sono riuscite a sfruttare queste opportunità.
Con l'arrivo della crisi dei rifugiati in Europa, Orbán è riuscito a conquistare nuovi terreni. Inizialmente, l'approccio dello stato era quello di liberarsi di qualsiasi rifugiato: è stata istituita una politica deliberata per trasferirli in Austria o Germania, bloccando ulteriori ingressi attraverso recinzioni al confine. Questo metodo ha ricevuto un ampio sostegno in Ungheria, nonostante la presenza di una popolazione straniera molto minoritaria. Parte delle paure sono correlate alla discriminazione dei rom e degli ebrei, del terrorismo, delle turbolenze sociali e dei rifugiati in generale in quanto minaccia non solo in un senso etnico, ma anche in un senso religioso.
L'approccio di Orbán ha funzionato egregiamente, rilanciando la sua popolarità in calo. Ha adottato questa retorica e ha creato alleanze in tutta Europa, attraverso la narrazione dello scontro di civiltà, in cui l'Ungheria fungeva da scudo per la Cristianità e la cultura europea (richiamando le invasioni ottomane in Europa). Mentre oggi l'atmosfera è notevolmente cambiata riguardo al tema dei rifugiati (parzialmente giustificato), Orbán è stato uno dei primi a farlo per guadagni politici. Questo ha anche contribuito a legittimarlo nell'UE, nonostante la sua discussa politica interna.
L'Unione Europea stessa manca di meccanismi validi per fermare il regresso democratico una volta che uno stato è entrato a far parte dell'organizzazione. Finora l'Unione ha evitato di utilizzare la maggior parte dei suoi strumenti[2], nonostante il processo di conquista dello stato che dura da oltre un decennio in Ungheria. Sebbene ciò sia collegato alla necessità di avere consenso per sanzioni sistemiche, l'UE manca anche dei mezzi per espellere uno stato ribelle.

La novità Péter Magyar: una possibilità di cambiamento?

L'emergere del partito Rispetto e Libertà (Tisza), guidato dall'ex burocrate di Fidesz Péter Magyar, ha rappresentato una potenziale minaccia per Orbán. Magyar si è affermato con opportunismo a metà febbraio, quando ha pubblicato un'intervista su YouTube criticando la corruzione sistemica di Fidesz. Questo è avvenuto proprio mentre il partito si stava riprendendo da uno scandalo a gennaio-febbraio, in cui la presidente pro-Fidesz Katalin Novák aveva graziato un uomo condannato per pedofilia. Lei e l'ex moglie di Magyar sono state costrette a dimettersi, ma l'azione di Magyar è stata sufficiente per dare vita a un nuovo movimento. Nelle recenti elezioni del Parlamento europeo, Tisza ha ricevuto circa il 30% dei voti, mentre Fidesz circa il 45%. Tuttavia, la maggior parte del sostegno per Tisza proviene dalla base di voti non Fidesz, poiché l'organizzazione ha assunto il ruolo di attore principale dell'opposizione. Rimane da vedere se l'energia di Magyar durerà e se riuscirà a influenzare le aree rurali notoriamente pro-Fidesz.
Questa sarà una grande sfida, poiché Orbán non fa affidamento su un forte apparato di sicurezza (anche se ha adottato alcune misure, come l'istituzione di una forza antiterrorismo -Terrorelháritási Központ- guidata dall'ex bodyguard di Orbán), ma su istituzioni, reti e media. Continuerà a combattere e mentire per mantenere intatto questo sistema. Anche al governo, dopo numerose riforme e consolidamenti dello status quo, non smette di trovare modi per garantire ulteriormente il suo potere. Nel corso della sua carriera politica ha eliminato rivali interni, sacrificato pedine leali e attaccato costantemente la coalizione fratturata. Assicurandosi il sostegno di gruppi sociali importanti e la mobilitazione popolare si è costruito una squadra fedele, incarnando così sia il leone che la volpe, fino a rispecchiarsi alla perfezione nel termine machiavellico.

 

[1] Nel 1995 il nome fu cambiato in Fidesz - Partito Civico Ungherese (Magyar Polgári Párt) e nel 2003 in Fidesz - Unione Civica Ungherese. Di conseguenza, il nome non è più scritto completamente in maiuscolo.

[2] La Commissione Europea ha recentemente congelato e poi riattivato i fondi assegnati all'Ungheria a causa di violazioni dello stato di diritto. Il Parlamento Europeo ha deciso di portare la questione davanti alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE). La Corte di Giustizia Europea (CGE) ha anche multato l'Ungheria per il trattamento dei richiedenti asilo.