Ignorati da Bruxelles, il G7 riapre la porta ai biocarburanti. E ora l’Unione europea non potrà non fare i conti con la decisione maturata a Sapporo, in Giappone, durante il vertice su clima, energia e ambiente. Perché accanto ai ministri di Stati Uniti, Giappone, Canada e Regno Unito c’erano anche i rappresentanti di Germania, Francia e Italia. E il succo del comunicato finale è questo. Si ribadisce«l'importanza del ruolo dei biocarburanti nella decarbonizzazione del settore auto».
Dunque, i biocarburanti vengono associati ai carburanti sintetici, che hanno già ottenuto il via libera di Bruxelles dopo la battaglia tedesca. Sui biocarburanti invece la Ue non aveva voluto sentire ragioni. Respinti. Ma adesso quel giudizio frettoloso andrà rivisto. Per usare una metafora calcistica è come se l’Italia avesse pareggiato il gol della Germania. Anche se i tedeschi hanno già il sì firmato dal commissario europeo per l'Ambiente Frans Timmermans e l’Italia dovrà ancora sudarselo.
L'ottimisto di Pichetto Fratin
Ma Gilberto Pichetto Fratin, ministro per l’Ambiente e l’energia, ora è molto più ottimista: «Credo che da subito occorra far ripartire il dialogo con i Paesi europei per arrivare con dati scientifici certi alle soluzioni migliori: i biocarburanti potranno sostituire benzina e diesel e mantenere viva l'industria dell'auto italiana». Già, perché la notizia rappresenta una boccata d’ossigeno anche per l’indotto dell’automotive che con la decisione dell’Unione Europea di bandire dal 2035 i motori diesel e benzina rischia di pagare un conto salato sotto il profilo dell’occupazione. Anche se molte aziende stanno riconvertendo i propri impianti verso l’elettrico – complici le scelte di costruttori come Stellantis orientati a produrre veicoli solo elettrici dal 2030 – non tutte sono sicure di riuscire a fare il grande salto, senza dimenticare che un modello elettrico richiede molti componenti in meno rispetto a uno endotermico. Così secondo uno studio dell’Osservatorio dell’Anfia e della Camera di commercio di Torino «La rivoluzione elettrica per il settore auto “minaccia” circa 450 aziende della filiera italiana dell’automotive, quelle più esposte sulle produzioni di motori endotermici, a gas e a benzina. È questa la fetta dell’industria italiana, che contribuisce tra l’altro alle esportazioni del comparto per quasi il 20% dei volumi, chiamata a riconvertirsi».
L'Anfia e la neutralità tecnologica
Già la notizia del sì ai carburanti sintetici era stata accolta dall’Anfia con soddisfazione - perché significa che sia pure con quote sensibilmente inferiori la produzione di pezzi per motori diesel e benzina proseguirà anche dopo il 2035 – ora i sorrisi raddoppiano. Soprattutto perché viene riconosciuto un principio che per l’Anfia è quasi una stella polare: la neutralità tecnologica. «Senza che questo voglia significare che noi siamo contro l’elettrico, anzi è vero il contrario» confermano dal quartier generale di Torino dei costruttori di automobili. Ma senza dubbio se entro il 2025 – se non prima – arriverà il via libera anche ai biocarburanti il mercato potrà contare su una fetta più ampia di vetture. Tra l’altro l'Italia è leader nella produzione di questo tipo di carburanti e per questo anche nella maggioranza di governo c’era chi aveva accolto indispettito il sì alla Germania e il no ai biocarburanti. Un negoziato da riaprire. Ma senza sbraitare troppo. A Bruxelles certi toni non piacciono. Però la presa di posizione del G7 sarà un importante acceleratore.
Che vada riaperta la trattativa a Bruxelles lo pensa anche Ettore Prandini, presidente di Coldiretti che sottolinea come la produzione di biocarburanti«completi e valorizzi la produzione agroalimentare dando vita a un vero modello di economia circolare ed integrata con benefici sia in termini ambientali che di remunerazione dell'agricoltore». Gli fa eco Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, l’associazione che unisce in mondo dell’agricoltura e quello dell’industria: «La Filiera agroalimentare italiana, forte sostenitrice dei biocarburanti ha denunciato subito l'assurda esclusione in sede Ue».
Ma chi più di tutti ci crede è l’Eni. Stefano Ballista, ad di Eni sustainable mobility, lo ha confermato poche ore fa: «Dei biocarburanti ci sarà estremo bisogno per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. Ci sono settori che non hanno altre soluzioni, come trasporto aereo e marittimo. Le aspettative al 2050 di carburante per l'aviazione superano i 400 milioni di tonnellate. Se anche prendessimo il 20% di questa domanda da bio-jet supereremo gli 80 milioni. Quindi la domanda sui biocarburanti ci sarà». L'Eni conta di produrre 6 milioni di tonnellate all'anno di biocarburanti entro dieci anni. Ma già nel 2025 saranno due milioni. La raffineria di Porto Marghera è stata riconvertita al bio nel 2014, quella di Gela nel 2019. Gli impianti trasformano in carburante verde di alta qualità, l'Hvo (hydrotreated vegetable oil) gli olii vegetali usati e di frittura, i grassi animali, gli olii estratti da colture dedicate. Nella raffineria di Livorno, Eni produce biocarburante per gli aerei.
L'Eni guarda a navi e aerei
Molto più difficile sarebbe coprire con i carburanti verdi il settore dell'automotive. L'Italia, secondo i dati 2021 del Ministero delle Imprese, consuma 7 milioni di tonnellate di benzina l'anno per le auto e 23 milioni di tonnellate di gasolio per i motori diesel. Non a caso, interpellato qualche mese fa dall'Ansa sulla proposta europea di stop ai motori endotermici al 2035, l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, non si era mostrato preoccupato:«Per i biocarburanti ci sono l'aviazione e il marittimo. Anche senza l'auto, il mercato c'è». Ma presto si allargherà ancora.
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